OLTRE 24MILA ALLEVAMENTI INTENSIVI DI POLLI E MAIALI OPERANO OGGI IN EUROPA. UNA NUOVA INCHIESTA GIORNALISTICA NE RIVELA L’ESPANSIONE, I RISCHI AMBIENTALI, LE CONSEGUENZE PER IL BENESSERE ANIMALE E L’IMPATTO SUI PICCOLI PRODUTTORI. TRA LOBBY INDUSTRIALI, MERCATI GLOBALI E SUSSIDI PUBBLICI, LA QUESTIONE DIVENTA SEMPRE PIÙ CENTRALE PER IL FUTURO DELLA SALUTE E DEL CLIMA
Una mappa degli allevamenti intensivi per capire il fenomeno
La prima mappatura completa degli allevamenti intensivi in Europa rivela numeri impressionanti. Secondo un’inchiesta del collettivo AGtivist, sono 24.087 le strutture industriali attive tra pollame e suini.
La ricerca ha utilizzato immagini satellitari, registri pubblici e riprese con droni per identificare gli impianti su scala continentale. I Paesi con la maggiore concentrazione sono Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Italia.
Negli ultimi dieci anni sono sorti almeno 2.949 nuovi impianti, molti dei quali con dimensioni ben superiori alle soglie minime previste per le autorizzazioni. In alcuni casi, si parla di oltre 1,4 milioni di polli in un solo allevamento.

Mappa degli allevamenti intensivi: l’espansione delle mega fattorie
Dietro la crescita costante del settore ci sono molteplici fattori. Prima di tutto, la pressione economica legata alla produzione di proteine animali a basso costo. La competizione globale, in particolare con la Cina, ha spinto l’Europa a massimizzare le rese.
Poi ci sono le lobby industriali, che hanno esercitato pressioni per allentare le normative su ambiente e benessere animale. Secondo l’inchiesta, in diversi casi hanno ostacolato riforme europee su condizioni di allevamento più sostenibili.
Un altro elemento chiave è la Politica agricola comune (Pac). I sussidi europei tendono a favorire le aziende più grandi, generando un effetto distorsivo. Tra il 2005 e il 2020 si stima che l’Ue abbia perso oltre 5 milioni di allevamenti, soprattutto di piccole dimensioni.
Impatto ambientale: un’emergenza trascurata
Gli allevamenti intensivi hanno un impatto diretto su aria, acqua e suolo. Secondo l’Ufficio europeo dell’ambiente, l’intero comparto zootecnico è responsabile del 12-17 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione.
I liquami prodotti in enormi quantità contribuiscono alla diffusione di nitrati e antibiotici nelle falde acquifere. In Spagna, l’acqua potabile di intere regioni è contaminata. Nel Regno Unito, il fiume Wye è soffocato dai reflui degli allevamenti. In Francia, l’inquinamento da metano e la proliferazione di alghe sono fenomeni ormai fuori controllo.
Il problema è sistemico. Non riguarda un singolo Paese, ma l’intera filiera alimentare europea. Una filiera che genera grandi quantità di carne a basso prezzo, ma scarica i costi sulla salute pubblica e sull’ambiente.
Mappa degli allevamenti intensivi: benessere animale sotto pressione
L’inchiesta AGtivist denuncia anche le gravi violazioni al benessere animale. In Italia, il supporto di Essere Animali ha permesso di documentare, attraverso un’infiltrazione, le condizioni reali in un allevamento di polli da 100mila capi.
Le immagini mostrano polli con deformazioni fisiche, crescita accelerata attraverso illuminazione continua e scarse condizioni igieniche. Situazioni simili sono state rilevate anche in Francia e Germania.
Gli animali negli allevamenti intensivi vivono in spazi ridotti, privi di stimoli e incapaci di esprimere comportamenti naturali. Tutto è finalizzato all’ingrasso rapido e al massimo rendimento economico. Ma il prezzo, in termini di sofferenza animale, è altissimo.
Mappa degli allevamenti intensivi: un settore che minaccia la biodiversità
L’allevamento intensivo ha effetti indiretti anche sulla biodiversità. Il consumo di suolo per le strutture e la coltivazione di mangimi spinge alla deforestazione e alla monocoltura.
Inoltre, il rilascio di azoto e fosforo nei fiumi altera gli ecosistemi acquatici, distruggendo habitat e riducendo la varietà delle specie. La perdita di impollinatori, pesci e microrganismi è una delle conseguenze meno visibili ma più gravi del sistema zootecnico attuale.
In molti casi, la presenza di allevamenti su larga scala rende impossibile la coesistenza con altre attività agricole o con il turismo rurale, compromettendo l’equilibrio economico e ambientale dei territori.
Il caso italiano e la proposta di cambiamento
Nel nostro Paese, gli allevamenti intensivi sono oltre duemila. L’inchiesta evidenzia come anche in Italia si sia assistito a una crescita costante, in particolare nelle regioni del Nord.
La proposta di legge Oltre gli allevamenti intensivi, citata nel dossier, punta a riformare il settore. Si chiede una transizione verso modelli più sostenibili, basati su criteri di qualità, trasparenza e rispetto degli animali.
Le richieste non si limitano al divieto di pratiche crudeli. Viene proposta una revisione dei sussidi agricoli, incentivi per chi riduce il numero di capi e l’introduzione di etichette chiare che informino il consumatore sull’origine e sulle modalità di allevamento.

Quali prospettive per il futuro?
Il tema degli allevamenti intensivi è oggi al centro di una riflessione ampia. Non solo ambientalisti e associazioni, ma anche nutrizionisti, economisti e giuristi chiedono una revisione radicale del modello produttivo.
Ridurre il consumo di carne, promuovere alternative vegetali, sostenere le piccole aziende agricole e investire nella ricerca sono azioni ormai indispensabili. L’inchiesta AGtivist lo dimostra: il sistema attuale non è più compatibile con la salute, l’ambiente e la giustizia sociale.
In gioco c’è molto più di una questione agricola. C’è il futuro del cibo, la tutela dei diritti umani e la possibilità di vivere in territori sani, ricchi di biodiversità e capaci di produrre senza distruggere.
E in questa scelta collettiva, l’Europa dovrà decidere se continuare a sostenere un sistema insostenibile o guidare la transizione verso un’agricoltura davvero giusta e responsabile.




