Ecomafie: cosa sono, Terra dei Fuochi e rapporto Legambiente

Quando si parla di smaltimento dei rifiuti e di ambiente, purtroppo nel nostro Paese e non solo, si è spesso costretti a citare un fenomeno piuttosto diffuso che reca ingenti danni all’ambiente e agli esseri viventi che lo abitano: parliamo delle ecomafie.

In questa guida, coordinata dall’avv. Ezio Bonanni, scopriamo cosa sono le ecomafie, come vengono perseguiti i crimini legati all’ambiente, il rapporto dell’ultimo anno di Legambiente sulle ecomafie e la situazione in quelle zone d’Italia particolarmente colpite dal fenomeno, come la cosiddetta Terra dei Fuochi e il Triangolo della Morte.

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Ecomafie: cosa sono e in cosa consistono?

Ecomafia è un neologismo coniato per la prima volta da Legambiente, associazione ambientalista. Ecomafia definizione si riferisce a tutte le attività illegali delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che arrecano danni all’ambiente.

Tra le attività delle ecomafie compaiono il traffico illegale e lo smaltimento illegale dei rifiuti, pericolosi e non, ma anche il traffico di buste shoppers illegali, l’abusivismo edilizio su larga scala, incendi boschivi e illegalità nel mercato dell’agro alimentare. Questo insieme di crimini ambientali frutta alle ecomafie un indotto milionario.

Storia dell’insorgenza delle ecomafie

Nel 1982 con l’emanazione del D.P.R. (DECRETO DEL PRESIDENTE) 10 settembre 1982, n. 915 (“Attuazione delle direttive (CEE) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi”), abbiamo avuto a che fare con le prime notizie sull’operato delle ecomafie.

I primi reati che segnano il legame tra mafia e rifiuti, più specificatamente tra ecomafia e rifiuti

Ciò riguarda un legame tra mafia e smaltimento dei rifiuti, che si accerta nel 1991. Si condannano sei imprenditori e amministratori, nella Settima Sezione del Tribunale di Napoli, per abuso di ufficio e corruzione e assolti dal reato di associazione mafiosa.

Il termine ecomafia in Italia appare per la prima volta nel 1994 in un documento pubblicato dall’associazione italiana Legambiente, intitolato “Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale”, redatto in collaborazione con Eurispes e con l’Arma dei Carabinieri.
Nel 1997 si pubblica il primo Rapporto Ecomafia di Legambiente che da allora, ogni anno, fa il punto sulla situazione.

Nel 1995 è stata istituita la Commissione Parlamentare di Inchiesta Sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti e su Illeciti Ambientali ad Esse Correlati.

Rapporto ecomafie di Legambiente 2019

I settori prediletti dalle ecomafie nel 2019 riguardano il ciclo illegale del cemento e dei rifiuti, la filiera agroalimentare e il racket degli animali.

L’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta Italia.

I dati che raccontano come questo avviene sono raccolti da Legambiente nel report annuale dedicato alle illegalità ambientali, “Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, in vendita in libreria edito da Edizioni Ambiente.

Nel 2018 aumentano gli illeciti legati al ciclo illegale dei rifiuti che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) sia quelli del cemento selvaggio, che nel 2018 registrano un’impennata toccando quota 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017). Nel 2018 lievitano anche le illegalità nel settore agroalimentare. Sono ben 44.795, quasi 123 al giorno, le infrazioni ai danni del Made in Italy (contro le 37mila del 2017) e il fatturato illegale tocca i 1,4 miliardi. Con un significativo aumento del 35,6% rispetto all’anno.

In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7291 reati – circa 20 al giorno – contro i 7mila del 2017.

Legge sugli Ecoreati e criminalità ambientale in Italia

La Legge 68/2015, approvata nel 2015, è uno strumento importantissimo nella lotta alla criminalità ambientale, sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione.

Nel 2018 la legge è stata applicata dalle forze dell’ordine per 1.108 volte, più di tre al giorno, con una crescita pari a +129%. Nel 2018, secondo il rapporto di Legambiente è stata applicata in 218 contestazioni legate all’inquinamento ambientale, con una crescita del 55,7% rispetto all’anno precedente, 88 volte in caso di disastro ambientale e 86 sono state le contestazioni per il delitto di traffico organizzato di rifiuti (15 casi di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, 6 delitti colposi contro l’ambiente, 6 di impedimento al controllo e 2 di omessa bonifica).

Il 45% degli illeciti legati all’ambiente e all’operato delle ecomafie si concentrano in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. La Campania domina nel 2018 la classifica regionale delle illegalità ambientali con 3.862 illeciti (14,4% sul totale nazionale), seguita dalla Calabria (3.240). La Toscana è, dopo il Lazio che ha registrato poco più di 2.000 reati, la seconda regione del Centro Italia per numero di reati (1.836). Segue la Lombardia, al settimo posto nazionale. La provincia con il numero più alto di illeciti si conferma Napoli (1.360), poi Roma (1.037), Bari (711), Palermo (671) e Avellino (667).

La Terra dei Fuochi e il problema dei rifiuti

Perché si chiama Terra dei Fuochi? Con l’espressione Terra dei Fuochi si intende una estesa area della Campania a cavallo tra le province di Napoli e di Caserta, interessate dalle attività illecite delle ecomafie. In particolar modo dall’interramento illegale di rifiuti tossici e speciali e dei roghi dei rifiuti. I roghi dei rifiuti tossici sprigionano nell’aria sostanze nocive come la diossina, pericolose per la salute degli esseri viventi che vivono nelle vicinanze.

L’espressione nasce negli anni 2000. Nel 2003 fu usata nel Rapporto Ecomafie di Legambiente, di quell’anno e in seguito da Roberto Saviano nel libro “Gomorra”.

Le indagini scientifiche hanno evidenziato una correlazione tra i fenomeni in atto nella Terra dei Fuochi e l’aumento del numero di casi di neoplasie tiroidee. 

SMA Campania, una società in house che si occupa del contrasto di questi fenomeno ha messo a punto:

  • il servizio di pattugliamento e rilevamento delle microdiscariche presenti sul territorio con strumenti di smartworking;
  • il servizio di spegnimento dei roghi tossici;
  • 4 Presidi Operativi ubicati in 4 comuni di cui uno attivo h24 (Giugliano in Campania).

Il Triangolo della Morte: Acerra-Nola-Marigliano

Il Triangolo della morte Acerra-Nola-Marigliano è un’area compresa tra i comuni di Acerra, Nola e Marigliano in Campania. La zona è tristemente nota per il forte aumento della mortalità per cancro, tra la popolazione locale, correlato allo smaltimento illegale di rifiuti tossici conferiti dalla camorra da ogni parte d’Italia. Principalmente dalle regioni industrializzate del nord del Paese.

La definizione venne utilizzata nell’agosto 2004 dalla rivista scientifica The Lancet Oncology che pubblicò uno studio di Kathryn Senior e Alfredo Mazza dal titolo: Italian “Triangle of death” linked to waste crisis (Il “Triangolo della morte” italiano connesso alla crisi dei rifiuti).