mercoledì, Ottobre 22, 2025

Petroglifi del Pizzo Tresero: un tesoro archeologico riemerge dai ghiacci alpini

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IN VALTELLINA, LOMBARDIA, I PETROGLIFI, LE INCISIONI RUPESTRI PIÙ ALTE D’EUROPA. L’ECCEZIONALE SCOPERTA A VALFURVA (SO) AI PIEDI DEL GHIACCIAIO DEL PIZZO TRESERO NEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO

Una scoperta eccezionale che riscrive la storia della Lombardia 

La Lombardia si conferma un vero museo a cielo aperto, un territorio in cui storia e biodiversità si intrecciano in un racconto millenario. A rafforzare questa identità giunge una straordinaria scoperta: i petroglifi del Pizzo Tresero, nel comune di Valfurva (Sondrio), all’interno del Parco Nazionale dello Stelvio

 Una scoperta d’alta quota 

Nell’estate del 2017, l’escursionista comasco, Tommaso Malinverno, ha individuato alcune incisioni su una roccia, ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero, a 3mila metri di altitudine. Gli studi successivi hanno confermato che si tratta di petroglifi risalenti alla Media Età del Bronzo, incisi tra 3.600 e 3.200 anni fa. 

Questa scoperta si collega a un altro ritrovamento straordinario: un ecosistema fossilizzato di 280milioni di anni fa, emerso nel Parco delle Orobie Valtellinesi. La notizia, diffusa il 13 novembre 2024, amplia il quadro delle ricerche sul passato remoto della regione, offrendo nuovi spunti per comprendere l’evoluzione dell’ambiente alpino. 

Punta Segnale e Pizzo Tresero. In Lombardia, ritrovati petroglifi, ossia incisioni rupestri, le più alte d’Europa. La scoperta nel Parco nazionale dello Stelvio. Le foto sono concesse dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese

 Un legame con le incisioni rupestri della Lombardia 

I petroglifi del Tresero testimoniano una presenza umana millenaria nelle terre d’alta quota. Situati sopra il Passo di Gavia, si collegano ai siti rupestri della Valtellina e della Valle Camonica. Quest’ultima, prima in Italia a ottenere il riconoscimento UNESCO nel 1979, rappresenta uno dei più importanti complessi di arte rupestre al mondo. 

Il ritrovamento di queste incisioni, le più alte d’Europa, assume un valore scientifico eccezionale. Dimostra che, migliaia di anni fa, l’uomo era in grado di adattarsi e sopravvivere anche a quote estreme. Inoltre, il sito non riguarda solo l’archeologia ma interessa anche le università e i ricercatori che studiano biodiversità, fauna e paesaggio alpino. 

 Le indagini scientifiche: il ghiacciaio come custode del passato 

Per confermare l’autenticità dei petroglifi, la Soprintendenza archeologica lombarda ha condotto accurate indagini scientifiche. Tra queste, le analisi cosmologiche hanno permesso di ricostruire i tempi di esposizione delle rocce ai raggi solari. Il sito è riemerso dal ghiacciaio in più occasioni, fino a riapparire stabilmente negli ultimi decenni a causa dello scioglimento del ghiacciaio del Tresero. 

 L’arte rupestre del Tresero e il confronto con altri siti alpini 

I petroglifi, è scritto in una nota, si concentrano su superfici rocciose levigate dai ghiacci, situate lungo il margine occidentale del bacino glaciale, ai piedi di Punta Segnale. Le tecniche e la composizione figurativa suggeriscono che le incisioni siano state realizzate in epoche diverse e da mani differenti. 

Questo sito si colloca tra due tra i più importanti comprensori di arte rupestre dell’arco alpino: la Valle Camonica, patrimonio UNESCO, e la Valtellina, con testimonianze come la Rupe Magna di Grosio e le statue-stele di Teglio. 

L’erosione glaciale ha lasciato segni evidenti sulle incisioni. Striature e abrasioni suggeriscono che il numero originario dei petroglifi fosse maggiore e che alcuni siano andati perduti a causa dei movimenti del ghiacciaio. Se questa ipotesi fosse confermata, il sito del Tresero potrebbe essere ciò che resta di un antico santuario di arte rupestre, paragonabile, su scala minore, al celebre complesso del Monte Bego, nelle Alpi Marittime. 

 Un laboratorio naturale per lo studio dell’uomo e della montagna 

Questa scoperta conferma il valore del Parco Nazionale dello Stelvio e dell’Alta Val di Gavia come osservatori privilegiati dell’interazione tra uomo e montagna nel corso dei millenni. Attualmente è in corso un ampio progetto di ricerca per comprendere come le antiche comunità umane abbiano occupato e sfruttato queste terre d’alta quota. 

Le indagini archeologiche condotte dal 2022 in siti vicini al Tresero, come la Malga dell’Alpe, la Grotta Cameraccia e il Lago Nero, hanno rivelato tracce di insediamenti risalenti a oltre diecimila anni fa. I cacciatori mesolitici utilizzavano queste aree per bivacchi e postazioni di caccia, lasciando segni della loro presenza in un ambiente tanto ostile quanto affascinante. 

Questa nuova scoperta arricchisce il patrimonio storico della Lombardia e sottolinea l’importanza di continuare a studiare il passato per comprendere meglio il legame tra l’uomo e le sue montagne, uno dei tesori più preziosi della regione.

«Il Parco Nazionale dello Stelvio – ha detto Stefano Morosini, docente dell’Università degli studi di Bergamo e coordinatore scientifico del Parco Nazionale dello Stelvio – non persegue solamente le sue importanti funzioni di tutela degli equilibri ecologici e delle peculiarità paesaggistiche, a garanzia e trasmissione alle generazioni future dei suoi straordinari habitat d’alta quota ma svolge anche una serie importante di attività di tutela e valorizzazione del proprio patrimonio storico, archeologico e architettonico, in un’area montuosa di straordinario valore ambientale posta al centro delle Alpi che da millenni è abitata dall’uomo».

Numero verde ONA

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