lunedì, Settembre 9, 2024

Amazzonia: viaggio nella foresta pluviale alla scoperta di antiche civilizzazioni

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UN AFFASCINANTE VIAGGIO NEL CUORE DELLA FORESTA PLUVIALE IN AMAZZONIA RIVELA UNA STORIA DI CIVILTÀ  ANTICHISSIME, CHE SFIDA LE NOSTRE CONCEZIONI PREGRESSE E STEREOTIPATE DI QUESTA “ZONA SELVAGGIA E INCONTAMINATA”. QUALE PASSATO INTRICATO, QUALI MISTERI SI NASCONDONO TRA GLI ALBERI?

Amazzonia: culla di antiche civiltà stanziali

L’Amazzonia, nota soprattutto per essere il “polmone verde” del nostro pianeta, nasconde un intricato labirinto di storie relative a civiltà antiche.

A dimostrarlo, alcune sorprendenti scoperte archeologiche recenti che stanno attirando l’attenzione di studiosi e appassionati di enigmi.

Quello che un tempo sembrava un territorio prevalentemente selvaggio si è infatti rivelato il palcoscenico di un’epopea umana antica.

Centinaia di villaggi (al momento ne sono stati esaminati ottantuno), abitati da persone che parlavano idiomi diversi, sono sepolti tra le fronde della foresta.

Cosa che sfata il mito secondo cui le antiche civiltà preferissero vivere esclusivamente lungo i fiumi.

«Esiste un malinteso comune secondo cui l’Amazzonia sia un paesaggio incontaminato, sede di comunità nomadi. Questo invece dimostra il contrario. Abbiamo scoperto l’esistenza di popolazioni stanziali, in zone completamente diverse da dove ci aspettavamo di trovarle». Ad affermarlo, il dottor Jonas Gregorio de Souza, ricercatore del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Exeter (Inghilterra).

«Siamo entusiasti di aver trovato una tale ricchezza di prove e reperti», ha poi sottolineato l’archeologo Jose Iriarte. «La maggior parte dell’Amazzonia non è stata ancora esplorata, ma studi come il nostro indicano che stiamo percorrendo la strada giusta per ottenere maggiori informazioni sulla storia della più grande foresta pluviale del pianeta». Pronti per la partenza?

Misteriosi geoglifi: il segreto sepolto in Amazzonia

Il viaggio, finanziato da National Geographic e dal progetto del Consiglio Europeo della Ricerca, (pubblicato sulla rivista Nature Communications), inizia con una bizzarra scoperta.

Parliamo di ben 1.300 geoglifi, disseminati lungo 400mila chilometri quadrati tra l’Amazzonia meridionale e la Cordigliera delle Ande.

I misteriosi disegni sulla terra, dalle forme quadrate, circolari ed esagonali, realizzati sia tramite la disposizione di detriti, sia tramite la rimozione di essi, avevano uno scopo rituale, probabilmente legato all’agricoltura. Cosa che confermerebbe l’ipotesi dell’esistenza di civiltà stanziali.

A partire dalla scoperta è quindi scattata l’avvincente indagine condotta da Stéphen Rostain, archeologo francese nonché direttore del Centro Nazionale di Ricerca Scientifica (CNRS) di Parigi.

Oltre due decenni fa, il “detective archeologo”, aveva scoperto una serie di tumuli di terra e strade sepolte in Ecuador.

Inizialmente, non era sicuro di cosa avesse trovato, ma il suo istinto gli suggeriva che si trattasse di qualcosa di straordinario. Iniziò pertanto a mappare le scoperte con una tecnologia Lidar (Light Detection and Ranging), una sorta di scansione dall’alto di ciò che rimarrebbe altrimenti nascosto nel fitto della vegetazione. Successivamente, le informazioni sono state trasformate in una vera e propria mappa tridimensionale.

Con grande stupore, si trovò davanti a un grande numero di città perdute, un intricato labirinto di strade e strutture.

Una testimonianza che attesta l’esistenza di una società vissuta tra la fitta vegetazione, composta sostanzialmente da agricoltori, che avrebbero plasmato la loro vita tra gli alberi per oltre 2mila anni.

«Stimare il numero di abitanti è difficile. Potrebbe aggirarsi tra i diecimila e i trentamila abitanti», aggiunge Antoine Dorison, archeologo e coautore dello studio.

Certo è che si trattava di un’importante metropoli che può essere paragonata alla popolazione stimata della Londra di epoca romana, all’epoca la città più grande della Gran Bretagna.

Proseguendo poi il viaggio lungo la cordigliera delle Ande, il team guidato dal francese, ha trovato una rete segreta di insediamenti e strade, resistita per circa mille anni.

«Una sorta di valle perduta composta da città», declama Rostain.

Ma, di quale civiltà si tratta e che fine hanno fatto le popolazioni?

Secondo gli studiosi, si tratterebbe delle comunità stanziali degli Upani e dei Kilamope, vissute in zone remote e inesplorate dell’Amazzonia e delle Ande.

Quanto al loro triste destino, probabilmente a decimarle sarebbero state le malattie introdotte dai coloni europei.

Conosciamo la popolazione: gli Upani

La popolazione avrebbe occupato l’area tra il 500 a.C. al 600 d.C, un’epoca in cui, in Europa, si assisteva alla grandezza dell’Impero Romano.

Gli edifici, eretti con maestria, testimoniano l’ingegno del popolo Upano. Circondati da campi agricoli, attraversati da canali di drenaggio, questi insediamenti erano il risultato di un binomio straordinario tra architettura avanzata e pratiche agricole innovative.

Così come accadeva in altre culture, anche gli Upani cercavano di costruire la loro grandezza mirando alla connessione tra cielo e terra, il divino e l’umano.

Quanto alle strade, larghe dieci metri circa, si estendevano per circa dieci/venti chilometri.

E qui, un ulteriore mistero, relativo alle sorprendenti capacità tecniche delle antiche civiltà

José Iriarte, ritiene che sarebbe stato necessario un elaborato sistema di lavoro organizzato per costruire le strade e migliaia di tumuli di terra.

«Gli Inca e i Maya costruivano con la pietra, ma le persone in Amazzonia di solito non avevano la pietra a disposizione: costruivano con il fango. Si tratta comunque di unenorme quantità di lavoro».

Avranno fatto tutto da soli?

Gli ufologi avanzeranno ipotesi circa l’intervento tecnologico di civiltà aliene?

Non c’è dato di saperlo. Secondo gli autori dello studio, certo è che «la scoperta rappresenta l’ennesimo esempio della “sottovalutazione del duplice patrimonio dell’Amazzonia: ambientale ma anche culturale».

Numero verde ONA

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