IL TRIBUNALE DI ANCONA HA CONDANNATO FINCANTIERI S.P.A. A RISARCIRE I FAMILIARI DI UN CARPENTIERE DECEDUTO PER L’ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO A BORDO DELLE NAVI IN COSTRUZIONE. ALLA VEDOVA E FAMILIARI PIÙ DI 600MILA EURO DI RISARCIMENTO
“… Va quindi ricordato, come rilevato sempre dallo relazione INAIL del 1996, che in seguito all’’utilizzo di amianto in rilevante quantità almeno sino alla metà degli anni ’70, tulle le mansioni che richiedevano la presenza dei lavoratori a bordo delle navi in costruzione esponevano gli operatori ad una quantità di fibre di amianto, ritenuta mediamente significativa, anche qualora la presenza degli operatori a bordo non fosse costante, e che l’esposizione fosse sia diretta, cioè derivante da amianto manipolato o lavoralo direttamente sia ambientale, cioè indotta da operazioni inquinanti svolte in contemporanea in zone limitrofe della nave.
Da quanto complessivamente considerato si può, quindi, ritenere con ragionevole certezza che presso i Cantieri Navali di Ancona vi fossero polveri di asbesto negli ambienti di lavoro nel periodo nel quale vi lavorò il sig. NN; e che i lavoratori, soprattutto quelli che svolgevano a bordo delle navi in allestimento fossero i più esposti a tali polveri”.
Così nella sentenza che il giudice Arianna Sbano, del Tribunale di Ancona, Sezione Lavoro, ha pronunciato nella causa civile promossa dai parenti di un ex dipendente deceduto a causa di una patologia asbesto-correlata contro Fincantieri S.p.A., dove il defunto ha lavorato. Il giudice ha condannato, quindi, l’azienda italiana che opera nel settore della cantieristica navale a risarcire i familiari.
Fincantieri S.p.A. ha continuato a utilizzare l’amianto ancora negli anni ’90
«Siamo di fronte all’ennesima condanna a carico di Fincantieri – ha dichiarato l’avvocato Ezio Bonanni che tutela la famiglia dell’ex operaio -. Non si comprendono le ragioni per le quali Fincantieri abbia continuato a utilizzare amianto, ancora negli anni ’90, prima della messa al bando con la L. 257/92. E che abbia omesso di informare le maestranze che questo minerale fosse un killer, capace di provocare morte, come purtroppo si è verificato. perché sono state violate tutte le misure di sicurezza».
Il carpentiere ha lavorato nei cantieri di Ancona per oltre trent’anni, dove è stato esposto ogni giorno di lavoro all’amianto presente a bordo delle navi in costruzione. Esposizione che ha causato alla vittima l’asbestosi, una patologia associata alla pericolosa fibra killer che, in seguito, ha sviluppato un grave carcinoma polmonare che lo ha portato alla morte nel 2017.
Agli eredi il risarcimento del danno
La famiglia – che ha chiesto espressamente di non pubblicare il nome del defunto – si è, quindi, rivolta all’Osservatorio Nazionale Amianto e alla difesa legale del presidente dell’associazione, l’avv. Ezio Bonanni, che ha ottenuto il riconoscimento dell’INAIL e la liquidazione della rendita a favore della vedova. In seguito, la famiglia ha richiesto alla Fincantieri S.p.A. il risarcimento del danno, poiché l’azienda è stata ritenuta responsabile della morte dell’operaio.
Nonostante i tentativi di Fincantieri di negare le proprie responsabilità, durante il processo sono stati ascoltati i colleghi di lavoro del defunto, che hanno riferito dell’uso indiscriminato dell’amianto nel cantiere navale su ordine dei dirigenti. La perizia medico-legale ha inoltre confermato che la morte dell’operaio è stata causata proprio dall’amianto utilizzato nella darsena e dalla mancanza di maschere e altre necessarie protezioni per lui e i suoi colleghi.
Il tribunale ha pertanto stabilito che alla moglie spetta un risarcimento di 224mila euro, che comprende sia i danni richiesti come erede sia quelli sofferti personalmente. Ai due figli spettano 183.500 euro ciascuno, mentre ai quattro nipoti andranno 12mila euro ciascuno. Inoltre, oltre alla rendita dell’INAIL, la coniuge ha ottenuto il Fondo Vittime Amianto, che si somma alla pensione di reversibilità.
Nel video l’intervista della TGR all’avv. Ezio Bonanni