L’8 E 9 MARZO, LA REGIONE VENETO HA AUTORIZZATO UNA GARA DI CANI DA CACCIA IN VENTIQUATTRO COMUNI DELLA PROVINCIA DI TREVISO. SEBBENE NON SIA PREVISTA L’UCCISIONE DELLE LEPRI, L’EVENTO MINACCIA CUCCIOLI E MADRI ALLATTANTI. LA LAV HA PRESENTATO UNA DIFFIDA URGENTE, DENUNCIANDO I RISCHI PER LA FAUNA SELVATICA
Una competizione crudele che minaccia la fauna selvatica: la caccia alle lepri
L’evento, patrocinato dalla Direzione Agroambiente della Regione Veneto, prevede l’impiego di cani addestrati per stanare lepri nei campi. Nonostante la promessa che nessun esemplare sarà abbattuto, il semplice inseguimento può avere effetti nefasti.
Uno studio condotto con la partecipazione di Federcaccia, ha evidenziato che il periodo tra marzo e maggio rappresenta il picco massimo della riproduzione delle lepri. Durante questi mesi, le femmine partoriscono e allattano i piccoli, che risultano totalmente dipendenti dalle cure materne.
«I cani, spinti dal loro addestramento e dal forte istinto predatorio, inseguirebbero indiscriminatamente gli esemplari di lepre, separando le madri dai loro cuccioli. Questo causerebbe la morte per inedia dei piccoli e un notevole stress fisico e psicologico per le femmine» ha dichiarato Massimo Vitturi, responsabile dell’Area Animali Selvatici della LAV.
Secondo Vitturi, la Regione Veneto si sta rendendo complice di una pratica brutale: «Abbiamo inviato una diffida urgente al presidente Luca Zaia, affinché annulli questa competizione assurda e crudele. È inaccettabile che, anche a stagione venatoria chiusa, si permettano attività che causano ulteriore sofferenza agli animali».
Impatto ecologico e spreco di risorse pubbliche
Secondo la LAV, la Regione Veneto investe annualmente ingenti risorse per l’abbattimento di migliaia di volpi, con l’obiettivo dichiarato di favorire la riproduzione delle lepri.
«Siamo di fronte a una gestione paradossale della fauna selvatica» spiega Vitturi. «Da un lato, si autorizzano massacri di volpi per tutelare le lepri, dall’altro si permettono competizioni che le mettono a rischio. È uno spreco di risorse pubbliche che danneggia l’equilibrio dell’ecosistema e premia solo gli interessi del mondo venatorio».
È importante sottolineare che la lepre europea (Lepus europaeus) è considerata un patrimonio indisponibile dello Stato. Questo significa che il suo sfruttamento non può avvenire in modo arbitrario ma deve essere regolato in conformità con le normative di conservazione della biodiversità.
Tuttavia, il continuo sostegno ad attività che favoriscono il mondo della caccia sembra contraddire questi principi. La LAV ha già annunciato che, qualora la Regione Veneto non dovesse sospendere la competizione, procederà con un esposto alle autorità competenti.
Conseguenze legali e responsabilità istituzionali
Al momento, la Regione Veneto non ha ancora fornito dichiarazioni ufficiali in merito alla diffida della LAV. Tuttavia, la crescente attenzione mediatica e il rischio di implicazioni legali potrebbero spingere le autorità regionali a una revisione della propria decisione.
Se la manifestazione dovesse essere annullata, si creerebbe un precedente giuridico significativo per la tutela della fauna selvatica in Italia. Al contrario, se la competizione si svolgesse regolarmente, la LAV potrebbe procedere legalmente, portando il caso all’attenzione della magistratura, come già accaduto in altre circostanze.
Un esempio emblematico è quello della Provincia di Bolzano, dove un’autorizzazione illegittima all’abbattimento di animali selvatici ha portato il presidente e il dirigente dell’Ufficio Caccia a dover risarcire quasi un milione di euro per danno erariale.
«Se la Regione Veneto insisterà nel non annullare l’evento, non esiteremo ad agire per vie legali» ha ribadito Vitturi. «Se qualcuno ha deciso di favorire i cacciatori a scapito del benessere animale e dell’interesse pubblico, allora sarà chiamato a risponderne economicamente».
Caccia e tutela della fauna selvatica: un conflitto sempre più acceso
La controversia sulla gara in Veneto si inserisce in un dibattito più ampio sulla gestione della fauna selvatica in Italia. Da un lato, le associazioni ambientaliste denunciano la sistematica alterazione degli ecosistemi a vantaggio degli interessi venatori. Dall’altro, il mondo della caccia continua a rivendicare un proprio ruolo nella regolamentazione degli equilibri naturali, spesso con il sostegno delle amministrazioni regionali.
L’opinione pubblica invece si mostra sempre più sensibile al benessere animale e alla necessità di politiche più sostenibili.
L’epilogo di questa vicenda potrebbe segnare un importante spartiacque nella regolamentazione delle attività venatorie in Italia, ridefinendo il bilanciamento tra la tutela della fauna selvatica e le pratiche legate alla caccia.
Secondo Vitturi, si tratta di un problema culturale che richiede un cambio di prospettiva: «Non possiamo continuare a sfruttare la fauna selvatica come se fosse un bene privato. Questi animali appartengono a tutti, e il loro benessere deve essere prioritario rispetto agli interessi di una minoranza».
L’esito della vicenda potrebbe avere ripercussioni importanti su futuri provvedimenti in materia di tutela della fauna selvatica e regolamentazione della caccia. Resta da vedere se le autorità regionali saranno disposte ad ascoltare le voci che chiedono maggiore rispetto per l’ambiente e per gli esseri viventi che lo abitano.