ACQUE SEMPRE PIÙ CALDE, BIODIVERSITÀ A RISCHIO, ONDATE DI CALORE MARINO SENZA PRECEDENTI. GLI SCIENZIATI LANCIANO L’ALLARME: È UNA CORSA CONTRO IL TEMPO PER DIFENDERE UNO DEI MARI PIÙ RICCHI E FRAGILI DEL MONDO, MINACCIATO DALLA CRISI CLIMATICA E DALL’INQUINAMENTO
Il surriscaldamento del Mediterraneo
Il surriscaldamento del Mar Mediterraneo non è più un’ipotesi lontana ma una realtà sotto gli occhi di tutti. Lo dimostrano i dati di Copernicus e i report della NASA, che rilevano un aumento termico superiore alle attese. In alcuni tratti, come attorno alla Sardegna, la temperatura della superficie marina è salita di oltre 5 gradi rispetto alla norma.
Questo innalzamento è legato alla crisi climatica globale, che sta alterando l’equilibrio di correnti, precipitazioni e stagionalità. Il risultato è un mare che assomiglia sempre più a un bacino tropicale, con effetti devastanti su ecosistemi, fauna e stabilità climatica costiera.
Surriscaldamento del Mediterraneo: epicentro sardo
Secondo il rapporto Mare Caldo 2024 di Greenpeace, alcune delle più importanti aree marine protette sarde — come Capo Carbonara, Tavolara e l’Asinara — sono diventate un laboratorio naturale della crisi. Qui si registrano fino a 14 ondate di calore l’anno, un record che ha già provocato lo sbiancamento di coralli come la Cladocora caespitosa e il cambiamento di comportamento di molte specie.
Nonostante la protezione normativa, queste zone subiscono lo stress del calore continuo. L’aumento medio annuo nella zona di Capo Carbonara ha raggiunto +1,49°C, un dato che supera anche la soglia critica stabilita dagli scienziati per la sopravvivenza di molti habitat marini.

Surriscaldamento del Mediterraneo: biodiversità sotto assedio
Il Mar Mediterraneo ospita l’8% delle specie marine mondiali in appena l’1% della superficie oceanica globale. È un vero scrigno di biodiversità, dieci volte più ricco della media. Tuttavia, questa abbondanza rischia di essere compromessa da due nemici convergenti: il cambiamento climatico e l’inquinamento da plastica.
Secondo Greenpeace e Marevivo, meno dell’1% del Mediterraneo è effettivamente protetto da politiche di conservazione. Nel resto del bacino si assiste a uno sfruttamento intensivo, con pratiche di pesca distruttive, traffico marittimo e un continuo accumulo di microplastiche.
Il Surriscaldamento del Mediterraneo inarrestabile
Un altro segnale drammatico arriva dal livello del mare. I dati satellitari NASA indicano che nel 2024 il livello marino globale è aumentato di 0,59 centimetri, superando le stime precedenti di 0,43. Il colpevole principale è l’espansione termica dell’acqua: quando il mare si scalda, si dilata.
Questo fenomeno, sommato allo scioglimento dei ghiacciai, ha portato a un innalzamento complessivo di 10 centimetri dal 1993. In aree costiere del Mediterraneo, questo si traduce in erosione, salinizzazione delle falde, e maggiore vulnerabilità alle mareggiate.
Surriscaldamento del Mediterraneo: un 2024 da record
L’anno appena trascorso è stato il più caldo mai registrato a livello globale, con una temperatura media del mare oltre 1,5°C sopra la soglia preindustriale. In Europa, le inondazioni hanno colpito oltre 400mila persone. L’aumento delle temperature ha causato 335 vittime, secondo il rapporto Copernicus 2024.
Le stime più recenti parlano di un innalzamento della superficie del Mediterraneo tra i 3,5 e i 4,5°C entro il 2100. Uno scenario che altererebbe in modo definitivo l’equilibrio ecologico del bacino e la vivibilità delle zone costiere, dove si concentra una parte significativa della popolazione italiana.
Surriscaldamento del Mediterraneo: tropicalizzazione e migrazione marina
Il riscaldamento delle acque sta già causando la cosiddetta tropicalizzazione del Mediterraneo. Specie aliene, spesso provenienti dal Mar Rosso o dall’Oceano Indiano, trovano oggi temperature ideali per stabilirsi e competere con la fauna autoctona. Il pesce scorpione, il granchio blu e persino alcune meduse urticanti sono ormai ospiti fissi delle nostre acque.
Al contempo, molte specie originarie del Mediterraneo si spostano verso nord, inseguendo temperature più sopportabili, oppure soccombono per l’incapacità di adattarsi. Questo sconvolge le reti alimentari, modifica la pesca e mette a rischio la resilienza biologica del mare.
Serve un piano di difesa marino
Secondo Greenpeace e le principali organizzazioni ambientaliste, il Mediterraneo deve diventare una priorità politica. Oggi, solo l’1% è effettivamente protetto: una cifra lontanissima dall’obiettivo del 30% di aree marine tutelate entro il 2030, stabilito dall’accordo di Montreal sulla biodiversità.
Occorrono interventi concreti: espandere le aree marine protette, regolamentare severamente la pesca industriale, fermare l’inquinamento plastico e rafforzare il monitoraggio delle temperature e degli ecosistemi vulnerabili.
Una guida per conoscere e difendere il mare
Per promuovere una maggiore consapevolezza, Greenpeace ha lanciato Il Mare in Tasca, una guida pratica per scoprire le meraviglie e le fragilità del Mediterraneo. Il libretto, rivolto al pubblico di tutte le età, contiene dati, storie e suggerimenti per ridurre il proprio impatto ambientale e per partecipare attivamente alla difesa del mare.
Perché il Mediterraneo non è solo uno spazio geografico: è un patrimonio culturale e naturale condiviso, culla di civiltà e fonte di vita. Proteggerlo non è un gesto simbolico, ma un atto necessario per garantire un futuro vivibile a milioni di persone.