giovedì, Novembre 6, 2025

Coltura Promiscua: il ritorno di un’antica tecnica agricola per la sostenibilità nella Pianura Padana

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UNO STUDIO RECENTE DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO E DEL MASSACHUSETTS INSTITUTE OF TECHNOLOGY (MIT) PROPONE LA REINTRODUZIONE DELLA COLTURA PROMISCUA. UNO STRUMENTO INNOVATIVO PER AFFRONTARE LA CRISI CLIMATICA NELLA PIANURA PADANA. L’ANTICA PRATICA AGRICOLA POTREBBE RIDURRE LE EMISSIONI DI CO₂ E MIGLIORARE LA QUALITÀ ECOLOGICA E CULTURALE DEL PAESAGGIO RURALE

Una pratica antica per un futuro più sostenibile

La Pianura Padana, che si estende per circa 46mila km² e ospita oltre un terzo della popolazione italiana, per la sua particolare conformazione geografica, chiusa tra Alpi e Appennini e aperta solo verso l’Adriatico, è oggi tra le aree più inquinate d’Europa e un hotspot globale per la concentrazione di gas serra.

Eppure, secondo lo studio condotto dall’Università degli Studi di Milano e dal MIT, potrebbe essere proprio questo territorio a diventare un laboratorio di sostenibilità ambientale.

La ricerca evidenzia come la reintroduzione della Coltura Promiscua – un’antica tecnica agricola basata sulla coltivazione simultanea di più specie, come alberi, cereali, ortaggi e foraggi – possa contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di CO₂ e al rafforzamento degli ecosistemi agricoli.

Coltura Promiscua: cos’è

Carta storica: E’ un podere in provincia di Parma (localizzazione incerta) di fine 1600. Si vedono benissimo gli alberi della Coltura Promiscua

La coltura promiscua è un sistema agricolo tradizionale in cui si coltivano contemporaneamente specie diverse (come alberi, vite, cereali, ortaggi e foraggi) sullo stesso appezzamento di terra. Questa tecnica, che permette di sfruttare lo spazio in modo più efficiente, era molto diffusa in passato e sta tornando in auge grazie a pratiche come l’agroforestazione. Un esempio storico è la “piantata padana”, dove alberi come olmi e aceri facevano da sostegno alla vite, con cereali seminati tra i filari.

Storia e tradizione

Documentata nei trattati agronomici sin dal Medioevo, la Coltura Promiscua ha rappresentato per secoli la forma prevalente di organizzazione agricola soprattutto tra Lombardia, Emilia-Romagna e il crinale appenninico.

Nel XIX secolo si estendeva per oltre 1,9 milioni di ettari, rendendola una delle più vaste superfici agroforestali d’Europa. Il Novecento, però, ne ha segnato il rapido declino. Riforme agrarie, urbanizzazione accelerata e meccanizzazione hanno favorito l’espansione delle monoculture intensive, riducendo drasticamente la diversità del paesaggio.

Oggi ne rimangono soltanto tracce marginali: lo studio mostra infatti una perdita del 97% delle superfici agroforestali tra il 1929 e il 2024.

I risultati della ricerca

Attraverso un approccio interdisciplinare che combina analisi storiche e strumenti computazionali avanzati, secondo i ricercatori, in passato, la Coltura Promiscua è stata in grado di immagazzinare oltre 75 tonnellate di carbonio per ettaro.

Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, mostra che il ripristino di questa tecnica oggi potrebbe aumentare la capacità di sequestro del carbonio atmosferico del paesaggio rurale fino al 12%. Si tratta di un risultato notevole.

Soprattutto se confrontato con le strategie di afforestazione, che richiederebbero la conversione in foresta di circa un quarto delle superfici agricole attualmente coltivate per ottenere lo stesso effetto.

Un contesto ambientale difficile

La Pianura Padana, che si estende per circa 46mila km² e ospita oltre un terzo della popolazione italiana, è particolarmente vulnerabile agli effetti dell’inquinamento. E, sicuramente, anche la sua posizione geografica ostacolando la circolazione dell’aria, tende a favorire l’accumulo di polveri sottili e gas serra.

Esempio della trasformazione radicale avvenuta in Pianura Padana negli ultimi 70 anni. In alto, situazione nel 1954, paesaggio rurale dominato da sistemi agroforestrali. In basso, situazione attuale (immagine satellitare del 2024) che mostra la quasi totale scomparsa di Coltura Promiscua, sostituita da monocolture intensive

In questa area, il settore agricolo contribuisce per circa il 55% alle emissioni complessive di gas serra dell’agricoltura italiana, rendendo urgente l’adozione di pratiche più sostenibili.

Benefici ecologici e culturali

«Restaurare la Coltura Promiscua – spiega Filippo Brandolini, Marie Curie Fellow al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano e il MIT, coordinatore dello studio – non solo aumenterebbe la capacità di stoccaggio del carbonio atmosferico, ma porterebbe anche numerosi benefici ambientali tipici dei sistemi agroforestali».

Tra questi: miglioramento della fertilità del suolo, riduzione dell’erosione, regolazione dei cicli idrici, incremento della biodiversità. Ma anche sostegno agli impollinatori, contenimento dei parassiti e miglioramento della qualità dell’aria.

Inoltre, la Coltura Promiscua contribuirebbe alla regolazione del microclima rurale, promuovendo un equilibrio ecologico più stabile.

Oltre agli aspetti ambientali, la pratica rappresenta anche un patrimonio culturale. Ha plasmato per secoli l’identità del paesaggio padano e la trasmissione del sapere agricolo tradizionale. «La sua scomparsa – continua Brandolini – ha significato non solo perdita di biodiversità, ma anche di memoria storica e continuità comunitaria».

«Questa ricerca dimostra che le conoscenze rurali tradizionali, spesso considerate obsolete, possono tornare a essere strumenti cruciali per costruire un’agricoltura sostenibile e resiliente», conclude Brandolini. «Recuperare la Coltura Promiscua non significa guardare al passato con nostalgia, ma costruire un’agricoltura multifunzionale e rigenerativa, capace di coniugare produttività, resilienza e sostenibilità ambientale».

Numero verde ONA

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