mercoledì, Settembre 24, 2025

Il clima che cambia: intervista a Ennio La Malfa, vicepresidente della Fondazione Internazionale “AQUA”

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IL CLIMA STA CAMBIANDO RAPIDAMENTE E IN MODO IRREVERSIBILE. NE PARLA ENNIO LA MALFA, ESPERTO CLIMATICO E VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE INTERNAZIONALE “AQUA”. AUTORE DEL LIBRO “MUTAZIONE CLIMATICA”, LA MALFA CI OFFRE UNA PANORAMICA CHIARA, ALLARMANTE MA LUCIDA SU COSA STA ACCADENDO E COSA CI ASPETTA

Cosa sta succedendo al nostro clima? Ne parla il vicepresidente della Fondazione Internazionale “AQUA”

In questi giorni di caldo fuori stagione, con temperature più tipiche di agosto che di metà giugno, molti si chiedono cosa stia accadendo al nostro clima. «È da anni che temiamo l’arrivo dell’effetto serra, e ora ci siamo dentro. Non è più un’ipotesi futura, ma una realtà presente».

Ennio La Malfa, vicepresidente della Fondazione Internazionale AQUA, ricorda l’Accordo di Parigi del 2015, in cui le nazioni del mondo si impegnarono a non superare un aumento di +1,5 °C della temperatura media globale entro il 2050.

Ma, spiega, «oggi, nel giugno 2025, quel limite è già stato raggiunto, e forse superato. Una soglia che doveva rappresentare un avvertimento per il futuro, ora è una condizione attuale».

Il Mediterraneo si scalda più degli altri mari

Secondo il climatologo, il cambiamento climatico ha già alterato in modo profondo gli equilibri meteorologici, in particolare nel Mediterraneo, che si sta riscaldando più rapidamente rispetto ad altri bacini semi-chiusi.

«Uno degli effetti più visibili è la scomparsa quasi definitiva dell’Anticiclone delle Azzorre, che in passato ci proteggeva dalle masse d’aria roventi provenienti dal Sahara. Oggi quell’effetto barriera non esiste più». Conseguenza diretta: estati sempre più torride e secche, seguite da autunni segnati da nubifragi e bombe d’acqua. «È la nuova normalità, e dovremo adattarci».

La Malfa, Fondazione AQUA: L’Italia diventa Nord Africa

Ma non è solo una questione stagionale. «L’influenza climatica africana ha ormai raggiunto stabilmente l’Italia», spiega La Malfa di Fondazione AQUA, indicando la Campania come linea di confine. «Di fatto, il nostro Paese è ormai parte integrante del clima nordafricano». Una trasformazione che impone riflessioni serie sulle politiche ambientali e sociali.

Le conseguenze ambientali nel nostro Paese

I cambiamenti climatici stanno già producendo effetti devastanti: acidificazione dei mari, con proliferazione di alghe e meduse velenose; risalita del mare e intrusione del cuneo salino nei delta dei fiumi, specialmente in Veneto, Emilia-Romagna e Lazio; incendi estivi in aumento nel Centro-Sud; Frane e alluvioni dovute alle piogge torrenziali autunnali, su un territorio geologicamente fragile.

Un impatto economico crescente

Le ricadute economiche sono molteplici e pesanti. Tra le principali: calo del turismo nelle località balneari del Centro-Sud; spese straordinarie per fronteggiare disastri naturali (incendi, alluvioni, frane); costi aggiuntivi in agricoltura, dovuti a parassiti e condizioni meteo estreme; aumento delle spese sanitarie per fronteggiare nuove malattie; abbandono di coltivazioni storiche, specialmente nel Sud; aumento dei costi per l’assistenza ai profughi climatici.

Il settore agroalimentare e la salute umana sono in pericolo L’agricoltura soffre particolarmente: raccolti compromessi da eventi meteo estremi; produzione in calo di olio, vino e latte; presenza di parassiti e specie aliene che minacciano le produzioni locali; pesca danneggiata da specie tropicali che invadono il Mediterraneo, ostacolando la fauna autoctona.

Anche la salute dei cittadini è sempre più a rischio. La Malfa elenca un preoccupante elenco di patologie in crescita: allergie, dermatiti, colpi di calore; malattie respiratorie e cardiovascolari; infezioni intestinali; virus esotici come la Chikungunya; nuove patologie favorite da condizioni climatiche mutate.

Il tempo è scaduto: prepararsi all’inevitabile

«La variabile tempo – il fattore T – corre veloce», avverte La Malfa. «Il continuo aumento dei gas climalteranti non lascia spazio a ottimismo. La cosiddetta “Sindrome di Venere”, che descrive un pianeta surriscaldato e invivibile, non è più solo un monito lontano».

Ma una speranza c’è ancora. «Non possiamo fermare tutto, ma possiamo smettere di essere complici. Possiamo ridurre la nostra impronta ecologica». La parola d’ordine, conclude, è una sola: adattamento. Perché il clima non aspetta.

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