sabato, Novembre 1, 2025

Amianto in Italia: un’eredità mortale tra ritardi e omissioni

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ITALIA PRIMA PER MORTI DA AMIANTO. MA, NEL NOSTRO PAESE, I DATI EUROSTAT – 518 DECESSI – NON SONO CONFORMI A QUELLI REALI. PER L’OSSERVATORIO NAZIONALE AMIANTO SONO ALMENO 2MILA. SECONDO L’AVV. EZIO BONANNI, BISOGNA TENER CONTO DI TUTTE LE PATOLOGIE ASBESTO CORRELATE E NON SOLO DEL MESOTELIOMA

L’amianto e le malattie asbesto correlate. Le stime dell’Unione Europea sono del tutto errate, anche se rendono all’Italia il triste primato del numero di mesotelioma. L’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha commentato i dati e le risultanze dei dati dell’Eurostat del 2021.

Infatti, secondo l’organismo europeo i decessi in Italia per mesotelioma sarebbero stati 518. In realtà si tratta di un grave errore, afferma Bonanni, perché i casi di mesotelioma in Italia sono stati almeno 2mila, con 1.900 decessi nel 2021.

La triste contabilità dei casi di questa patologia deve essere purtroppo integrata con i casi di tumore al polmone e di tutti gli altri cancri asbesto correlati.

Infatti, l’avvocato, intervistato dal giornale Avvenire, ha ribadito che bisogna tener conto di tutte le patologie asbesto correlate e non solo del mesotelioma. Perciò, è confermato quello che Bonanni ha dichiarato: «Il dato è chiaramente sottostimato ed escludo anche che i mesoteliomi siano in calo».

Il dott. Pasquale Montilla, componente del comitato tecnico-scientifico dell’ONA, ha chiarito che già nel primo anno dalla diagnosi più del 70% delle vittime ha un esito infausto con morte atroce.

Perché l’Italia è il Paese più colpito?

La spiegazione dietro questo triste primato risiede nell’enorme quantità di amianto utilizzata in nel nostro Paese fino alla sua messa al bando nel 1992.

«L’Italia ha fatto un uso smisurato di amianto fino al 1992», afferma l’avvocato Bonanni. Si stima che nel Paese vi siano ancora 40milioni di tonnellate di amianto in attesa di bonifica, di cui 34milioni in matrice compatta e il resto friabile. Una condizione estremamente pericolosa per la salute pubblica.

La difficoltà maggiore è stata la mancanza di una risposta tempestiva: una volta identificato il problema, «è venuta meno la capacità di bonificare e neutralizzare l’impatto degli agenti cancerogeni attivi», continua il presidente ONA.

Ma non è solo la bonifica a preoccupare gli esperti. Come spiega il professor Montilla, il mesotelioma può manifestarsi anche quarant’anni dopo l’esposizione all’asbesto. Cosa che rende complessa la sorveglianza sanitaria.

L’uso abnorme di amianto, fino al 20 aprile 1993, data di entrata in vigore del divieto dell’uso di questo materiale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 357 del 1992 e il ritardo delle bonifiche, è la spiegazione dell’alta incidenza di vittime in Italia.

Un sistema di monitoraggio inefficace

Un altro grave problema è la mancanza di dati chiari e completi, soprattutto in alcune regioni italiane. «C’è qualcosa che non va, perché il dato che abbiamo è eccessivamente fluttuante in riferimento agli andamenti epidemiologici», spiega Bonanni, riferendosi alla raccolta di dati da parte del Registro Nazionale dei Mesoteliomi (Renam), gestito dall’Inail.

Regioni come Abruzzo, Campania e Calabria, ad esempio, spesso non inviano i dati aggiornati dai loro Centri Operativi Regionali, compromettendo così la sorveglianza e gli interventi di prevenzione.

Questa carenza di dati incide direttamente sulla capacità di pianificare una prevenzione efficace. Montilla ha, quindi, sottolineato l’importanza di migliorare la raccolta di dati per poter pianificare efficacemente le strategie di prevenzione del cancro. Ha altresì spiegato che la carenza di informazioni non solo ostacola il progresso nella comprensione della malattia ma limita anche la possibilità di attuare interventi mirati e tempestivi.

Di conseguenza, è fondamentale integrare l’epidemiologia molecolare con quella classica, cioè «associare le informazioni cliniche dei pazienti malati con test genetici specifici». Questo approccio consentirebbe di identificare in anticipo le persone a rischio, permettendo di adottare misure preventive prima che la malattia si manifesti.

Invece di attendere che i pazienti sviluppino il cancro e iniziare solo allora le cure, come l’uso di terapie costose come gli anticorpi monoclonali, Montilla propone, quindi, un cambio di paradigma verso la prevenzione primaria.

In questo contesto, il futuro dell’oncologia dovrebbe concentrarsi sulla realizzazione di test genetici mirati per identificare mutazioni predisponenti. Una volta individuati i soggetti a rischio, sarebbe possibile intervenire per neutralizzare le esposizioni ai fattori cancerogeni, riducendo così il rischio di sviluppo della malattia. Insomma, solo attraverso una strategia di prevenzione integrata, che unisca epidemiologia e genetica, si potranno ottenere risultati significativi nella lotta contro il cancro.

L’illusione del calo dei decessi per l’amianto

Nonostante i dati Eurostat sembrino indicare una diminuzione dei decessi per mesotelioma, sia Bonanni sia Montilla sottolineano che questo non corrisponde alla realtà. «Spesso facciamo riferimento solo ai mesoteliomi da esposizione professionale», afferma l’oncologo. Ma esistono molte altre neoplasie asbesto correlate che non vengono adeguatamente monitorate, come il cancro al pancreas, linfomi e tumori dell’apparato riproduttivo.

Se questi non vengono inclusi nelle statistiche ufficiali, il bilancio dei decessi legati al pericoloso minerale risulta inevitabilmente sottostimato. «Il mesotelioma è una neoplasia rara e i suoi tassi di mortalità sono ridotti dall’uso di immunoterapia e chemioterapia combinata – spiega l’oncologo all’Avvenire -. Ma dobbiamo essere chiari: siamo ancora al palo. Cerchiamo di garantire una qualità della vita più longeva possibile, ma la mortalità a 3 anni resta attorno al 70-80%, nonostante i vantaggi che ci danno anche anticorpi monoclonali e radioterapia».

Altro fattore dal non sottovalutare è la bonifica dei siti contaminati da amianto per la tutela del diritto alla salute.

Il caso della ex Pertusola di Crotone: un’emergenza irrisolta

Un esempio emblematico dell’inadeguatezza delle bonifiche in Italia è rappresentato dalla ex Pertusola di Crotone, un impianto industriale che ha operato per decenni nella lavorazione di metalli e la cui eredità è un disastro ambientale che colpisce la salute dei cittadini. Nell’area circostante la fabbrica, i livelli di contaminazione da eternit e altri agenti tossici rimangono estremamente elevati e mettono a rischio sia la popolazione locale sia l’ambiente.

Montilla denuncia questa situazione come «un fatto gravissimo». Nonostante i rischi ben documentati e la chiara necessità di intervento, le autorità non hanno ancora provveduto alla completa bonifica del sito.

Questo ha portato a una continua esposizione degli abitanti della zona, con conseguenze letali. Il professore avverte che «le persone continuano a inalare le fibre letali e a morire. Il vero nodo sono i ritardi nella prevenzione» e nelle operazioni di bonifica. La situazione di Crotone è purtroppo solo una delle tante in Italia, dove la lentezza burocratica e la mancanza di fondi compromettono la salute pubblica.

Numero verde ONA

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