L’EUROPA AFFRONTA UNA FASE DECISIVA DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA. TRA CRISI GLOBALI, SFIDE ENERGETICHE E NUOVI EQUILIBRI GEOPOLITICI, IL VECCHIO CONTINENTE CERCA DI RILANCIARE LA SUA ECONOMIA VERDE, PUNTANDO SU INNOVAZIONE, SOSTENIBILITÀ E COMPETITIVITÀ PER NON PERDERE TERRENO NELLA CORSA MONDIALE
Transizione ecologica europea tra sfide e nuovi scenari globali
La transizione ecologica nell’Unione Europea attraversa una fase complessa. Crescono le spinte verso un rallentamento, mentre si moltiplicano le tensioni internazionali.
Da un lato, la nuova presidenza Trump avvia un’offensiva contro le politiche climatiche e ambientali. Dall’altro, la Cina accelera con decisione la propria espansione nel settore delle produzioni green.
Di queste dinamiche si è discusso a Rimini, durante gli Stati Generali della Green Economy, nell’ambito della fiera Ecomondo. Gli esperti hanno ribadito la necessità di valorizzare i risultati già raggiunti e rendere più competitive le produzioni verdi europee. Solo così sarà possibile proseguire con efficacia nella transizione ecologica, evitando di vanificare gli investimenti realizzati finora.
«Risulta sempre più evidente – ha affermato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – che per portare avanti la transizione ecologica è necessario che l’Unione Europea faccia passi avanti nel superamento delle frammentazioni nazionali che ne paralizzano l’operatività e l’efficacia, e nel rafforzamento democratico delle istituzioni europee e delle politiche comunitarie. Del resto, una transizione ecologica efficace renderebbe l’Unione Europea economicamente e politicamente più forte. Una retromarcia metterebbe invece in crisi non solo le politiche climatiche e ambientali, ma il modello sociale e di sviluppo europeo».
Jeffrey Sachs, economista e professore alla Columbia University di New York, intervistato agli Stati Generali sottolinea che però «Bruxelles è troppo concentrata sulla propaganda bellica. Dovrebbe concentrarsi sull’economia verde per la prosperità economica dell’Europa, la sua leadership globale e la sua sicurezza climatica».
I numeri della transizione verde europea
Dipendenza dai fossili e riduzione delle emissioni
L’Europa ha un interesse non solo ambientale, ma anche economico nella decarbonizzazione.
Il continente si riscalda più rapidamente del resto del pianeta: il 2024 è stato l’anno più caldo degli ultimi 100mila anni, con un aumento medio di +1,6°C rispetto ai livelli preindustriali.
Gli eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica hanno provocato 738 miliardi di euro di danni tra il 1980 e il 2023.
Nel 2024, l’Unione Europea ha speso 375,9 miliardi di euro per importare combustibili fossili, un costo che pesa sulla competitività industriale.
C’è però un dato incoraggiante: tra il 1990 e il 2023 le emissioni di gas serra in Europa sono diminuite del 37%, un traguardo raggiunto con equilibrio economico e sociale.
Risparmio energetico ed efficienza: la chiave per ridurre i costi
L’Unione Europea punta a un risparmio energetico dell’11,7% entro il 2030. Tuttavia, con gli impegni attuali, il risultato atteso si ferma al 5,8%.
Servono sforzi più decisi per ridurre i consumi energetici negli edifici, nei sistemi di riscaldamento e raffrescamento e nel settore dei trasporti.
Nel 2023, i trasporti hanno registrato consumi di energia superiori del 14% rispetto al 1990, segno che la transizione in questo ambito procede lentamente.
Energia rinnovabile in crescita ma ancora poco usata nei trasporti
Le energie rinnovabili continuano a crescere in Europa. Nel 2024 hanno coperto il 47,4% della produzione elettrica, superando nel giugno 2025 la soglia del 50%.
La produzione solare ha raggiunto i 300 TWh, con un aumento del 22% rispetto al 2023. Anche l’eolico è in forte espansione, passando da 21 TWh nel 2000 a 477 TWh nel 2024.
Se le fonti rinnovabili raggiungessero il 77% dell’elettricità entro il 2030, il prezzo medio all’ingrosso dell’energia potrebbe calare del 57%.
Nonostante ciò, nei trasporti le rinnovabili coprono solo il 9,6% dei consumi, lontane dal 29% previsto al 2030.
Economia circolare: una leva per sostenibilità e competitività
Negli ultimi cinque anni la produttività delle risorse in Europa è cresciuta del 37%, passando da 2,2 a 3 euro per chilogrammo.
Anche il riciclo dei rifiuti urbani è in aumento: dal 35,2% nel 2018 al 48,2% nel 2023.
Tuttavia, il tasso di utilizzo circolare dei materiali resta basso e quasi immobile, passando dal 10,7% nel 2010 all’11,8% nel 2023.
Nel frattempo, cresce la quantità di materiali consumati e oltre il 52% dei minerali metalliferi utilizzati nell’UE proviene dall’importazione.
Ben 34 materie prime sono considerate critiche, molte delle quali dipendono da un solo Paese fornitore.
La Cina, ad esempio, garantisce il 100% delle terre rare utilizzate dall’Europa.
Tra queste, 17 materie prime sono definite strategiche per settori chiave come energie rinnovabili, mobilità elettrica, industria, tecnologie digitali e difesa.
Capitale naturale e consumo di suolo: una priorità da affrontare
La tutela del capitale naturale europeo resta una sfida urgente.
Il consumo di suolo continua a crescere, mentre oltre il 60% dei terreni dell’Unione è soggetto a degrado.
Questa situazione riduce la produttività agricola, altera i cicli ecologici e limita la capacità del suolo di trattenere acqua e nutrienti.
Nel 2022, il 10,5% delle terre agricole europee era gestito con metodi biologici, rispetto al 5,6% del 2012. Tuttavia, la quota resta lontana dall’obiettivo del 25% entro il 2030.




