IL TRIBUNALE SUPERIORE DI GALIZIA HA STABILITO CHE L’INQUINAMENTO CAUSATO DALL’ALLEVAMENTO INTENSIVO VIOLA I DIRITTI UMANI. UNA DECISIONE SENZA PRECEDENTI CHE IMPONE ALLE AUTORITÀ L’OBBLIGO DI RIPRISTINARE L’AMBIENTE E TUTELARE LA SALUTE DEI CITTADINI. IL CASO DI A LIMIA POTREBBE APRIRE LA STRADA A MOLTE ALTRE AZIONI LEGALI IN EUROPA
La battaglia di A Limia per aria, acqua e dignità
Nel cuore della Galizia, nel nord-ovest della Spagna, sorge la valle di A Limia. Un tempo luogo di campi fertili e acque limpide, oggi è diventata un simbolo di resistenza contro l’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi.
Nella zona si concentrano centinaia di allevamenti di suini e polli, che producono grandi quantità di deiezioni animali. Questi liquami finiscono spesso nelle falde acquifere e nei corsi d’acqua, provocando gravi problemi ambientali e sanitari.
A subire le conseguenze dirette sono gli abitanti della zona di As Conchas, dove l’aria è diventata irrespirabile e le acque sono contaminate da nitrati, batteri e antibiotici. Ma questa volta i cittadini non si sono arresi.
Allevamento intensivo: causa civile per i diritti umani
Sette residenti, insieme all’associazione di quartiere di As Conchas e a diverse organizzazioni di consumatori e ambientaliste, si sono rivolti alla giustizia. Hanno citato in giudizio le autorità comunali, regionali e statali, accusandole di aver ignorato per anni l’inquinamento ambientale.
La loro azione ha avuto successo. Con una sentenza storica, il Tribunale superiore di giustizia della Galizia ha dato loro ragione. I giudici hanno riconosciuto che la passività delle autorità ha comportato una violazione dei diritti umani fondamentali.
Secondo la sentenza, l’inquinamento del bacino fluviale di As Conchas rappresenta una lesione grave del diritto alla salute, alla qualità della vita e a un ambiente sano. I giudici si sono basati sulla Costituzione spagnola, sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e sulle normative ambientali dell’Unione Europea.
Un ambiente sano è un diritto umano
La sentenza spagnola segna un cambio di paradigma. Per la prima volta, un tribunale collega in modo diretto l’inquinamento ambientale al concetto di diritti umani.
Nella motivazione si legge che “i diritti umani e la protezione dell’ambiente sono interdipendenti”. Senza un ambiente salubre, non è possibile garantire diritti fondamentali come la salute, l’accesso all’acqua potabile, l’abitazione o la partecipazione alla vita culturale.
L’impatto degli allevamenti intensivi, in questo caso, va ben oltre la puzza o l’inquinamento visibile. Si traduce in mancanza di benessere, in malattie respiratorie, in contaminazione delle falde e nel degrado di un intero territorio.
Allevamento intensivo: nitrati, batteri e antibiotici nelle acque
I dati ambientali parlano chiaro. Nel fiume Limia, i livelli di nitrati superano fino a mille volte i limiti legali. Sono sostanze potenzialmente cancerogene, prodotte dalla fermentazione delle deiezioni animali.
Non solo. Le acque della zona presentano frequentemente fioriture di cianobatteri, organismi tossici che si sviluppano in presenza di azoto e fosforo in eccesso.
Sono stati rilevati anche batteri resistenti agli antibiotici, un problema sanitario di portata globale. Gli antibiotici utilizzati negli allevamenti intensivi, infatti, finiscono spesso nelle acque, favorendo lo sviluppo di ceppi batterici difficili da trattare.
Le autorità dovranno agire subito
Secondo il tribunale, le autorità pubbliche hanno l’obbligo legale di agire. La Xunta de Galicia e la Confederación hidrográfica del Miño-Sil dovranno adottare tutte le misure necessarie per eliminare i cattivi odori e il degrado ambientale nella zona.
Non si tratta solo di riparare un danno ambientale, ma di riconoscere e garantire i diritti delle comunità locali. Pablo Álvarez Veloso, presidente dell’associazione di quartiere e uno dei ricorrenti, ha dichiarato che “la sentenza ci dà forza. Non ci fermeremo finché il bacino non tornerà a essere un luogo dove vivere e respirare senza paura”.

La Spagna, gigante europeo della carne suina
La vicenda di A Limia non è isolata. Negli ultimi vent’anni, la Spagna è diventata il primo produttore europeo di carne suina, con oltre 53milioni di suini macellati tra marzo 2024 e febbraio 2025.
Quasi la metà degli allevamenti si trova in piccoli comuni con meno di 5mila abitanti. Sono le cosiddette zone di sacrificio, dove il profitto dell’industria agroalimentare viene anteposto alla salute delle persone e alla tutela dei territori.
Il modello degli allevamenti intensivi consente produzioni massive a basso costo, ma produce scarti, rifiuti e inquinamento su larga scala. In molte regioni rurali, le comunità subiscono danni senza aver voce nelle decisioni.
Una sentenza che può fare scuola
L’avvocata Nieves Noval, di ClientEarth, ha commentato la sentenza sottolineando la sua portata storica. “Le autorità hanno l’obbligo legale di proteggere i diritti fondamentali della popolazione. Non si può costringere nessuno a vivere in un ambiente tossico solo per motivi economici”.
Questa sentenza potrebbe aprire la strada ad altri procedimenti in Spagna e in Europa. In tutti quei luoghi dove le comunità locali vivono accanto a impianti inquinanti, discariche o allevamenti senza tutele.
Le organizzazioni ambientaliste parlano di un possibile cambio sistemico, non solo nelle leggi ma anche nei modelli produttivi. Difendere l’ambiente non è più un lusso, ma una condizione necessaria per la giustizia sociale e la salute collettiva.
Oltre l’allevamento intensivo: quale futuro?
La battaglia di As Conchas pone una domanda chiave: è ancora sostenibile il modello dell’allevamento intensivo? A quale prezzo produciamo la carne che troviamo nei supermercati?
Le alternative esistono. Dalla riduzione del consumo di carne alla promozione di allevamenti estensivi e circolari, fino al sostegno a modelli agroecologici rispettosi della salute e dell’ambiente.
Intanto, la sentenza della Galizia resta un punto fermo. Ha mostrato che la legge può difendere i cittadini, anche contro l’inquinamento nascosto dietro ai cancelli delle grandi aziende.
Il diritto a un ambiente sano non è più solo una rivendicazione etica. È diventato, finalmente, un diritto umano riconosciuto dalla giustizia.