LE PIANTE SONO LE NOSTRE ALLEATE NELLA LOTTA AL RISCALDAMENTO CLIMATICO: UNA NUOVA RICERCA MONDIALE SVELA COME VARIA LA LORO CAPACITÀ DI TRATTENERE IL CARBONIO. IL LAVORO, CUI PARTECIPA IL CNR, OFFRE OLTRE 2.700 STIME GLOBALI SULLA CUE, UN DATO DIECI VOLTE SUPERIORE AL PASSATO, E RILANCIA L’IMPORTANZA DI STRATEGIE BASATE SULLA NATURA E LA RIFORESTAZIONE
L’anidride carbonica? Le piante sanno come usarla
Il pianeta è ricoperto da miliardi di alberi, arbusti, praterie e coltivazioni che ogni giorno interagiscono con l’atmosfera attraverso un ciclo invisibile ma vitale: quello del carbonio.
La fotosintesi è il meccanismo con cui le piante assorbono anidride carbonica (CO₂), trasformandola in biomassa. Ma quanto di quel carbonio rimane effettivamente intrappolato nella materia vegetale e quanto viene restituito all’atmosfera?
A questa domanda ha provato a rispondere uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution, frutto di una collaborazione internazionale cui ha partecipato anche il Cnr-Isafom. Il risultato è una mappa globale senza precedenti dell’efficienza con cui la vegetazione terrestre utilizza il carbonio, tecnicamente definita Carbon Use Efficiency (CUE).
Cos’è la CUE e perché è così importante?
La CUE rappresenta il rapporto tra il carbonio assorbito dalle piante e quello effettivamente trattenuto in forma di biomassa (zuccheri, lignina, foglie, radici) senza tornare subito nell’atmosfera. In parole semplici, è un indice che misura la capacità delle piante di sequestrare carbonio a lungo termine.
Fino a oggi, la maggior parte delle ricerche si è concentrata su quanta CO₂ viene catturata con la fotosintesi. Ma con questo studio l’attenzione si sposta su quanto bene le piante riescano a utilizzarla. È un cambiamento di prospettiva fondamentale, perché non è sufficiente assorbire: è necessario trattenere.
CUE: oltre 2.700 stime globali
La nuova ricerca, guidata dal primo ricercatore Alessio Collalti, ha costruito un database enorme: 2.700 stime di CUE, dieci volte di più rispetto ai dati disponibili finora. Le informazioni sono state raccolte grazie alle torri eddy covariance, strumenti capaci di misurare lo scambio di carbonio tra suolo, vegetazione e atmosfera in tempo reale.
Questa mole di dati ha permesso di osservare che l’efficienza cambia notevolmente tra le varie regioni del mondo, ma anche tra diversi tipi di ecosistema: le foreste decidue sono più efficienti di quelle sempreverdi; le praterie e le colture agricole spesso superano in efficienza i boschi naturali; le savane, infine, mostrano i valori più bassi.
CUE: la cattura del carbonio come strategia climatica
Il concetto di Carbon Use Efficiency ha implicazioni dirette per le politiche ambientali. Più un ecosistema è efficiente, maggiore è il suo contributo alla mitigazione del cambiamento climatico.
Capire dove e quando le piante funzionano meglio può aiutare a progettare riforestazioni più efficaci, scegliere specie più adatte al contesto e investire dove il carbonio può essere stoccato più a lungo.
Per questo la cattura del carbonio naturale è oggi al centro delle cosiddette Nature-Based Solutions: soluzioni basate sulla natura che puntano a rallentare il riscaldamento globale senza interventi industriali invasivi. Tra queste ci sono la riforestazione, la restaurazione di torbiere e la protezione delle praterie marine.

Cattura naturale vs cattura industriale
Negli ultimi anni si è molto parlato di tecnologie per la cattura diretta del carbonio (DAC, Direct Air Capture), sistemi industriali in grado di aspirare CO₂ dall’aria. Ma questi dispositivi sono ancora molto costosi, energivori e limitati nella scala.
Al contrario, la vegetazione terrestre — se gestita correttamente — offre un sistema naturale, economico ed efficace per ridurre il carbonio atmosferico. La vera sfida è comprendere quali ecosistemi funzionano meglio, in quali condizioni e con quali tempistiche. Lo studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution è un grande passo in questa direzione.
CUE: un parametro dinamico, da monitorare nel tempo
La CUE non è un valore fisso: cambia con le stagioni, con l’età della pianta, con le condizioni climatiche e con la biodiversità dell’ecosistema. È per questo che i ricercatori chiedono investimenti stabili per il monitoraggio a lungo termine. Solo così potremo sapere se, e quanto, un bosco o una prateria stanno facendo la loro parte nella lotta alla crisi climatica.
Le tecnologie di telerilevamento, i modelli di simulazione ecologica e le nuove reti di osservazione renderanno sempre più semplice misurare l’efficienza della cattura biologica di carbonio. Un campo di ricerca che oggi è fondamentale non solo per la scienza, ma anche per le scelte politiche e per il futuro del nostro pianeta.