IN UN MONDO CHE CORRE VERSO IL FUTURO IGNORANDO LE LEZIONI DEL PASSATO, NEL SUO LIBRO “LA STORIA PER UN DOMANI POSSIBILE” ROMAN KRZNARIC CI INVITA A RISCOPRIRE LA STORIA COME STRUMENTO DI CAMBIAMENTO. UN VIAGGIO TRA CIVILTÀ DIMENTICATE E IDEE RIVOLUZIONARIE PER IMMAGINARE UN DOMANI PIÙ GIUSTO E SOSTENIBILE
Se il presente appare come un irreversibile dato di fatto, il passato è utile soprattutto per suggerirci possibilità che altrimenti non prenderemmo mai in considerazione; può metterci in guardia ma anche ispirarci
Howard Zinn
Quando la storia accende il futuro: la lezione dimenticata del passato
Un archivio di soluzioni per il presente
Nel suo nuovo libro “La storia per un domani possibile”, Roman Krznaric non si limita a raccontare il passato: lo trasforma in uno strumento per affrontare le crisi del presente. Come mappe tattili usate dagli Inuit – popolo indigeno originario della Groenlandia – per navigare nel buio, le esperienze storiche diventano punti di riferimento per orientarci tra i pericoli contemporanei: collasso climatico, guerre, intolleranza, diseguaglianze.

Krznaric rovescia l’idea dominante secondo cui il futuro vada inventato da zero. Mostra invece come molte soluzioni siano già state sperimentate. Basta guardare indietro con occhi nuovi.
Krznaric propone una visione ottimista della storia come risorsa per affrontare le crisi attuali. Analizza il consumismo come costruzione culturale nata con i grandi magazzini, e invita a superarlo tramite un’economia rigenerativa. Infine, mostra come pratiche simili ai social media esistessero già nell’antica Roma, evidenziando che le tecnologie sociali non sono una novità.
Civiltà perdute, speranze ritrovate
Dal Giappone preindustriale alla Córdoba dell’anno Mille, dalla Singapore post-coloniale al Kerala ottocentesco, la storia è costellata di esempi virtuosi. Comunità capaci di vivere con tolleranza, rigenerare le risorse, valorizzare l’istruzione e la parità di genere. Esperienze spesso dimenticate, ma oggi più che mai attuali.
Secondo Krznaric, il passato non è solo un archivio di errori, ma una miniera di buone pratiche. I tribunali dell’acqua di Valencia, la gestione collettiva dei beni comuni, l’economia circolare delle società tradizionali: tutto può ispirare un nuovo modello di civiltà.
Il consumismo? Una recente invenzione
Krznaric racconta anche la storia del consumismo, nato a Parigi nel 1872 con l’inaugurazione del Bon Marché, il primo grande magazzino moderno. Da allora, il consumo è diventato un culto. La pubblicità ha imparato a generare desideri infiniti, trasformando lo shopping in una forma di identità.
Oggi, però, paghiamo il conto. La corsa agli acquisti ha un impatto ecologico devastante. Rifiuti, inquinamento, perdita di biodiversità: l’impronta ecologica del Nord globale supera ogni limite sostenibile. Stiamo consumando risorse come se avessimo due pianeti a disposizione. Ma ne abbiamo solo uno.
Dal Capitolo: Biofilia e riconciliazionecon il mondo vivente
“Come osserva la biologa ambientale Robin Kimmerer Wall, “La biodiversità sta diminuendo pericolosamente in tutto il pianeta, ma i tassi di perditasono decisamente molto più bassi nelle aree sotto il controllo degli indigeni”. Mentre continuiamo a devastare i nostri ecosistemi, come suggerisce la biologa – scrive Krznaric – sarebbe urgente attingere alla saggezza indigena, non chiedendoci “Che cosa possiamo ancora ricavare dalla Terra?”, ma piuttosto “Che cosa ci chiede la Terra?”. Dobbiamo lasciare un mondo che sia “ricco per la settima generazione così come lo è per noi”, scrive l’autrice”.
Un nuovo paradigma: il design rigenerativo
La via d’uscita? Non basta diventare “consumatori verdi”. Serve un cambio di paradigma: progettare economie che rispettino i limiti ecologici del pianeta. È il principio del design rigenerativo, ispirato alle culture indigene e all’economia ecologica. Un’idea radicale ma concreta, già praticata in diverse comunità nel mondo.
La storia può offrirci gli strumenti per liberarcene. Non è solo un’eredità, ma un laboratorio per immaginare ciò che ancora non esiste.
Anche i Romani avevano i social
Sorprendentemente, Krznaric ci porta anche nell’Antica Roma per svelarci un’analogia curiosa: i Romani avevano una forma primitiva di social media. Cicerone scriveva lettere che circolavano tra amici, venivano copiate, commentate, condivise. Le abbreviazioni erano comuni, i messaggi giravano su tavolette di cera, gli “Acta Diurna” erano gli antenati dei feed di notizie.
Una prova che le tecnologie cambiano, ma i bisogni umani restano: comunicare, condividere, costruire reti.
Guardare al passato come una bussola
La lezione finale di Krznaric è incisiva: se vogliamo salvarci, dobbiamo smettere di guardare il passato come un fardello. Dobbiamo iniziare a vederlo come una bussola. Solo così potremo navigare il futuro senza andare alla deriva.
“La storia per un domani possibile” di Roman Krznaric per Edizioni Ambiente