A GINEVRA FALLISCE IL NEGOZIATO PER UN TRATTATO GLOBALE CONTRO L’INQUINAMENTO DA PLASTICA. DIVISIONI PROFONDE OPPONGONO “PAESI AMBIZIOSI” E BLOCCO PETROLCHIMICO, MENTRE LA PRODUZIONE MONDIALE CONTINUA A CRESCERE E MINACCIA DI SUPERARE 1,2 MILIARDI DI TONNELLATE ENTRO IL 2060
Fallisce a Ginevra l’accordo sul trattato globale contro la plastica
Dieci giorni di negoziati senza esito
Dal 5 agosto, 185 nazioni si sono riunite a Ginevra per redigere un testo storico contro l’inquinamento da plastica. Dopo dieci giorni di trattative intense, la notte tra il 14 e il 15 agosto si è conclusa senza un accordo.
La sessione negoziale INC5-2, iniziata nella capitale elvetica il 5 agosto, doveva terminare a mezzanotte del 14 agosto. Le divisioni tra i due fronti sono rimaste profonde.
Due fronti contrapposti
Da una parte, il blocco “ambizioso” – Unione Europea, Canada, Australia, Paesi dell’America Latina, dell’Africa e molte nazioni insulari – vuole ridurre la produzione mondiale di plastica e ripulire il pianeta.
Dall’altra, un gruppo guidato da Paesi produttori di petrolio rifiuta restrizioni sugli idrocarburi – base dell’industria della plastica – e divieti su molecole o additivi pericolosi.
Una strategia per rinviare l’accordo
I Paesi contrari hanno adottato una strategia mirata a prolungare i negoziati senza raggiungere risultati. Anche stavolta la tattica ha funzionato.
Dati OCSE sull’inquinamento da plastica
Secondo il Global Plastics Outlook dell’OCSE, tra il 2019 e il 2020 la plastica prodotta e smaltita annualmente era di circa 353 milioni di tonnellate.
Oggi si stima un valore tra 350 e 370 milioni di tonnellate all’anno. Se le politiche non cambiano, entro il 2060 la cifra supererà 1,2 miliardi di tonnellate.

Il blocco petrolchimico
Nella sessione di novembre 2024 a Busan, in Corea del Sud, Arabia Saudita, Russia e Iran – tre dei maggiori produttori mondiali di petrolio – avevano respinto ogni misura per ridurre la plastica.
Delphine Lévi Alvarès, del Center for International Environmental Law, parla di “blocco petrolchimico”, che include oltre ad Arabia Saudita, Russia e Iran, anche Iraq, Kuwait, Egitto e Paesi “meno” visibili come Kazakistan e Azerbaigian. Gli Stati Uniti, primo produttore mondiale di petrolio, “adottano posizioni simili”, aggiunge l’attivista. Sono tutti Paesi di dimensioni diverse ma con un punto in comune: “producono tutti petrolio e investono nella produzione di plastica, in patria o all’estero”.
Interessi economici e petrolchimica
Molti di questi Paesi producono petrolio e investono nella plastica. Sono anche grandi produttori di derivati petrolchimici. Limitare l’espansione del settore andrebbe contro i loro interessi economici.
Per loro, la crescita prevista della plastica è un’opportunità. Con il calo della domanda di combustibili fossili nei trasporti, la plastica diventa un nuovo sbocco per l’ “oro nero”.
Vision 2030 e la priorità saudita
Ridurre la produzione globale di plastica danneggerebbe le strategie di Stati e colossi petroliferi già attivi nel settore. Alcuni, come l’Arabia Saudita, fanno della petrolchimica un pilastro del piano Vision 2030.
Per il principe ereditario Mohammed bin Salman, questo settore è essenziale per la diversificazione economica e sociale del regno.
La tattica del riciclo
Dietro l’opposizione si nasconde un interesse economico. I Paesi contrari chiedono che il trattato si concentri sul riciclo, che considerano un problema solo a fine vita del prodotto.
Ma oggi solo il 9% dei rifiuti plastici mondiali viene riciclato. Lévi Alvarès parla di “tattica di distrazione” per evitare di ridurre la produzione.
Un compromesso impossibile
La notte del 15 agosto, un testo di compromesso con oltre cento punti irrisolti è stato respinto. “Non avremo un trattato sulla plastica qui a Ginevra”, ha detto il rappresentante della Norvegia.
India e Uruguay hanno riconosciuto l’incapacità di raggiungere un consenso.

Reazioni e delusione
L’AFP, Agence France-Presse, segnala incertezza sul futuro dei negoziati. L’Uganda chiede una nuova sessione. La commissaria UE Jessika Roswall parla di “buona base” per riprendere il dialogo.
Il diplomatico ecuadoriano Luis Vayas Valdivieso, già presidente dei negoziati falliti a Busan, dovrebbe intervenire in conferenza stampa.
Le accuse della Francia
La ministra francese Agnès Pannier-Runacher si è detta “delusa” e “arrabbiata”. Ha accusato “pochi Paesi, guidati da interessi finanziari a breve termine”, di bloccare un trattato ambizioso.
Le voci dalle isole e dall’Africa
Il delegato di Tuvalu (Polinesia) ha parlato di “profonda delusione” per i piccoli Stati insulari, invasi dai rifiuti trasportati dalle correnti oceaniche.
Anche in Africa domina la frustrazione: il continente attendeva il trattato per affrontare le montagne di plastica provenienti dal Nord.
Dubbi sul futuro
Molti osservatori non credono che una nuova sessione porti maggiore collaborazione da parte dei Paesi contrari. Le ONG, molto attive, hanno espresso grande delusione.
Alcuni analisti ricordano che altri accordi internazionali, come quelli sul clima, hanno richiesto anche vent’anni per concretizzarsi.
Fonte: rfi.fr
Nella foto di copertina, oggetti di plastica sono visibili accanto a un’opera d’arte dell’artista canadese Benjamin Von Wong realizzata appositamente per i negoziati sul Trattato sulla plastica, in Place des Nations, davanti alla sede europea delle Nazioni Unite a Ginevra, in Svizzera, lunedì 4 agosto 2025 ( Photo © Salvatore di Nolfi / AP)