NELLE ESTATI SEMPRE PIÙ ROVENTI, MILIONI DI PERSONE NON POSSONO PERMETTERSI UN CLIMA VIVIBILE NELLE PROPRIE CASE. LA COOLING POVERTY È LA NUOVA FRONTERA DELLA DISUGUAGLIANZA ENERGETICA. A RISCHIO SONO SOPRATTUTTO ANZIANI, BAMBINI, MALATI E FAMIGLIE FRAGILI. MA CITTÀ E ASSOCIAZIONI STANNO INIZIANDO A REAGIRE, CREANDO RIFUGI CLIMATICI E PROMUOVENDO DIRITTI TERMICI PER TUTTI.
Cos’è la cooling poverty?
La cooling poverty è la nuova povertà legata al cambiamento climatico e al riscaldamento globale. Non tutti infatti hano risorse adatte a mantenere una temperatura nelle proprie case adeguata durante i periodi di caldo estremo.
Questo avviene per mancanza di risorse economiche, di infrastrutture adeguate o di accesso a tecnologie di raffrescamento.
Il termine deriva da “fuel poverty”, cioè la povertà energetica legata al freddo. In entrambi i casi, chi vive in questa condizione rischia la salute e la vita. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera 24-26 °C una soglia accettabile per il benessere termico in estate. Tuttavia, molte abitazioni superano i 30 °C per giorni interi.
Cooling poverty: una nuova emergenza globale
La povertà da caldo è un fenomeno in forte crescita a causa della crisi climatica. Le ondate di calore sono più frequenti, intense e durature. Colpiscono soprattutto chi vive in quartieri densamente urbanizzati, senza verde o ventilazione.
Nel mondo, oltre un miliardo di persone non ha accesso a sistemi di raffrescamento. Ma anche nei paesi ricchi, il problema è concreto. In Italia, circa 9milioni di persone vivono in condizione di povertà energetica. Tra questi, sempre più famiglie non riescono a difendersi dal caldo.
Cooling poverty: chi è più vulnerabile?
I soggetti più colpiti dalla cooling poverty sono gli anziani soli, i bambini piccoli, i malati cronici e le persone con disabilità. Spesso vivono in case mal isolate, in edifici popolari o periferie urbane.
Anche le famiglie a basso reddito, con contratti precari o disoccupazione, non possono permettersi un climatizzatore. Oppure lo usano con estrema parsimonia, per paura di ricevere bollette insostenibili.
Cooling poverty: i rischi per la salute
Sottovalutare il caldo estremo può essere fatale. L’ipertermia, i colpi di calore, la disidratazione e lo stress cardiovascolare aumentano drasticamente con le alte temperature. Durante l’estate 2022, in Europa, si sono registrati oltre 60mila decessi legati al caldo.
Il disagio termico influisce anche sul benessere mentale, sul sonno, sulla capacità di concentrazione. Chi vive in cooling poverty non riesce a lavorare, studiare o riposare adeguatamente, con conseguenze profonde sulla qualità della vita.
Cosa sono i rifugi climatici?
Un rimedio concreto alla povertà da caldo sono i climate shelters, ovvero rifugi climatici. Si tratta di spazi pubblici climatizzati, aperti gratuitamente durante le ore più calde della giornata. Possono essere biblioteche, musei, scuole, centri civici, palestre o chiese.
Questi spazi offrono un ambiente fresco, sicuro e accogliente. Permettono di prevenire i rischi sanitari legati al caldo e di contrastare l’isolamento sociale. Alcune città li attivano solo in caso di allerta, altre li rendono permanenti nei mesi estivi.
Città italiane in prima linea
A Milano, Bologna, Torino, Roma e Napoli stanno nascendo reti di rifugi urbani. Sono frutto della collaborazione tra Comuni, ASL, associazioni e cittadini. Spesso si tratta di un sistema integrato con servizi sociali, distribuzione di acqua e kit estivi.
Milano, ad esempio, ha mappato oltre 600 spazi pubblici idonei. Bologna ha creato un’app che segnala in tempo reale i luoghi freschi disponibili. Anche i trasporti gratuiti per anziani e fragili verso questi luoghi sono sempre più diffusi.
La campagna di Legambiente contro la povertà da caldo
Legambiente ha lanciato nel 2024 la campagna Che caldo che fa!, per accendere i riflettori sul tema. L’obiettivo è trasformare il diritto al raffrescamento in una priorità sociale e politica. Si tratta di una campagna di citizen science, realizzata in collaborazione con la Fondazione Banco dell’Energia per monitorare e analizzare le criticità nelle maggiori città italiane, formulare proposte concrete e stimolare le amministrazioni comunali a intervenire.
L’associazione chiede che i Piani Nazionali Energia e Clima includano azioni concrete contro la cooling poverty. Propone incentivi per climatizzatori efficienti, comunità energetiche solidali e interventi di edilizia sostenibile nei quartieri popolari.

Diritto al raffrescamento per tutti
Secondo Legambiente, il raffrescamento deve diventare un diritto fondamentale, come il riscaldamento. Bisogna superare la logica del condizionatore come bene di lusso. Servono soluzioni collettive, accessibili e ambientali.
Il rischio è creare una frattura sociale tra chi può difendersi dal caldo e chi no. Per questo, la transizione ecologica deve includere giustizia climatica, resilienza urbana e inclusione sociale. Nessuno deve restare intrappolato nel calore.
Qui trovate i consigli del ministero della Salute per difendersi dal caldo e aiutare le persone più fragili.
Raffrescare le città in modo sostenibile
Non basta installare condizionatori. Serve un ripensamento degli spazi urbani. Ombreggiamento, verde pubblico, tetti bianchi, ventilazione naturale e materiali riflettenti sono strumenti efficaci per raffrescare le città in modo sostenibile.
Anche l’architettura bioclimatica può aiutare. Costruire o ristrutturare tenendo conto dell’orientamento, dei flussi d’aria e della coibentazione riduce la necessità di energia. Così si protegge la salute e si tutela il clima.