LA CRONACA AMPLIFICA TIMORI INFONDATI SUL LUPO, COSTRUENDO UN CLIMA D’ALLARME LONTANO DA DATI E REALTÀ SCIENTIFICA. UNA LETTERA APERTA DI STUDIOSI E AMBIENTALISTI INVITA A RECUPERARE RIGORE E RESPONSABILITÀ NEL RACCONTARE UN PREDATORE ESSENZIALE PER L’EQUILIBRIO ECOLOGICO ITALIANO
Superare narrazioni sensazionalistiche e restituire al lupo il suo ruolo reale
Sulle prime pagine e nei post che viaggiano sui social compaiono titoli allarmistici sul lupo in Italia, spesso ripetuti senza verifiche: “Lupi vicino alle case”, “Emergenza predatori”, “Allarme nelle campagne”.
Una narrazione che, pur nella sua forza visiva, si rivela quasi sempre scollegata dai dati, dai comportamenti reali della specie e dall’evoluzione scientifica degli ultimi decenni.
Contro questa deriva prende posizione una lettera aperta firmata da studiosi, ambientalisti, fotografi naturalisti, giuristi ed etologi antispecisti. Si tratta di un appello articolato, più vicino a un invito alla responsabilità civile che a una denuncia polemica.
Gli autori chiedono alla stampa e ai comunicatori di tornare a un’informazione fondata su rigore, metodo e consapevolezza, ricordando che il lupo è non solo un animale protetto, ma un tassello essenziale dell’equilibrio ecologico italiano.
L’obiettivo non è negare le complessità della convivenza, ma ricondurre il dibattito alla sua dimensione reale. I firmatari parlano di “informazione equilibrata, scevra da sensazionalismi e da elementi privi di riscontro scientifico”, denunciando un modello comunicativo che spesso confonde i lupi con i cani-lupo cecoslovacchi, attribuisce alla specie azioni mai avvenute o presenta come emergenze episodi isolati, decontestualizzati o mal interpretati.
Il lupo in Italia: la costruzione della paura
La distanza tra racconto mediatico e realtà ecologica è evidente a chi studia il fenomeno da vicino. La crescita della popolazione di lupi in Italia non è frutto di reintroduzioni, come a volte viene suggerito in articoli e titoli spregiudicati, ma l’esito di una dinamica spontanea che coinvolge tutta l’Europa da oltre trent’anni.
La disponibilità di fototrappole, videocamere di sorveglianza e smartphone produce un effetto moltiplicatore: ciò che prima sfuggiva alla vista oggi appare quotidiano, rafforzando l’idea di una presenza invadente che in realtà non c’è.
Gli avvistamenti vicino ai centri abitati non corrispondono a un aumento dell’aggressività, ma a una combinazione di fattori umani: boschi frammentati, rumori, attività venatorie, cantieri, strade.
Disturbi che spingono gli animali a cercare corridoi più sicuri e a muoversi in orari e luoghi dove le telecamere li catturano con facilità. Senza dimenticare i giovani in dispersione, che attraversano territori sconosciuti prima di stabilizzarsi altrove: una fase fisiologica e non un segnale di “attacco alle città”.
Ci vuole etica e comunicazione sana ed equilibrata
Eppure questa complessità raramente emerge nelle narrazioni che dominano i social e alcune testate; un singolo video può scatenare un’ondata di commenti carichi di paura, indignazione o aggressività, mentre si moltiplicano inviti a misure drastiche che non trovano alcun fondamento né legale né scientifico.
Riteniamo, dicono, per tutti i motivi sopra riportati, che sia di fondamentale importanza, soprattutto in un momento così critico e nefasto per la fauna selvatica, che i giornalisti si avvalgano di quel principio fondamentale chiamato etica, e che si adoperino in una comunicazione sana ed equilibrata, come deontologia comanda, onde evitare allarmismo, isteria collettiva e gente che si sentirà legittimata ad agire con metodi subdoli e irrispettosi delle leggi vigenti.

Le voci degli esperti: «il lupo non rappresenta un pericolo per l’uomo»
Tra i firmatari della lettera c’è Antonio Iannibelli, fotografo naturalista e guardia ecologica volontaria, che racconta una vita trascorsa nei boschi senza mai aver percepito un rischio reale: “Pur entrando spesso nei loro territori, non ho mai avvertito la minima sensazione di essere attaccato, anzi mi sono sentito io l’intruso”.
La paura, per lui, ha un altro volto: quello del bracconaggio, delle attività illegali, dei cacciatori che frequentano aree protette.
Un altro contributo arriva dall’etologo antispecista Francesco De Giorgio, che invita a guardare alla paura come un prodotto culturale sedimentato nei secoli: un immaginario antico, modellato su leggende, fiabe e racconti che hanno costruito un antagonista più simbolico che reale.
Recuperare la conoscenza diretta degli animali – quella che lui chiama “educazione all’animalità” – sarebbe un antidoto efficace alle distorsioni narrative che dominano oggi.
Una prospettiva più pedagogica è offerta da Bruna Bianchi, storica e studiosa della cultura della nonviolenza. Ricorda come il lupo sia da secoli un capro espiatorio ideale e come questa figura continui a emergere nei media anche quando i fatti non la giustificano.
Le parole di Daniela Stabile
Daniela Stabile, attivista/volontaria, appassionata di fauna selvatica ma, prima di tutto, un’utente che respinge fortemente gli attacchi incessanti alla propria mente e al lupo, afferma: “Ultimamente, affrontare serenamente il tema legato alla tutela della Natura, sembra essere un’ impresa davvero ardua”.
“Essendo un’assidua frequentatrice di boschi, sinceramente, non ho mai riscontrato pericolosità negli animali selvatici che, nella maggior parte delle volte, si sono dimostrati elusivi, schivi e non interessati alla mia persona, anzi, mi è capitato, più e più volte, di vederli scappare via non appena si fossero resi conto della mia presenza.
Fortunatamente, la comunicazione fuorviante messa in atto da molte testate giornalistiche, non mi ha portata a rinunciare alla mia passione: conoscere, studiare e difendere la Vita selvatica.
Camminate tranquillamente nei boschi, ma prestate attenzione agli esseri umani che sono soliti lasciare montagne di rifiuti, appiccare incendi, a commettere altri gravissimi reati e queste pratiche non appartengono di certo alla fauna selvatica che, se lasciata in pace, non rappresenta fonte di pericolo, basta rispettare alcune regole come quella di non dare cibo, non inseguire, non disturbare, non avvicinarsi e tenere i nostri cani al guinzaglio, per il resto, Viva il lupo!”.
Il lupo in Italia: la cornice normativa e i rischi della disinformazione
La lettera ricorda anche che il lupo è una specie rigorosamente protetta dalla normativa italiana ed europea. Le tutele vanno dalla Direttiva Habitat alla legge 157 del 1992, passando per la Convenzione di Berna. La sua uccisione è punita penalmente, così come la diffusione di notizie false che possano creare allarme.
Non si tratta di un dettaglio formale: un titolo sensazionalistico o una ricostruzione inaccurata possono alimentare tensioni sociali, legittimare atti di ostilità e moltiplicare i rischi per la fauna selvatica e per chi frequenta i territori.
Per questo i firmatari invitano i media a consultare biologi, etologi, guardiaparco e realtà di tutela prima di pubblicare contenuti che potrebbero avere conseguenze concrete.
L’informazione, sottolineano i sottoscrittori, è un presidio decisivo per la conservazione della fauna tanto quanto lo sono le misure sul campo.
Tornare al lupo vero, non a quello immaginato
Nelle ultime righe dell’appello, il collettivo dei firmanti invita a «intraprendere un cammino istruttivo», capace di restituire valore a un animale che da sempre accompagna la storia naturale d’Europa. Non un simbolo di minaccia, ma un protagonista essenziale degli equilibri ecologici.
L’obiettivo non è costruire un racconto idilliaco del lupo. È, al contrario, uscire dall’alternativa secca tra lupo-demone e lupo-eroe, per restituirgli la dimensione più vera: quella di un animale selvatico, parte integrante della biodiversità, con cui è possibile convivere attraverso conoscenza, rispetto e responsabilità.
Se i media sapranno scegliere questa via, la qualità del dibattito pubblico ne guadagnerà.
E con essa, la nostra capacità di guardare alla natura senza cedere né alla paura né alla superficialità, ma con quella lucidità necessaria a costruire un futuro in cui umani e selvatici possano davvero condividere gli stessi territori.
Le parti scriventi:
Bruna Bianchi
Daniela Stabile
Stefano Deliperi
Antonio Iannibelli
Francesco De Giorgio
Sottoscrivono il testo le seguenti associazioni:
AVC Associazione Vittime
Italian Wild Wolf Network
Gruppo D’Intervento Giuridico
Sparta Riserva Dell’ Animalità
CABS Italia, l’antibracconaggio






