IL DIBATTITO SUL CSS, IL COMBUSTIBILE SOLIDO SECONDARIO, HA DIVISO LA FIERA DELLA GREEN ECONOMY. TRA IMPRESE DEL RICICLO, MAGISTRATI E ISTITUZIONI, POLIECO HA RILANCIATO LA SFIDA DELL’ECONOMIA CIRCOLARE AUTENTICA
Si è appena conclusa Ecomondo, la fiera internazionale di Rimini dedicata alla sostenibilità ambientale, da anni punto di riferimento per il mondo del riciclo, della green economy e delle energie rinnovabili. Un evento che ogni anno riunisce aziende, istituzioni e ricercatori, in un grande laboratorio di idee per la transizione ecologica.
Ma quest’anno, nel cuore della manifestazione, qualcosa ha fatto discutere: la presentazione dell’incenerimento del CSS (Combustibile Solido Secondario) come soluzione “green”. Un messaggio che ha suscitato la dura reazione di Claudia Salvestrini, direttrice generale del Consorzio Polieco, una delle principali realtà italiane impegnate nel recupero e riciclo dei beni in polietilene.
«Parlare di incenerimento come traguardo ambientale è un paradosso – ha dichiarato Salvestrini –. Proporre il CSS come risposta alla crisi del riciclo significa sottrarre materia alla sua seconda vita e aggravare le difficoltà del settore, già schiacciato da logiche di mercato e dumping ambientale».
Il riferimento è anche al disegno di legge Semplificazioni, che prevede di alleggerire le regole per l’uso del CSS negli impianti produttivi, in particolare nei cementifici. Una misura che, secondo la direttrice di Polieco, rischia di essere presentata come una vittoria verde ma rappresenta l’esatto contrario: un passo indietro per l’economia circolare.
L’equivoco del “combustibile sostenibile”
Il CSS nasce dal trattamento dei rifiuti non riciclabili e viene impiegato per alimentare forni industriali ad alta temperatura, come quelli del cemento. I sostenitori di questa pratica la descrivono come un modo per ridurre il consumo di combustibili fossili e contenere le emissioni.
Ma, come ricordano i consorzi del riciclo, la gerarchia europea dei rifiuti è chiara: prima la prevenzione, poi il riuso, poi il riciclo.
Solo alla fine viene il recupero energetico.
Bruciare materiali che potrebbero essere riciclati significa interrompere il ciclo virtuoso della materia, alimentando una filiera che consuma invece di rigenerare. Per Polieco, il rischio è quello di spingere il mercato verso la “scorciatoia energetica”, sottraendo rifiuti plastici al riciclo e premiando pratiche industriali di comodo.
Il vero nodo, sottolineano gli esperti, è culturale: la transizione ecologica non può diventare un esercizio linguistico. Se tutto ciò che produce energia diventa automaticamente “green”, si perde di vista la differenza tra sostenibilità reale e semplice sostituzione di combustibili.

Quale futuro vogliamo: riciclo, mercato e regole
Il settore del riciclo in Italia è sotto pressione: materie prime seconde svalutate, concorrenza sleale, importazioni di rifiuti dall’estero e carenza di impianti specializzati. Molti imprenditori faticano a mantenere attive le linee di trattamento, mentre la domanda pubblica di prodotti riciclati resta bassa.
In questo contesto, ogni tonnellata di plastica trasformata in CSS è una perdita doppia: meno materia per il riciclo e più emissioni in atmosfera. «L’economia circolare non può fermarsi ai forni industriali – ha concluso Salvestrini –. Serve una filiera che premi chi rigenera, non chi brucia».
Il dibattito resta aperto e tocca il cuore della transizione verde: se il futuro deve essere sostenibile, deve anche essere coerente.
Polieco a Ecomondo: imprese, legalità e innovazione
Nonostante le polemiche, lo stand del Consorzio Polieco è stato uno dei più frequentati della fiera. Un’area accogliente e dinamica, progettata per favorire il confronto tra imprese, esperti e istituzioni.
Qui si sono alternati seminari, incontri tecnici e momenti di formazione, con l’obiettivo di promuovere una transizione ecologica basata su conoscenza, qualità e trasparenza.
Tra i protagonisti, magistrati, rappresentanti dell’ANAC e del governo, come il procuratore di Bari Roberto Rossi, il procuratore di Trani Renato Nitti, la consigliera ANAC Consuelo Del Balzo e il commissario straordinario per la ricostruzione post-sisma 2016 Guido Castelli.
Un parterre di alto profilo che ha sottolineato il valore del dialogo tra imprese e legalità nella gestione del ciclo dei rifiuti.
«In un momento in cui il riciclo vive una crisi profonda – ha spiegato il presidente di Polieco, Enrico Bobbio – è fondamentale valorizzare le imprese virtuose e le buone pratiche. Molti imprenditori, nonostante le difficoltà del mercato, continuano a innovare, investendo in processi industriali sostenibili e realmente circolari».
Strategie ambientali e mercato: dal polietilene ai lavori pubblici
Il 6 novembre, Polieco ha promosso il convegno “Strategie ambientali e mercato: certificazioni e strumenti per la qualificazione dei tubi in polietilene riciclato nel settore dei lavori pubblici”. Un incontro che ha visto la partecipazione di aziende del settore come System Group, Idrotherm 2000 e Riccini, insieme al co-founder di Spinlife, Alessandro Manzardo.
Attraverso la metodologia del Life Cycle Assessment (LCA), sono stati illustrati i vantaggi ambientali ed economici delle tubazioni in polietilene riciclato e polipropilene, dimostrando come l’innovazione tecnica possa coincidere con la sostenibilità.
L’iniziativa ha offerto anche uno spazio di educazione ambientale e la presentazione del cortometraggio “68.415”, a cura di Pomili Demolizioni Speciali, dedicato al valore del recupero e della legalità nella gestione dei rifiuti.
Dl “Terra dei Fuochi”: il punto sulla legalità ambientale
Durante la fiera, Polieco ha dedicato ampio spazio anche al decreto legge “Terra dei Fuochi”, approfondendo le novità sull’esportazione dei rifiuti plastici e i controlli nella filiera.
Le testimonianze dei procuratori Rossi e Nitti hanno riportato l’attenzione su un tema sempre attuale: la connessione tra crimine ambientale, traffici illeciti e danno economico al riciclo legale.
«La trasparenza è la prima forma di tutela ambientale – ha ribadito Salvestrini – Senza legalità, nessuna filiera può dirsi davvero sostenibile».




