IL LAGO ALBANO E IL LAGO DI NEMI AFFRONTANO UNA GRAVE CRISI IDRICA CAUSATA DA PRELIEVI ECCESSIVI, URBANIZZAZIONE E CAMBIAMENTI CLIMATICI. IL WWF DENUNCIA L’EMERGENZA E CHIEDE INTERVENTI URGENTI PER SALVAGUARDARE QUESTI ECOSISTEMI, FONDAMENTALI PER LA BIODIVERSITÀ E LA STABILITÀ AMBIENTALE DEI CASTELLI ROMANI
Negli ultimi decenni, il livello del Lago Albano è sceso di circa sette metri, determinando una perdita superiore a 40 milioni di metri cubi d’acqua. L’eccessivo sfruttamento della falda, l’urbanizzazione incontrollata e i cambiamenti climatici hanno aggravato questa crisi.
Anche il Lago di Nemi subisce un progressivo abbassamento delle acque. Le cause restano le stesse: prelievi indiscriminati dalla falda e una gestione idrica inefficace, incapace di arginare il dissesto.
Per contrastare questa emergenza, a gennaio 2024 l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale ha istituito un tavolo tecnico. I lavori coinvolgono i comuni locali e il gestore idrico Acea Ato2. Il piano prevede azioni concrete: riduzione delle perdite nelle condutture e trasferimento di risorse idriche da altri bacini. Gli interventi, tuttavia, richiederanno almeno due anni prima di dare risultati tangibili.
Urgono interventi mirati
L’equilibrio idrico dei Laghi dei Colli Albani resta gravemente compromesso. Solo un monitoraggio costante e interventi mirati potranno scongiurare il rischio di un disastro ambientale irreversibile.
«Occorre porre un freno al consumo di suolo – ha dichiarato Raniero Maggini, presidente del WWF Roma e Area Metropolitana -, investire nell’ammodernamento delle reti di distribuzione per contrastare gli sprechi dell’acqua dovuti a perdite di entità inaccettabile, razionalizzare i prelievi sia pubblici che privati, con particolare attenzione ai settori industriale ed agricolo. La siccità non può essere affrontata sistematicamente aumentando i prelievi ma con misure urgenti che garantiscano la salvaguardia della risorsa idrica e dei sistemi naturali che da essa dipendono»
Il richiamo del WWF
Nei giorni scorsi, il WWF Roma e Area Metropolitana ha richiamato nuovamente l’attenzione sull’importanza naturalistica di questa zona. I Laghi Albano e di Nemi, autentici gioielli del territorio della Città Metropolitana, rientrano nel perimetro protetto del Parco Naturale Regionale dei Castelli Romani. I cambiamenti climatici in corso impongono, quindi, di prestare un’attenzione particolare alla conservazione e alla gestione delle zone umide, che da sempre sono considerate hotspot di biodiversità.
Il WWF monitora da tempo le piccole zone umide sparse nel territorio. Questi ecosistemi svolgono un ruolo cruciale: proteggono la biodiversità e mitigano gli effetti del cambiamento climatico. Raccolgono le acque piovane durante le precipitazioni intense e rilasciano vapore nelle giornate torride, contrastando il fenomeno delle isole di calore nelle aree urbanizzate.
Un appello accorato
In occasione della Giornata Mondiale delle Zone Umide, centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione sulle sponde del Lago Albano. Oltre cinquanta associazioni hanno aderito all’evento, sottolineando l’urgenza di interventi concreti.
La Giornata Mondiale delle Zone Umide si celebra annualmente il 2 febbraio in occasione dell’anniversario dell’adozione della Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale, firmata a Ramsar (Iran) il 2 febbraio 1971.
Un appello accorato emerge da una nota ufficiale: senza misure immediate, la crisi idrica che attanaglia i Laghi dei Castelli Romani non troverà soluzione. Il loro prosciugamento potrebbe avvenire più rapidamente di quanto si tema. Il WWF si impegnerà a sostenere ogni iniziativa capace di invertire questa tendenza, affinché questo straordinario patrimonio naturale non venga cancellato dall’indifferenza.
«Lascia sgomenti camminare lungo la sponda del lago, prima occupata dall’acqua – conclude Maggini -; un danno incalcolabile che mette seriamente a rischio un patrimonio naturale tanto importante da essere stato riconosciuto dal Legislatore regionale come Parco Naturale. Prelievi scriteriati in falda hanno determinato le gravi condizioni attuali, sulle quali oggi pesano anche gli effetti dei cambiamenti climatici e scelte insostenibili didecisori che sembrano voler ancora ignorare l’evidenza».




