IL LIBRO DENUNCIA DI FABIO FILOMENI, “NON ABBANDONO I MIEI UOMINI ESPOSTI ALL’URANIO IMPOVERITO”, HA ISPIRATO IL CONVEGNO ORGANIZZATO DALL’ACCADEMIA DELLA LEGALITÀ
Il tema controverso dell’esposizione all’uranio impoverito e la sicurezza dei soldati italiani impegnati nelle missioni all’estero, ha ispirato il convegno organizzato dall’Accademia della Legalità. L’evento, patrocinato da Roma Capitale si è tenuto il 2 ottobre scorso all’interno della Sala Laudato Sì del Palazzo Senatorio del Campidoglio.
Tra i relatori principali, la dott.ssa Paola Vegliantei, presidente dell’Accademia della Legalità e il tenente colonnello Fabio Filomeni, autore del libro denuncia “Non abbandono i miei uomini esposti all’uranio impoverito”, che ha ispirato l’intero dibattito.
“Non abbandono i miei uomini esposti all’uranio impoverito”
Il libro di Filomeni denuncia in modo deciso le gravi conseguenze legate all’esposizione dei militari italiani al depleted uranium durante le missioni all’estero. L’opera si basa sulla sua esperienza personale e mette in luce le carenze del sistema di protezione dei soldati italiani.
L’ufficiale, responsabile della prevenzione e protezione dai rischi durante missioni come quella in Iraq, aveva il compito di garantire che i militari fossero adeguatamente informati e protetti. Tra le missioni più pericolose cui ha partecipato, quella in Iraq, parte della coalizione anti-Isis, esponeva i soldati a sostanze tossiche, tra cui l’uranio impoverito presente nelle munizioni.
Nel suo libro precedente, “Baghdad: Ribellione di un Generale”, il tenente colonnello aveva già denunciato il silenzio dei vertici militari sulle criticità della missione Prima Parthica in Iraq del 2018. Al convegno, ha ribadito con fermezza le gravi lacune nella protezione dei soldati italiani sui teatri bellici come Iraq, Afghanistan e Balcani.
I militari, durante queste missioni, sono entrati in contatto con sostanze pericolose come l’UI. Studi scientifici dimostrano, inoltre, anche il legame tra le radiazioni rilasciate dal munizionamento DU e lo sviluppo di gravi malattie. Molti soldati sono stati esposti anche solo nei depositi senza le adeguate misure di protezione.
J’accuse
Filomeni ha rotto il silenzio su questo tema scomodo, accusando non solo le gerarchie militari, ma anche l’intero sistema che gestisce le missioni all’estero. Nonostante le evidenti conseguenze della contaminazione radioattiva, i rischi sono stati minimizzati, con danni irreversibili per molti soldati. L’uranio impoverito, usato nelle munizioni per aumentarne la capacità di penetrazione, provoca danni devastanti non solo ai bersagli, ma anche all’ambiente e alle persone presenti nelle zone colpite.
Quando queste munizioni colpiscono l’obiettivo, per effetto delle alte temperature provocate dall’esplosione rilasciano nell’aria e nel terreno un “aerosol” di nanoparticelle di metalli pesanti. Queste contaminano aria, acqua e suolo, causando gravi malattie come tumori, leucemie e malformazioni nei militari e nei civili esposti.
Le indagini condotte a livello internazionale e nazionale hanno confermato che migliaia di militari italiani, al ritorno dalle missioni, hanno sviluppato gravi malattie, spesso letali. Più di 400 soldati italiani hanno perso la vita a causa di patologie legate a questa esposizione, e oltre 7mila risultano gravemente malati.
Tuttavia, nonostante i numerosi tentativi di far emergere la questione, le istituzioni militari italiane continuano a mantenere una barriera di omertà, minimizzando i rischi.
Sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni
Il convegno e il libro di Fabio Filomeni rappresentano un passo significativo per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sull’importanza di proteggere la salute dei soldati.
«La sicurezza sul lavoro anche dei nostri militari non può essere messa in secondo piano», ha ribadito l’ufficiale.
L’incontro ha visto la partecipazione del giornalista Ettore Lembo, dell’avvocato Daniela Segat. Sono intervenuti medici, avvocati, militari e Carabinieri, i quali hanno espresso preoccupazione e desiderio di far luce su queste gravi omissioni. È emersa l’urgenza di rivedere la normativa sulla sicurezza sul lavoro per i nostri soldati, vittime di un sistema che li espone a rischi mortali.
«Vitale è migliorare le norme sulla sicurezza, importantissimo creare delle opportunità per fare conoscere questa nostra storia anche nelle scuole», ha sottolineato la d.sa Vegliantei.
E nella società civile, per aumentare la consapevolezza sui pericoli a cui sono sottoposti i soldati italiani.