I DANNI DA URANIO IMPOVERITO, IN GUERRA NON DICHIARATA E IN GUERRA NON COMBATTUTA. “IN TANTI SONO COINVOLTI, IN TANTI TACCIONO: MILITARI, UOMINI D’AFFARI, POLITICI, STRUTTURE DI SICUREZZA PRIVATA, INDUSTRIE DI ARMAMENTI, LEGATI AL BUSINESS DELLA PRODUZIONE BELLICA”
In assenza di leggi internazionali vigenti che ne vietino l’uso, o di un trattato ufficiale sul bando delle cosiddette API, acronimo di “Armor Piercing Incendiary”, ossia munizioni perforanti incendiarie, l’utilizzo militare dell’Uranio Impoverito “pur avendo conseguenze catastrofiche sulla popolazione civile e sull’ecosistema, rientra, almeno finora, nell’impiego di armi convenzionali”.
Infatti, la stessa Corte Internazionale di Giustizia, nel 1996, ha deliberato, che il DU (acronimo inglese di Depleted Uranium) non sia paragonabile al nucleare, perché il suo “scopo principale non è asfissiare o avvelenare” ma “solo ammazzare e distruggere”.
Marilina Rachel Veca, investigatrice indipendente
Marilina Rachel Veca, giornalista, scrittrice ma, soprattutto, «molto fiera di essere una investigatrice indipendente… – afferma ai nostri microfoni l’autrice di: “Uranio Impoverito: la Terra è tutta un lutto” (Sensibili alle foglie 2023) -. Fiera di quello che ho fatto non dipendendo da nessuna struttura da nessuna istituzione. Non dici mai quello che gli altri vogliono, o comunque dici cose diverse da quello che si aspettano».
Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, specializzata in “Paleografia latina, archivistica e diplomatica” all’Archivio Apostolico Vaticano, ha lavorato nel settore relazioni internazionali di varie istituzioni, ha operato e tuttora opera nell’organizzazione di incontri e conferenze internazionali.
Presidente della Onlus “Rinascere/Progetto Danzando nelle Diaspore”, si occupa di progetti di pace e di sostegno umanitario, in particolar modo a favore delle enclavi di Kosovo e Metohija, dove la gente continua a morire per una guerra mai dichiarata.
L’Uranio Impoverito
«Il mio interesse per la questione dell’Uranio Impoverito è iniziato nel 92 – 93 con la Somalia – racconta la nostra interlocutrice -. Mi sono occupata del caso di un militare italiano e delle violenze commesse da militari italiani in Somalia. E di tutto quanto avveniva in quel periodo: come il traffico di rifiuti tossici. Quindi di Uranio Impoverito, usato in Somalia, la prima volta. Pertanto, il contingente italiano si è imbattuto per la prima volta in questa tematica in Somalia».
Durante l’estate del1993, nel corso dell’operazione “Canguro 11” decisa dal Comando ITALFOR, l’elicotterista Alberto Pizzamiglio – cita la scrittrice nel testo -, era a Mogadiscio. Il pilota scrive alla moglie “… sti americani so pazzi, fa caldo, qui stanno con ste tute spaziali, noi stiamo in mutande, moriamo di caldo…”. Pizzamiglio poi è morto di linfoma fulminante. Uno dei primi di una lunga serie.
Le responsabilità principali per il problema nell’UI ricadono sul versante politico e militare, i quali hanno omesso l’applicazione delle norme precauzionali indispensabili
Nel suo libro l’autrice riporta testimonianze dirette e presenta una folta documentazione di quanto avvenuto sui teatri di guerra, dalla Somalia alla Bosnia, al Kosovo. E quanto avviene ancora nei poligoni militari in Sardegna. Per non presentare, afferma Marilina, un racconto sentimentale e perché «da sole (le storie) non esprimono la ragione di tutto quello che avviene».
I vertici militari e politici conoscevano i pericoli dell’Uranio Impoverito cui andavano incontro i nostri soldati ma non hanno fatto nulla per prevenirli
Veca descrive in maniera dettagliata e accurata cosa è l’UI e dove è stato utilizzato. Svela dati militari, politici e sanitari che ne deriva dall’uso. E parla della stretta amicizia con l’ammiraglio Falco Accame, presidente dell’A.N.A.V.A.F.A.F. (Ass. Naz. Assistenza Vittime Arruolate Nelle Forze Armate) che l’ha aiutata a capire quello che si nasconde dietro gli argomenti, le connessioni… «parlarne (dell’Uranio Impoverito) con le connessioni all’industria bellica, ai profitti di un nuovo capitale, di un nuovo colonialismo; alla concezione militare che c’è nel nostro Paese, al falso ripudio della guerra etc. il discorso cambia».
Falco Accame, ammiraglio in congedo, ex parlamentare ed ex presidente della Commissione Difesa della Camera, ha sostenuto attivamente centinaia di interrogazioni parlamentari e proposte di legge per salvaguardare i diritti di tutte le Forze Armate, promuovendo un servizio militare più dignitoso. Si è battuto affiancando numerose famiglie di militari deceduti o ammalati a causa dell’Uranio Impoverito, che versano in situazioni di sofferenza e abbandono.
“Munizioni all’uranio per gli italiani in Somalia”
Il quotidiano Il Tempo – annota Marilina Veca nel libro – il 10 febbraio 2001 pubblicava un articolo del giornalista Stefano Mannucci nel quale “si prospetta la possibilità che le FFAA italiane siano state esse stesse dotate di munizioni all’UI”.
“Il contingente italiano – questo il testo dell’articolo dal titolo “Munizioni all’uranio per gli italiani in Somalia” – potrebbe aver sperimentato munizioni all’Uranio Impoverito nel corso delle missioni in Somalia nel 1993. Quei proiettili farebbero parte di un lotto di fabbricazione tedesca e di provenienza israeliana, acquistato dal nostro ministero della Difesa nel 1985. Quel che è peggio, dallo stesso stock proverrebbero i colpi anticarro sparati all’interno dei poligoni NATO in Italia fino all’ottobre-novembre 2000”.
E, secondo le fonti di Mannucci – scrive Marilina – il deposito di munizioni all’UI dell’Esercito Italiano si sarebbe trovato presumibilmente in Toscana.
Uranio Impoverito: una storia che pochi vogliono raccontare, che pochi vogliono ascoltare
Il 24 marzo 1999 la NATO dette inizio alla guerra contro l’allora Jugoslavia sotto il regime di Slobodan Milošević. La NATO lanciò massicci raids contro la Serbia, dichiarando che i bombardamenti con munizionamento al DU fossero diretti contro obiettivi militari. Solo nella zona di Sarajevo gli aerei americani scaricarono 10.800 proiettili all’Uranio Impoverito. Purtroppo, però, migliaia di civili di tutte le etnie soffrirono e morirono e vennero definiti “danni collaterali”.
Invece, in seguito all’esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti nebulizzati dall’esplosione dei proiettili all’UI della NATO nella guerra in Jugoslavia del 1999, dato aggiornato ad aprile 2023, sono 400 i militari italiani morti e altri 8mila sono gravemente ammalati.
«Se le norme venivano applicate per gli altri contingenti o per gli americani in particolare – risponde Marilina -, non si capisce perché le norme di protezione non sono state adottate per gli italiani». Fece eccezione «nel ’99… il colonnello Osvaldo Bizzarri della Folgore, che invita i suoi soldati a usare le protezioni.Ed è la prima volta che vennero usate in Kosovo».
Kosovo e Metohija
“Brucia l’agonia del Kosovo e Metohija, la morte lenta della comunità serba, decisa a restare nella terra del popolo serbo, il Kosovo e Metohija – afferma Marilina Rachel Veca in una nota -. I palazzi sventrati di Belgrado anche oggi ci ricordano l’altra faccia della guerra, la zona oscura trascurata dai media, la testimonianza di un incubo, la visione allucinata del presente”.
L’autrice è presidente della Onlus “Rinascere/Progetto Danzando nelle Diaspore”, un’organizzazione votata a sostenere progetti di pace e umanitari, in particolare nelle enclavi. Nello specifico, la questione dell’enclave di Kosovo e Metohija la scrittrice l’ha sostenuta nel libro “Zločini/Crimini”, dove affronta il tema del traffico d’organi a danno dei serbi scomparsi in questa regione.
«Il Kosovo è stato lastricato d’oro dalla comunità internazionale, dagli operatori delle ONG… – afferma Marilina -. Tutti hanno lavorato nel Kosovo albanese, gli arabi hanno dato miliardi per costruire moschee. E la gente è diventata super religiosa perché gli arabi davano incentivi per andare in moschea e vestirsi in un certo modo. Tutti questi soldi, invece, sono andati per le armi e l’addestramento dell’UCK (Ushtria Çlirimtare e Kosovës, nome albanese dell’Esercito di liberazione del Kosovo – n.d.r.) e per finanziare tutte le attività di cui vive questa repubblica illegittima del Kosovo. Che non ha ragione di essere. Tutt’ora vige una risoluzione dell’ONU la 12/44 che dice che il Kosovo è una provincia autonoma della Serbia». E meno della metà dei Paesi dell’ONU lo riconosce come Stato.
Camp Bondsteel
Il Kosovo, asserisce la scrittrice, «esiste per favorire la presenza di Camp Bondsteel la più grande base militare americana d’Europa, che occupa un terzo di quel territorio».
Camp Bondsteel (fonte balcanicaucaso.org), è la più grande base americana costruita all’estero dai tempi del Vietnam. È localizzata vicino a oleodotti e corridoi energetici di vitale importanza. Come l’oleodotto trans-balcanico, sponsorizzato dagli Stati Uniti. Grazie al coinvolgimento nella costruzione della base, alcune società appaltatrici del ministero della Difesa americano, come ad esempio la Brown and Root Services (società affiliata della compagnia petrolifera “Halliburton Oil”), stanno guadagnando una fortuna.
L’UCK e il traffico di organi
«Qui c’è una responsabilità ben precisa – aggiunge Veca – di chi ha finanziato l’UCK, un esercito terrorista che ha operato il traffico di organi a danno dei serbi e causato la sparizione di circa 2mila serbi. E poi c’è la contaminazione del territorio, una contaminazione devastante. C’è oltre il 63% di incremento di patologie tumorali e di linfomi. Ogni volta che torno in Kosovo trovo le famiglie dei miei amici decimate».
In Sardegna come i Vietcong
La Sardegna, “militarizzata e contaminata… una terra… dove si svolge -inascoltata, sottovalutata, incompresa – una grande tragedia umana”.
L’isola ospita il 66% delle aree destinate al demanio militare italiano.
Nei poligoni – Poligono di Capo Frasca, Poligono militare di Teulada, Poligono sperimentale e addestramento interforze di Salto di Quirra -, Paesi stranieri vengono a sperimentare nuove armi, pagano, sparano e vanno via, lamenta Marilna. Missili al Torio e munizionamento al DU scaricati a migliaia tanto che il territorio è stato dichiarato non più bonificabile.
La contaminazione del Poligono di Salto di Quirra, il più grande della Nato, ha colpito chi non ha mai partecipato a un conflitto né ha mai considerato l’idea di farlo.
Come i pastori che hanno visto nascere agnellini deformati e loro stessi si sono ammalati di leucemie e deceduti. Lo stesso si può dire per molti giovani impiegati nella base ammalati linfoma di Hodgkin. Vi sono casi anche di bambini venuti al mondo con malformazioni: a Escalaplano si conta una decina di casi su una popolazione di 2.500 persone.
“I civili stavano sul territorio e non volevano morire come i Vietcong”. Così Marilina Rachel Veca riporta il racconto di Giulia Spada. Che parla di suo padre, professore, morto perché per andare al lavoro passava davanti a uno dei poligoni.
“In tanti sono coinvolti, in tanti tacciono: militari, uomini d’affari, politici, strutture di sicurezza privata, industrie di armamenti, legati al business della produzione bellica”.
In Sardegna, conclude Marilina, «è stata un po’ cialtroneria, un po’ comportamento criminale, cialtroneria spicciola e un po’ di criminalità vera e propria».
Il 6 maggio 2022 la Camera di Consiglio del Tribunale di Cagliari, presieduta dal Giudice Giuseppe Pintori, ha deciso che i Capi di Stato Maggiore in servizio dal 2009 al 2015, devono essere processati per «disastro innominato» nei poligoni della Sardegna. Il processo è in corso.
“Uranio Impoverito: la Terra è tutta un lutto”
Il libro sarà presentato al pubblico il 12 gennaio 2024, alle ore 18:00, alla Libreria Anomalia – centro di documentazione anarchica. Via dei Campani 73 (San Lorenzo) Roma.
All’incontro interviene l’avvocato Ezio Bonanni, cui Veca dedica un paragrafo di questo libro. Il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, da anni si dedica con passione e impegno alle questioni dell’amianto e del DU e tutela delle vittime.