mercoledì, Maggio 21, 2025

Eternit bis, Schmidheiny condannato ma Casale teme la prescrizione

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IL DRAMMA DELL’AMIANTO TORNA A SCUOTERE CASALE MONFERRATO. LA NUOVA SENTENZA CONTRO STEPHAN SCHMIDHEINY RIACCENDE IL DOLORE E LA PAURA: LA CITTÀ TEME CHE, ANCORA UNA VOLTA, LA GIUSTIZIA POSSA SOCCOMBERE ALLA PRESCRIZIONE, LASCIANDO IMPUNITA UNA STRAGE SILENZIOSA
 

Processo Eternit bis, Schmidheiny condannato a 9 anni e mezzo per omicidio colposo. Casale teme la prescrizione

Alla fine dell’undicesima udienza del processo Eternit bis, la Corte d’Assise d’Appello di Torino, presieduta dalla giudice Cristina Domaneschi, ha condannato Stephan Schmidheiny a 9 anni e 6 mesi di reclusione. 

Il verdetto si riferisce a numerose imputazioni mosse dai pubblici ministeri Sara Panelli, Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare, con il sostegno delle parti civili.

La sentenza stabilisce se Schmidheiny sia colpevole della “continuativa e massiva immissione di fibre di amianto” nella fabbrica e nell’ambiente circostante. 

Viene contestata anche una “prolungata opera di disinformazione”, da cui sarebbe derivata la “diffusione incontrollata di patologie”. Secondo l’accusa, si trattava di malattie di cui “si conosceva la gravità” già all’epoca dei fatti. 

Il periodo considerato va dal 1976 al 1986, quando l’imputato era amministratore delegato della multinazionale del cemento-amianto.

«Una sentenza che non cancella il dolore, ma afferma un principio fondamentale: la vita e la salute delle persone vengono prima di tutto – ha commento l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale di parte civile -. Dopo anni di battaglie legali, oggi è arrivata una sentenza che dà voce alle vittime dell’amianto e riconosce la gravità di quanto accaduto. Una condanna che non cancella il dolore, ma afferma un principio fondamentale: la vita e la salute delle persone vengono prima di tutto. È un segnale forte, che dice che chi inquina, chi nasconde, chi mette il profitto davanti alla sicurezza, non può restare impunito. La decisione della Corte è una vittoria della memoria, della dignità e della verità. A chi ha lottato per anni, spesso nel silenzio, va oggi il nostro rispetto più profondo».

Pena ridotta

Il magnate svizzero, unico imputato nel processo relativo al filone di Casale Monferrato, ha visto ridursi la pena rispetto ai 12 anni inflitti nel giugno 2023 a Novara. 

La procura generale aveva chiesto l’ergastolo, sostenendo l’ipotesi di omicidio con dolo eventuale, che avrebbe comportato tempi di prescrizione molto più lunghi.

Il procedimento riguardava inizialmente 392 vittime del mesotelioma: 62 erano operai dell’Eternit di Casale Monferrato, chiusa nel 1986. 

Gli altri 330 erano semplici cittadini delle aree vicine, mai entrati nella fabbrica della morte, ma esposti alle sue polveri letali. 

La difesa di Stephan Schmidheiny

Uno dei legali di Stephan Schmidheiny, l’avvocato Guido Carlo Alleva, ha contestato la solidità delle prove presentate dall’accusa. Alleva ha messo in discussione le diagnosi di mesotelioma e i dati che collegano l’aumento dei casi alla presenza della fabbrica Eternit a Casale.

Secondo la difesa, non esiste un nesso causale certo tra i danni ambientali da amianto e l’attività produttiva dello stabilimento in città. L’avv. Alleva ha sottolineato l’uso improprio del cemento-amianto e dei suoi scarti come possibile causa alternativa.

Per finire, il difensore di Schmidheiny ha ricordato che l’inventore del cemento-amianto fu Adolfo Pietro Mazza, originario proprio di Casale Monferrato.

In realtà Adolfo Mazza era nato a Pavia, in Lombardia e iniziò a produrre fibrocemento solo dal 1907. Infatti, acquistò la licenza per fabbricare l’eternit dall’austriaco Ludwig Hatschek, che l’aveva brevettato sei anni prima, nel 1901.

392 non sono numeri ma esseri umani

Il pubblico ministero Sara Panelli ha risposto con fermezza alle obiezioni della difesa.
Ha ricordato che in aula sono stati ascoltati “i maggiori esperti sul mesotelioma”. “Medici che hanno condotto studi per curare le persone e osservando i casi, che sono uomini e donne in carne ed ossa, non delle ipotesi”.

Ha poi ribadito che le vittime indicate nell’imputazione non sono numeri, ma “392 esseri umani con il peso della propria storia di vita”.
Persone la cui esistenza è stata segnata dalla “condizione di lavoratori all’Eternit di Casale Monferrato e abitanti nella città e i suoi dintorni”.

Riconosciuto l’omicidio colposo aggravato

Anche i giudici d’appello, quindi, hanno stabilito la pena in 9 anni e 6 mesi, poiché in alcune posizioni il fatto è stato ritenuto insussistente. Come quelli di primo grado, hanno escluso l’omicidio volontario e riconosciuto l’omicidio colposo aggravato. 

Secondo la Corte di Novara, Schmidheiny violò gravemente le norme sulla sicurezza, consapevole del rischio concreto di morte per i lavoratori.

Nel frattempo, a Casale si continua a morire. Dal 2017, anno di chiusura dell’indagine Eternit bis, si contano 414 nuove vittime di mesotelioma. 

Si tratta di cittadini estranei alla fabbrica, colpiti da un male che non ha risparmiato nessuno, ma esclusi dal fascicolo processuale. 

Molti di loro sarebbero stati esposti al polverino, scarto industriale usato per anni nell’edilizia locale, secondo i dati forniti da Afeva. 

A marzo, la Cassazione ha annullato nuovamente una condanna a Schmidheiny per la morte di un operaio di Cavagnolo. 

Quel caso, insieme con altri, avrebbe potuto influenzare il giudizio della Corte torinese. 

La difesa dell’imprenditore ha già annunciato il ricorso. 

Risarcimenti fortemente ridimensionati

Con la sentenza, i risarcimenti sono stati fortemente ridimensionati rispetto al primo grado, quando superavano i 100 milioni di euro.  Alla Presidenza del Consiglio, solo 500 mila euro.  Al Comune di Casale Monferrato spettano 5 milioni di provvisionale.

Il presidente del Consiglio comunale della cittadina, Giovanni Battista Filiberti, ha commentato il risarcimento assegnato al Comune, affermando che la somma ricevuta è “soddisfattiva e commisurata all’impegno profuso dall’istituzione cittadina”. Un impegno costante, ha aggiunto, per affrontare “molteplici problemi e difficoltà” legati all’eredità dell’Eternit.

Il silenzio di Schmidheiny

Stephan Schmidheiny, anche questa volta, ha scelto il silenzio. Non ha mai partecipato a nessuna udienza del processo, né era presente al momento della sentenza. Come già accaduto in tutte le altre vertenze svolte in Italia, ha sempre evitato l’aula.

I suoi legali hanno annunciato che presenteranno ricorso in Cassazione. Intanto, il tempo scorre e minaccia di cancellare tutto. Tra ricorsi, pratiche e rinvii, i termini per giudicare i reati rischiano di scadere. La prescrizione, se sopraggiunta, annullerebbe ogni effetto pratico della condanna.

La paura della prescrizione

Nel 2014, la prescrizione spazzò via il maxi processo sul disastro ambientale che coinvolgeva anche Rubiera, Bagnoli e Cavagnolo. 

Il timore che lo stesso epilogo si ripeta oggi preoccupa profondamente la città di Casale Monferrato.

La redazione del Giornale dell’Ambiente ringrazia la collega Maddalena Brunasti di Pressenza per le citazioni, foto e video che gentilmente ci ha corrisposto.

Numero verde ONA

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