SERGIO CABIGIOSU, TENENTE DI FANTERIA ALPINA IMPIEGATO IN MISSIONE IN BOSNIA, HA CONTRATTO UNA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA. IL TRIBUNALE DI VERONA RICONOSCE IL NESSO CAUSALE TRA LA PATOLOGIA E L’URANIO IMPOVERITO. IL GIUDICE DEL LAVORO CONDANNA I MINISTERI DELLA DIFESA E DELL’INTERNO
Il Tribunale di Verona ha accolto il ricorso di Sergio Cabigiosu, tenente di fanteria alpina, affetto da leucemia mieloide cronica a causa dell’esposizione a sostanze cancerogene.
Il giudice del Lavoro ha condannato i ministeri della Difesa e dell’Interno a riconoscere Cabigiosu come Vittima del Dovere, con il conseguente diritto a ricevere i benefici previsti dalla legge. Tra questi, una speciale elargizione di 285mila euro e un assegno vitalizio di circa 2.100 euro al mese.
Il magistrato giudicante ha stabilito che “le prestazioni a favore di vittime del dovere non dipendono da valutazioni e scelte discrezionali dell’amministrazione, bensì dal mero accertamento dei presupposti di fatto richiesti dalla normativa (ossia quelli previsti dai commi 562, 563 e 564 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266)… ne consegue che i benefici invocati dalla parte ricorrente assumono natura di diritto soggettivo”.
Per l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che assiste Cabigiosu, «si tratta di una decisione molto importante perché riconosce la gravità delle esposizioni subite dai nostri militari e pone le basi per un risarcimento adeguato per i danni alla salute sofferti. Questa sentenza apre la strada a una maggiore consapevolezza e protezione per tutti i nostri militari che sono stati esposti a sostanze pericolose sia in patria che all’estero».
Franco Di Mare
La storia di Sergio Cabigiosu richiama alla mente un altro episodio significativo: quello del giornalista Rai Franco Di Mare. Anche l’inviato di guerra è stato nei Balcani durante il periodo bellico. A Sarajevo è stato negli stessi luoghi dove ha operato Cabigiosu.
E, così come il tenente degli Alpini, anche Di Mare non è stato informato dei rischi da esposizione all’UI e all’amianto e non è stato dotato di adeguate misure di protezione. Franco Di Mare è deceduto il 17 maggio 2024.
In aree contaminate senza protezioni adeguate
Tornando a Cabigiosu, la documentazione presentata dal ricorrente, scrive il giudice, ha dimostrato che il militare ha operato in aree contaminate da uranio impoverito, esponendosi a radiazioni e nanoparticelle dannose.
Durante la missione “Joint Forge” dal 14 marzo 2001 al 3 luglio 2001, Cabigiosu ha prestato servizio in luoghi già contaminati, senza protezioni adeguate, come tute, maschere o guanti. Questi luoghi erano inquinati da esalazioni tossiche e residui metallici pesanti, causati dall’esplosione di munizionamento all’uranio impoverito.
La storia di Sergio
Sergio Cabigiosu, tenente di fanteria alpina, ha sempre servito con dedizione il suo Paese. Nel 2001, viene inviato in missione nell’ambito dell’operazione “Joint Forge”, nei Balcani, precisamente nella zona della ex Caserma Tito Barak vicino Sarajevo.
Il munizionamento all’uranio impoverito quando ha bombardato la caserma ha ridotto allo stato di aerosol tutto quanto coinvolto nell’esplosione. Nanoparticelle di metalli pesanti e fibre di amianto hanno quindi, contaminato l’aria il suolo e l’acqua.
Per quattro mesi, Sergio ha vissuto in un container posizionato vicino a una struttura bruciata e pericolosamente contaminata. Il tetto, fatto di onduline contenenti amianto, ridotto ormai a uno stato pulverulento, rilascia nell’aria quantità di fibre killer. La precaria protezione consisteva solo in un telo di plastica davanti alla finestra del container.
Ogni giorno, Sergio si trova esposto a esalazioni tossiche e nanoparticelle di metalli pesanti. Non dispone di adeguati mezzi di protezione come tute, maschere o guanti, neppure mentre svolge pattugliamenti e altre attività operative.
Nel gennaio 2017, durante una visita medica seguita a una donazione di sangue, a Sergio viene diagnosticata una leucemia mieloide cronica. Questo tumore, aggressivo e debilitante, è stato causato dall’esposizione prolungata alle radiazioni e ai contaminanti incontrati durante la missione. Sergio decide, quindi, di intraprendere una battaglia legale per ottenere il riconoscimento di vittima del dovere e i relativi benefici previsti dalla legge.
Il ricorso e la sentenza
Il Tribunale di Verona ha accolto il ricorso dell’ufficiale, stabilendo che i ministeri della Difesa e dell’Interno sono obbligati a riconoscerlo come Vittima del Dovere.
La sentenza è chiara: “le prestazioni a favore di vittime del dovere non dipendono da valutazioni e scelte discrezionali dell’amministrazione, bensì dal mero accertamento dei presupposti di fatto richiesti dalla normativa (ossia quelli previsti dai commi 562, 563 e 564 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266)… ne consegue che i benefici invocati dalla parte ricorrente assumono natura di diritto soggettivo”.
“Il ponderoso compendio documentale depositato da parte ricorrente, non smentito da elementi di segno contrario nei documenti di parte resistente”, è scritto nel dispositivo, dimostra, senza ombra di dubbio, che Sergio Cabigiosu è stato esposto a quantità massicce di uranio impoverito, un pericoloso agente patogeno.
Il suo servizio in aree gravemente contaminate, senza protezioni adeguate, ha causato la sua malattia. Anche l’Amministrazione resistente, che si era costituita in giudizio, non ha potuto negare che l’unico fattore ambientale noto per lo sviluppo della leucemia mieloide cronica è l’esposizione a radiazioni.
Sergio Cabigiosu, nonostante la sua malattia, ha ottenuto giustizia. La sua storia è un simbolo della lotta di tanti militari italiani che, come lui, hanno pagato un prezzo altissimo per il servizio prestato in missioni all’estero. Sono più di 8mila i militari malati e più di 400 quelli che non ce l’anno fatta, a causa dell’uso di proiettili all’uranio impoverito.