LA NOTIZIA, INTORNO ALLE 17.00, DI OGGI 17 MAGGIO 2024, L’HA DATA AI MEDIA LA FAMIGLIA STESSA: “ABBRACCIATO DALL’AMORE DELLA MOGLIE, DELLA FIGLIA, DELLE SORELLE E DEL FRATELLO E DALL’AFFETTO DEGLI AMICI PIÙ CARI OGGI A ROMA SI È SPENTO IL GIORNALISTA FRANCO DI MARE. SEGUIRÀ COMUNICAZIONE PER LE ESEQUIE”.
Franco Di Mare aveva parlato del suo stato di salute in un’apparizione alla trasmissione televisiva “Che tempo che fa”, condotta da Fabio Fazio sul Nove. Era il 28 aprile, meno di un mese fa, quando Di Mare rivela al pubblico televisivo di essere gravemente malato: “Ho un tumore molto cattivo, il mesotelioma: si prende respirando le particelle di amianto. Mi rimane poco da vivere, ma non è ancora finita”.
Purtroppo il mesotelioma pleurico è una patologia asbesto-correlata che non lascia scampo. “Da inviato di guerra ho respirato amianto: sono sereno e non mollo, ma da questo non si guarisce”, aveva detto in tv.
Di Mare l’amianto lo aveva respirato sui teatri di guerra dove era stato inviato dall’emittente pubblica. Tuttavia, confessando il suo dramma, il giornalista aveva anche espresso il suo disappunto perché “La Rai non risponde alle mie mail”.
”Capisco che ci siano ragioni sindacali e legali, io chiedevo lo stato di servizio, l’elenco dei posti dove sono stato per sapere cosa si potrebbe fare. Non riesco a capire l’assenza sul piano umano, persone a cui davo del tu che si sono negate al telefono. Trovo un solo aggettivo: è ripugnante”, aveva detto Di Mare a Fazio.
Ma l’amianto l’inviato lo aveva respirato anche nella sede Rai, a Roma. Infatti, era noto che la tv di Stato avesse investito notevoli risorse nel corso degli anni per cercare di risolvere un problema della presenza dell’amianto nell’edificio di Viale Mazzini.
Tant’è che Di Mare non è l’unica vittima della fibra killer. Secondo alcune testimonianze, infatti, si eseguivano regolari controlli per monitorare la quantità di fibre di amianto nell’aria. Ma questo non è stato sufficiente ad evitarne l’esposizione.
L’inviato di guerra Franco Di Mare
Franco Di Mare si era laureato in Scienze Politiche all’Università Federico II di Napoli. Inizia a svolgere la professione con diversi giornali tra cui L’Unità. Nel 1991 entra in Rai alla redazione esteri del TG2.
Poco tempo dopo l’azienda di Stato lo manda nei Balcani a seguire gli avvenimenti della guerra. Come inviato coprirà, poi, anche le principali zone dell’Africa e dell’America centrale.
È proprio durante gli avvenimenti bellici nella ex Jugoslavia che potrebbe aver contratto la terribile patologia. Nel corso del conflitto, è stato usato moltissimo munizionamento all’Uranio Impoverito. Questo, quando colpiva e distruggeva palazzi e complessi industriali, generava temperature superiori ai 3mila ºC, rilasciando, quindi, un pericolosissimo aerosol di metalli pesanti e fibre di amianto.
“Ne bastava una – (di fibre) sottolinea laconico Di Mare -. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà. Non potevo saperlo, ma avevo respirato la morte”. “Il periodo di incubazione può durare anche trent’anni. Eccoci”.
Al convegno dell’Osservatorio Nazionale Amianto
Proprio lo scorso mese di novembre – con molta probabilità già sapeva di essere gravemente ammalato -, Franco Di Mare ha moderato il convegno “Amianto e Uranio, in guerra e in pace: ricchezza e povertà, dall’energia alla salute”, organizzato dall’Osservatorio Nazionale Amianto e dal suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, a Roma.
«L’Italia perde una delle figure più autorevoli del giornalismo e della cultura – ha così commentato la notizia Bonanni -. Siamo vicini alla moglie, alla figlia, e a tutti i famigliari. Come Osservatorio Nazionale Amianto porteremo avanti la sua battaglia contro il killer silenzioso che continua a seminare migliaia e migliaia di vittime nel nostro Paese».
Stella Di Mare
Aveva 35 anni quando Di Mare, inviato dalla Rai in Bosnia, per documentare gli eventi bellici, in un orfanotrofio di Sarajevo vede una bambina di dieci mesi che decide di adottare. Si chiama Stella.
Le opere di Franco Di Mare
Nel 2009, il giornalista pubblica il libro “Il cecchino e la bambina. Emozioni e ricordi di un inviato di guerra”. Una testimonianza delle sue esperienze come inviato di guerra, in particolare durante il conflitto in Bosnia.
Di Mare racconta le difficoltà e i pericoli affrontati nel documentare gli eventi bellici e include il toccante episodio dell’adozione di una bambina di dieci mesi, Stella, appunto.
Attraverso le sue memorie, l’autore offre una visione personale e umana della guerra, delle sue conseguenze e delle storie di coloro che ne sono stati colpiti.
A questo primo romanzo seguiranno: “Non chiedere perché” (2011), “Casimiro Roléx” (2012), “Il paradiso dei diavoli” (2012), “Il caffè dei miracoli” (2015), “Il teorema del babà” (2017), “Barnaba il mago” (2018).
“Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi”
È del 30 aprile scorso la pubblicazione del libro “Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi”. Di Mare scrive che anche dopo la fine delle guerre, queste continuano a provocare vittime. Un esempio tragico è rappresentato dalla “Sindrome dei Balcani”, una lunga serie di malattie causate dall’esposizione ai proiettili con uranio impoverito e dall’inalazione di particelle d’amianto rilasciate nell’aria – come già accennato -.
Queste patologie riemergono dopo molti anni come un’estensione dell’orrore delle guerre. Le vicende cui Di Mare ha assistito sul campo nei suoi lunghi anni da inviato e che hanno segnato profondamente il suo morale, risuonavano – ha scritto l’autore – nella battaglia che stava combattendo contro il male dentro di lui.
Un reportage biografico nel quale l’autore narra “le guerre fuori da me e quella dentro di me. Un piccolo dizionario esistenziale. Senza pietismo. È il mio testamento”.