lunedì, Febbraio 10, 2025

Le specie costiere hanno un nuovo habitat: la plastica

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LE ISOLE DI PLASTICA GALLEGGIANTI RAPPRESENTANO UN NUOVO HABITAT PER LE SPECIE COSTIERE. IN CORSO STUDI DI APPROFONDIMENTO

Sono le isole di plastica che si formano in mare, il nuovo habitat per le specie costiere. Ciò si viene a creare in zone in cui c’è forte inquinamento da plastica e, con esso, si formano anche forme di comunità “neopelagiche”.

Un animale è detto pelagico quando vive su oggetti naturali galleggianti o su animali marini. Ora a galleggiare è la plastica in mare. E per alcuni animali marini, che vivono normalmente sulle coste, è diventata una nuova casa dove vivere e proliferare.

La definizione esatta di comunità neopelagica è data dalla ricercatrice Linsey Haram, del Centro di ricerca ambientale Smithsonian, che ha studiato il fenomeno nell’Oceano Pacifico.

Le comunità neopelagiche sono composte da specie pelagiche, evolute per vivere su substrati marini galleggianti e animali marini, e specie costiere, un tempo ritenute incapaci di sopravvivere per lunghi periodi di tempo in alto mare. L’emergere di una comunità neopelagica persistente nell’oceano aperto è dovuta alla vasta offerta di inquinamento plastico durevole e altamente galleggiante come habitat adatto sia per le specie pelagiche che per il rafting costiero“.

La dott.ssa Linsey Haram (foto: FloatEco)

Specie costiere sui rifiuti galleggianti in mare

Che le isole di plastica stessero acquisendo questo nuovo “ruolo” è già noto da qualche anno. I risultati dei due studi della ricercatrice descrivono il nuovo habitat. È “adatto nell’oceano aperto, con gli organismi costieri che possono sopravvivere in mare per anni e riprodursi, portando a comunità costiere autosufficienti in alto mare”.

Il primo studio spiega che il fenomeno si era notato già in occasione del terremoto con tsunami del 2011 nel Giappone orientale. “Centinaia di specie marine giapponesi costiere sono state trovate vive sui detriti che sono sbarcati sulle coste della costa nordamericana del Pacifico e delle isole hawaiane; dopo aver percorso oltre 6000 km attraverso l’Oceano Pacifico”. (…)

“Questi organismi costieri sono sopravvissuti e apparentemente sono cresciuti per anni in mare” ed “è stato scoperto che molti si sono riprodotti sui detriti dello tsunami in mare aperto”.

Ciò per la ricercatrice “ha dimostrato che i detriti antropogenici, che erano in gran parte composti da plastica galleggiante, fornivano zattere abitabili di lunga durata; e superavano le nostre aspettative sulla sopravvivenza delle specie costiere in mare”. Così si legge nella pubblicazione sulla rivista Nature Communications del 2 dicembre 2021.

specie costiere oceano
Una bottiglia colonizzata dai molluschi

La sopravvivenza in oceano aperto di decine di specie

Pochi giorni fa, il 17 aprile 2023, un’altra pubblicazione sulla rivista Nature Ecology & Evolution ha ampliato la visuale con un nuovo studio. Condotto nell’ambito del programma di ricerca noto come Floating Ocean Ecosystems FloatEco, ha mostrato che molte specie costiere hanno ormai colonizzato l’oceano aperto sui detriti.

I campioni analizzati 105 e tutti prelevati nel Pacifico settentrionale durante due spedizioni a bordo del Maersk Transportera a novembre 2018 e gennaio 2019; grazie alla collaborazione dell’organizzazione no-profit Ocean Cleanup. Identificati 484 organismi invertebrati marini sui detriti: principalmente su reti da pesca alla deriva, casse e bottiglie di plastica.

“L’analisi dei detriti di plastica del rafting nel vortice subtropicale del Pacifico settentrionale orientale ha rivelato 37 taxa di invertebrati costieri, in gran parte di origine del Pacifico occidentale, che superano di tre volte la ricchezza di taxa pelagici”. I taxa sono raggruppamenti di oggetti o organismi con caratteristiche simili.

“I taxa costieri, inclusi diversi gruppi tassonomici e tratti della storia della vita, si sono verificati sul 70,5% dei detriti. La maggior parte dei taxa costieri possedeva uno sviluppo diretto o una riproduzione asessuata, forse facilitando la persistenza a lungo termine sulle zattere. I nostri risultati suggeriscono che la mancanza storica di substrato disponibile ha limitato la colonizzazione dell’oceano aperto da parte di specie costiere, piuttosto che vincoli fisiologici o ecologici come ipotizzato in precedenza“.

In pratica, la scarsa colonizzazione in passato era per la mancanza di sostegni fisici e non per difficoltà di sopravvivenza in mare aperto. Le specie costiere sono perfettamente in grado di sopravvivere in oceano aperto.

specie costiere bottiglia

Numero verde ONA

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