LO SCORSO OTTOBRE, NELLE ACQUE CRISTALLINE DELLE ISOLE SALOMONE, NELL’OCEANO PACIFICO MERIDIONALE, LA SPEDIZIONE PRISTINE SEAS DELLA NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY HA SCOPERTO UN TESORO NATURALE SENZA PRECEDENTI: UNA COLONIA CORALLINA DI PAVONA CLAVUS DI DIMENSIONI ECCEZIONALI. LUNGO 34 METRI E LARGO 32, QUESTO GIGANTESCO ORGANISMO VIVENTE, VISIBILE PERSINO DALLO SPAZIO, È STATO SCOPERTO QUASI PER CASO
Il gigante sommerso frutto di una scoperta casuale
La spedizione Pristine Seas della National Geographic Society si trovava nelle acque delle Isole Salomone, un arcipelago situato nel Triangolo dei Coralli (regione marina che copre circa 6milioni di chilometri quadrati e si estende su sei Paesi del sud-est asiatico e del Pacifico: Indonesia, Malesia, Filippine, Papua Nuova Guinea, Timor Est e le Isole Salomone), noto per la sua straordinaria biodiversità marina.
La missione aveva un obiettivo chiaro: documentare e preservare ecosistemi marini incontaminati, raccogliendo dati importanti per sostenere iniziative di conservazione in una delle regioni più minacciate dal cambiamento climatico e dall’impatto umano. Questo lavoro di ricerca, volto a sensibilizzare il pubblico e a promuovere politiche di tutela ambientale, ha portato a una scoperta inaspettata e straordinaria.
Durante l’esplorazione di una tranquilla area al largo delle isole Duff, nella provincia di Temotu, uno dei membri della spedizione, il fotografo subacqueo Manu San Félix, notò qualcosa di insolito sul fondo dell’oceano. Da lontano sembrava un semplice scoglio sommerso, un’anonima formazione rocciosa tra sabbia e acqua limpida. Spinto dalla curiosità, decise di immergersi per osservare più da vicino, scoprendo invece una colonia corallina di dimensioni senza precedenti.
Un colosso nascosto per secoli
La formazione che San Félix trovò non era un semplice scoglio, ma un’enorme colonia di Pavona clavus, un corallo duro conosciuto anche come “corallo della scapola” per le sue protuberanze simili a ossa umane. Questo organismo vivente si sviluppa per 34 metri di lunghezza e 32 metri di larghezza ed è la più grande colonia corallina mai documentata al mondo, talmente imponente da poter essere osservata persino dallo spazio.
La scoperta, avvenuta quasi per caso, ha rivelato non solo la grandiosità di questa colonia, ma anche la sua capacità di rimanere nascosta per secoli.
Questa straordinaria colonia di corallo si trova a circa 13 metri di profondità in un ambiente unico e protetto, definito come una “sacca d’acqua fresca”. Parliamo cioè di una zona del mare in cui le condizioni ambientali – come temperatura, salinità e movimento dell’acqua – risultano particolarmente stabili e favorevoli rispetto alle aree circostanti.
In questo caso specifico, la temperatura più bassa rispetto alla media delle acque vicine potrebbe aver creato un microhabitat ideale, rallentando l’impatto del riscaldamento globale e dell’acidificazione degli oceani. Tutti fattori che rappresentano le principali minacce per la sopravvivenza dei coralli in tutto il mondo.
Questa formazione corallina, composta da quasi un miliardo di polipi geneticamente identici che agiscono come un unico organismo vivente, dimostra un’eccezionale capacità di adattamento. L’interazione cooperativa tra i polipi garantisce infatti la costruzione e la manutenzione della colonia, che funge anche da habitat per molte altre specie marine.
Quanto alla forma insolita e appiattita della colonia, anziché a cupola come è tipico di questa specie, secondo la ricercatrice Molly Timmers, potrebbe essere il risultato di secoli di adattamento all’ambiente circostante.
Ma le scoperte non finisco qui.
Un segnale d’allarme e di speranza: il gigante e le minacce
La spedizione ha documentato non solo la vitalità del “mega-corallo”, ma anche le minacce che incombono su di esso e sugli ecosistemi marini in generale. I coralli di tutto il mondo stanno affrontando un periodo critico a causa del riscaldamento globale, dell’inquinamento e della pesca intensiva. L’acidificazione degli oceani, causata dall’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, indebolisce le strutture scheletriche dei coralli, rendendoli più fragili e vulnerabili.
Secondo i ricercatori, il corallo appena scoperto rappresenta un simbolo di speranza in un contesto globale sempre più preoccupante. La sua straordinaria longevità – stimata in circa 300 anni – testimonia la resilienza della natura, ma al tempo stesso richiama l’urgenza di adottare misure concrete per salvaguardare questi ecosistemi. «Questo corallo ci ricorda che, nonostante le difficoltà, la vita resiste», afferma Molly Timmers, capo della spedizione. «Ma non possiamo dare per scontato che questa resilienza sia infinita».
Minacce globali: la fragilità della vita marina
Nonostante il “mega-corallo” sembri trovarsi in buone condizioni, il suo futuro resta incerto. Come tutte le barriere coralline, anche questa imponente colonia è esposta a una serie di minacce che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Tra le principali insidie vi sono il riscaldamento globale, l’acidificazione degli oceani, l’inquinamento marino e la pesca intensiva. Questi fattori, strettamente legati all’attività umana, stanno alterando profondamente gli equilibri degli ecosistemi marini, rendendoli sempre più fragili.
Uno dei pericoli più gravi per i coralli è lo sbiancamento, un processo distruttivo causato dall’aumento delle temperature oceaniche. Quando l’acqua supera determinate soglie termiche, i coralli perdono le alghe simbiotiche – essenziali per il loro nutrimento e per la fotosintesi – lasciando la struttura calcarea esposta e vulnerabile. Questo non solo priva i coralli del loro caratteristico colore, ma ne compromette la capacità di rigenerarsi, portandoli lentamente alla morte.
Dati sul bleaching
I dati raccolti tra il 2023 e il 2024 evidenziano l’entità del problema: circa il 77% delle barriere coralline monitorate ha subito temperature così elevate da scatenare episodi di “bleaching”. Si tratta di una perdita che non si limita all’estetica, ma colpisce al cuore la biodiversità marina, minacciando interi ecosistemi.
Il cambiamento climatico, come spiega Enric Sala, esploratore residente di National Geographic e fondatore di Pristine Seas, sta trasformando radicalmente gli oceani, che diventano sempre più caldi e acidi.
Questo cambiamento chimico, provocato dall’assorbimento dell’eccesso di anidride carbonica atmosferica, riduce la capacità dei coralli di produrre carbonato di calcio, elemento fondamentale per la formazione e la solidità dei loro scheletri.
Helen Findlay, oceanografa di spicco, paragona questo fenomeno all’osteoporosi umana: «Quando mancano i nutrienti essenziali, le ossa si indeboliscono e diventano fragili. Lo stesso accade ai coralli, che senza condizioni ottimali non riescono a sostenersi né a crescere».
Una scoperta che ispira speranza
Ad ogni modo, la scoperta del “mega-corallo” offre un raro messaggio di speranza. «Questo pilastro di vita ci ricorda che non tutto è perduto», afferma Timmers. Vedere un organismo così vasto e antico prosperare in un oceano sempre più minacciato risveglia un senso di meraviglia e determinazione.
La comunità locale delle Isole Salomone, che da anni protegge queste acque attraverso normative consuetudinarie, spera che la scoperta possa favorire ulteriori iniziative di conservazione, estendendo le protezioni a livello nazionale. Attualmente, solo l’8,4% degli oceani mondiali è protetto da normative ufficiali, ma gli esperti sottolineano la necessità di raggiungere almeno il 30% entro il 2030 per garantire la sopravvivenza degli habitat marini.
Un appello alla conservazione
La scoperta del corallo più grande del mondo non è soltanto un tributo alla straordinaria biodiversità dei nostri oceani ma un richiamo urgente alla responsabilità. Questo gigante sommerso, con i suoi tre secoli di vita, ci ricorda che la natura ha una straordinaria capacità di adattamento, ma ha bisogno di protezione per continuare a prosperare.
In un mondo segnato da devastanti cambiamenti ambientali, questo “monumento vivente” ci invita a riflettere sulla nostra relazione con il pianeta e sulla necessità di agire con urgenza. Eliminare gradualmente i combustibili fossili, ridurre l’inquinamento e rafforzare le normative di conservazione non sono più scelte opzionali, ma imperativi morali. Questo corallo, invisibile per secoli, sembra gridare: «Siamo ancora qui. Non dimenticateci». Sta a noi ascoltare.
Fonte
National Geographic