martedì, Aprile 29, 2025

Dalla medicina al business: l’epoca d’oro della cocaina (parte seconda)

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NEL XIX SECOLO, LA COCAINA VENNE CELEBRATA COME UN MIRACOLOSO ALLEATO DELLA MEDICINA E DEL BENESSERE. TRA ENTUSIASMO E IMPRENDITORIA, FIGURE COME PAOLO MANTEGAZZA E ANGELO MARIANI NE PROMOSSERO L’USO, IGNARI DELLA SUA PERICOLOSITÀ. QUESTO ARTICOLO RACCONTA LA LORO AFFASCINANTE E CONTROVERSA STORIA

La coca, ingrediente magico

La scoperta dell’ingrediente magico delle foglie di coca, la cocaina, trovò grande applicazione nella nascente medicina moderna come antidolorifico e anestetizzante. In parallelo, comparve tutta una industria ricreativa fondata sull’uso di questa sostanza. Siamo ancora attorno al 1860 e in piena euforia da foglie di “coca del Perù”.

È difficile oggi capire l’entusiasmo di allora per questa sostanza che davvero sembrava essere miracolosa visto che, per un po’ almeno, non se ne capiva la pericolosità.

Paolo Mantegazza

In un certo senso tutto parte dall’Italia. Uno dei più grandi ammiratori della coca di quest’epoca si chiavava Paolo Mantegazza. Era un neurologo, antropologo, politico, scrittore di fantascienza e direttore del Museo di antropologia a Firenze.

È questo un personaggio interessantissimo, soprattutto dato il contesto storico, con idee sulla criminalità, sulle teorie dell’evoluzione, sul come portare avanti la fecondazione artificiale. Era un proponitore della banca del seme per i soldati. Scrisse anche gli “Almanacchi d’igiene”, intesi per le masse, che portarono all’uso di migliori norme sanitarie in tutta Italia.

Mantegazza scrisse cose dal titolo: Fisiologia del Dolore, Fisiologia dell’Amore, Gli Amori degli Uomini, Fisiologia dell’odio, Fisiologia della Donna. Scrisse pure un seguito al libro “Cuore” di Edmondo de Amicis di cui era amico.

Interessante, no?

Mantegazza era di Monza ma era stato in Norvegia e in India e, soprattutto, in Argentina e Paraguay.

Qui aveva fatto il medico e aveva osservato come vivevano le tribù indigene, e da qui il suo interesse per l’antropologia. Aveva pure osservato gli effetti, positivissimi a suo dire, della “magica pianta degli Incas” sulla popolazione locale.

Al suo ritorno in Italia dal Sud America iniziò a masticare coca pure lui, e nel 1859 scrisse un articolo dal titolo “Sulle virtù igieniche e medicinali della coca e sugli alimenti nervosi in generale”.

Della coca scriveva

“Guardavo i poveri mortali condannati a vivere in questa valle di lacrime mentre io, trasportato sulle ali di due foglie di coca, volavo attraverso gli spazi di 77.438 parole, ciascuna più splendida della precedente. Un’ora dopo, ero sufficientemente calmo da scrivere queste parole con mano ferma: Dio è ingiusto perché ha reso l’uomo incapace di sostenere l’effetto della coca per tutta la vita. Preferirei avere una durata di vita di dieci anni con la coca che una di 10.000.000.000.000.000.000.000 secoli senza coca”.

Mantegazza fu per il resto della vita un forte sostenitore dell’uso della coca per potenziare e calmare la mente umana. Nel 1871 pubblicò un manuale su tutte le droghe conosciute all’epoca, le loro proprietà sulla psiche umana, e loro utilità. Si chiamava “Quadri della natura umana. Feste ed ebbrezze” ed è considerato il suo capolavoro.

Nel 1897 scrisse “L’Anno 3000: Sogno”, una sorta di romanzo fantascientifico dove immaginò che avremmo avuto aria condizionata, carte di credito, energia dal sole, cards, realtà virtuale e pace duratura in Europa nell’anno 3000. Non male, visto che tutte queste cose sono arrivate prima del 2000!

Paolo Mantegazza è molto più della cocaina. Per mancanza di tempo e spazio, non posso parlarne ulteriormente qui ma, per chi è interessato, una ricerca su internet ne rivela tutta l’umanità e nobiltà d’animo.

Angelo Mariani

Il primo a commercializzare vino alla coca fu Angelo Mariani, un professore di chimica di origine italiane proveniente dalla Corsica. Che abbia un nome italiano non è un caso, visto che Mariani lesse vari documenti scritti da Paolo Mantegazza sulle foglie di coca e pensò bene di farci un business.

Il primo esperimento fu su una attrice depressa, che miracolosamente ritrovò energia e vigore. E cosi Mariani iniziò a vendere il suo “Vin Tonique Mariani (à la Coca du Pérou)” già nel 1863 a Parigi. Fu un successone che poi arrivò nel resto d’Europa e negli USA, tanto che nel 1880 Mariani aprì un nuovissimo impianto industriale fatto apposta per il Vin Mariani, a Neuilly-sur- Seine, vicino a Parigi.

Questo suo coca-wine era fatto mescolando il vino Bordeaux con foglie di coca che arrivavano dal Peru, in seguito anche dalla Bolivia. L’intruglio rimaneva in mescolanza per dieci ore, con 60 foglie di coca per litro di vino.

L’etanolo nel vino funzionava da solvente e riusciva ad estrarre la cocaina dalle foglie durante la preparazione, creando una molecola che oggi viene chiamata cocaetilene. Il risultato è che il Vin Mariani aveva un tasso alcolico variabile fra l’11 e il 17% con circa 200 o 250 milligrammi di cocaina per litro. Alla gente piacque molto questo Coca Wine perché il cocaetilene è più euforico (e tossico) della cocaina e dell’alcohol presi da soli. Solo che non lo sapevano.

Il Vin Mariani veniva venduto sia come aperitivo sia come digestivo per dare forza, vigore, energia, vitalità, appetito. Era per atleti e artisti ed era un “invigoratore degli organi sessuali”.

A luglio del 1884, Sigmund Freud pubblicò una serie di documenti dal titolo “Uber Coca”, per esprimere la sua ammirazione sia per la coca sia per il Vin Mariani.

Tutti a bere il Vin Mariani

Con gli estratti della coca, Mariani creò anche altri prodotti (tutti “tonici”) rivelandosi un moderno imprenditore che non solo fiutò business ma che seppe commercializzarlo con marketing azzeccatissimo. E non per niente, Angelo Mariani è considerato uno dei padri della pubblicità moderna.

Cosa inaudita all’epoca, andava cercando le celebrità che potessero dire cose buone dei suoi prodotti. Riuscì ad accattivarsi un po’ tutti i VIP dell’epoca.

I primi “testimonial” della storia

Jules Verne ed Emile Zola bevevano Vin Mariani. Cosi pure la regina Vittoria. L’attrice Sarah Bernhardt disse che non poteva recitare a lungo senza il Vin Mariani. Rudyard Kipling disse che era angelico. Lo usavano Papa Pio X e Papa Leone XIII. Quest’ultimo se lo portava appresso tutti i giorni per fortificarsi “quando la preghiera non è sufficiente”. Papa Leone XIII diede una medaglia d’oro a Angelo Mariani, che subito fini nella pubblicità.

Altri consumatori del vino alla coca erano l’inventore Thomas Edison, il primo ministro francese Jules Medine, i musicisti Giacomo Puccini e Pietro Mascagni, gli scrittori Henrik Ibsen, Émile Zola, H. G. Wells, Alexander Dumas, Sir Arthur Conan Doyle.

Robert Louis Stephenson scrisse “Lo strano caso di Dr Jekyll e Mr Hyde” durante sei giorni di scrittura intensa sotto gli effetti del Vin Mariani. Altri consumatori erano il re Alfonso di Spagna, lo Shah di Persia e pure due presidenti americani, William McKinley e Ulysses S. Grant.

L’esploratore Ernest Shackleton si portò il Vin Mariani in Antarctica e Auguste Bartholdi disse che se avesse consumato Vin Mariani probabilmente la sua statua della libertà sarebbe stata più alta di varie centinaia di metri.

Le reclame colorate

Dalla Francia le reclame colorate di Angelo Mariani arrivarono nel resto d’Europa con le firme degli illustratori più in voga dell’epoca e con le parole di Puccini, Edison, Mascagni e Zola e del Papa, i primi “testimonial” della storia.

Addirittura una rivista medica dell’epoca, Medical News, garantiva che nessun altro composto commerciale aveva così “pieno supporto” della comunità medica.

Il successo del Vin Mariani fece emergere una serie di altre bevande dalla formula vino e coca in tutto il mondo  

In Francia e in Spagna ma anche a New York e Londra. Fra i più famosi la Sedna (Andes scritto all’incontrario!), la Meatcalf’s Coca Wine di Boston, il Maltine di New York, il Coca Wine della Armbrecht di Londra, Halls Coca Wine di Londra, il Vin Bravais di Parigi e La Rochelle di Parigi.

In Inghilterra venivano chiamati vini nervini

Alcune di queste formule vantavano elevatissimi contenuti di cocaina e venivano pubblicizzate pure nelle riviste di medicina. Altri invece avevano altri ingredienti aggiuntivi, la carne, oppure altre noci brasiliane.

Fra queste la Coca Cola, di cui parleremo la prossima puntata.

A un certo punto, ci si rese conto dei pericoli della cocaina, del cocaetilene e tutto il coca-castello cadde via. Il Vin Mariani diventò illegale. Angelo Mariani cercò di opporsi ma non ci riuscì. Il Vin Mariani scomparve dalla circolazione nel 1914.

Coca Bouton

E per finire, c’era pure una ditta di Bologna che produceva Coca Wine. Era diretta da un certo Jean Bouton che aveva una fabbrica di liquori a Gentilly, in Francia, che riforniva originariamente Napoleone III.

Dopo la caduta dell’imperatore, la fabbrica di Mr. Bouton andò in rovina e lui venne a Bologna, italianizzò il suo nome, creò la distilleria Giovanni Buton e iniziò a vendere il Coca Buton, in Italia, a partire dal 1870. Si chiamava Elixir Coca Buliviana.

Come le altre miscele era un toccasana e tutto veniva garantito dalle parole di Paolo Mantegazza, secondo il quale la Coca Buton era la gloria dei liquori italiani.

Incredibilmente la Coca Buton si può comprare ancora adesso. La producono a San Lazzaro di Savena, provincia di Bologna e la ditta è stata di recente acquistata da Amaro Montenegro. È un liquore verde.

La ricetta non è diversa da allora, le foglie arrivano ancora dalla Bolivia e dal Peru e sono oggi messe in cassaforte. Una volta che ne estraggono l’aroma per farci il vino, le foglie usate sono date alla Guardia di Finanza che le conta a una a una.

Nel 2017 un pseudo-discendente di Angelo Mariani, Cristophe Mariani, ha iniziato a riprodurre il Vin Mariani adeguandolo alle leggi odierne. Nessuno conosce la ricetta originale e cosi usano la migliore approssimazione possibile, senza la cocaina. Esiste pure Agwa de Bolivia, bibita olandese con le foglie di coca boliviana e Amuerte, un gin e coca che si produce in Belgio.

Non ho mai toccato nessun tipo di droga nella mia vita (nemmeno le sigarette), ma devo dire che il Vin Mariani e la Coca Buton mi intrigano non poco!

Le pubblicità sono comunque bellissime.

Il Coca-Wine

“The magic drink that sends the blood pulsing through the veins, gives you new life, and makes it worth living”. (La bevanda magica che fa pulsare il sangue nelle vene, ti dà nuova vita e la rende degna di essere vissuta)

“A valuable Stimulating Tonic in cases of debility and for persons recovering from illness, especially in the sleeplessness arising from nervous exhaustion”. (Un prezioso tonico stimolante nei casi di debolezza e per le persone in fase di recupero da una malattia, in particolare nell’insonnia derivante dall’esaurimento nervosa)

Una storia interessante è quella della Hall’s Coca Wine, introdotta a Londra nel 1888 e fatta con il porto. Il proprietario del prodotto si chiamava Henry James Hall e si rese conto che chiamandola Coca Wine stava pubblicizzando la coca in generale. Non potendo registrare il nome “Coca Wine” come trademark, decise di chiamare questo vino Hall’s Wine, togliendo la parola coca, non per celare il contenuto alla cocaina ma per rafforzare il marchio Hall’s!

Questo Hall’s Wine venne approvato dai medici di Lancet e del British Medical Journal per il consumo umano. Qualche medico aveva delle riserve, ma non sulla cocaina nel vino, quanto sul contenuto alcolico e sul rischio dell’alcohol sulle donne.

Anche se durò poco, non riuscivano proprio a comprendere che la coca potesse essere pericolosa.

Altri tempi, eh?

Leggi:

La coca, prima del fentanyl (parte prima)

Dal Coca Wine alla Coca Cola (parte terza)

Numero verde ONA

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