martedì, Aprile 29, 2025

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) condanna l’Italia: indagine inefficace sulla morte di un operaio

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LA GIUSTIZIA NON SI MISURA SOLO NELLA CORRETTEZZA DELLE PROCEDURE, MA NELLA CAPACITÀ DI TUTELARE I PIÙ DEBOLI. LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI (CEDU) CONTRO L’ITALIA SOLLEVA INTERROGATIVI CRUCIALI SULL’EFFICACIA DELLE INDAGINI GIUDIZIARIE E SULLA RESPONSABILITÀ NELLA PROTEZIONE DELLA VITA UMANA

La Corte Europea dei Diritti Umani condanna l’Italia: inchiesta inefficace sulla morte di un operaio dell’Ilva

La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) ha emesso una sentenza di condanna nei confronti dell’Italia per non aver condotto un’indagine adeguata sulla morte di un operaio dell’ILVA, deceduto nel 2010 a causa di un tumore polmonare. I familiari attribuiscono la malattia all’esposizione prolungata a sostanze tossiche nell’ambiente di lavoro.

Nel ricorso presentato alla CEDU, la moglie e il figlio dell’operaio hanno denunciato la violazione del diritto alla vita sotto il profilo procedurale. Hanno contestato l’archiviazione del procedimento per omicidio colposo, sottolineando che le autorità non avevano tenuto in considerazione una perizia determinante. Tale documento dimostrava il legame tra la patologia dell’uomo e l’esposizione a sostanze nocive nello stabilimento.

Le autorità non hanno analizzato le prove

I familiari hanno inoltre evidenziato che la decisione di interrompere l’indagine ha impedito di individuare i responsabili delle misure di sicurezza. Secondo loro, le autorità non hanno analizzato le prove che avrebbero potuto identificare chi avrebbe dovuto garantire la protezione dei lavoratori.

Nella sentenza, la CEDU ha rimarcato che la giurisprudenza nazionale e il riconoscimento dell’origine professionale della malattia avrebbero dovuto spingere le autorità a disporre ulteriori accertamenti. L’obiettivo sarebbe stato quello di verificare il nesso di causalità tra l’esposizione alle sostanze tossiche e il decesso, oltre a stabilire eventuali responsabilità per la mancata applicazione delle norme di sicurezza.

Un monito per un cambiamento radicale nelle politiche di prevenzione

«Questa condanna deve servire da monito per un cambiamento radicale nelle politiche di prevenzione – ha affermato l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto -. Nell’applicazione delle leggi e nell’atteggiamento nei confronti delle malattie professionali. È ora che il mondo prenda seriamente l’impegno di proteggere i suoi lavoratori e di garantire che casi come quello di questo operaio non rimangano senza giustizia».

“L’inchiesta non è stata efficace”

“Ne consegue che i tribunali nazionali non hanno fatto sforzi sufficienti per accertare la verità e che la decisione di archiviare l’indagine non è stata adeguatamente motivata”, recita la sentenza. La Corte ha quindi concluso che “l’inchiesta non è stata efficace”.

La giustizia strumento di equità

Questa vicenda solleva una riflessione profonda sul concetto di giustizia come strumento di equità. L’applicazione delle leggi non è sufficiente se non garantisce una reale tutela dei più vulnerabili. La sentenza non rappresenta solo un atto giuridico, ma un monito etico, un invito a riconoscere il valore della vita umana al di là delle mere statistiche. La giustizia non deve limitarsi alla forma, ma deve farsi carico delle sofferenze reali, restituendo verità e dignità alle vittime.

L’ONA prende atto della sentenza

«L’ONA prende atto della decisione della Corte europea e intensificherà la sua azione in chiave preventiva. Oltre ovviamente a favore delle vittime. In tutti gli ambiti, anche quello comunitario. Facendo valere in Italia il profilo della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, la cui giurisprudenza ed i principi hanno rilevanza anche per il diritto interno», ha concluso Bonanni.

Fonte: ANSA

Numero verde ONA

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