Con il termine rifiuto radioattivo si intende tutto materiale di scarto derivante dalle operazioni effettuate per produrre energia nucleare.
Ma i rifiuti radioattivi comprendono categorie di rifiuti fra loro molto diverse, fra cui quelli provenienti dai reattori di ritrattamento del combustibile nucleare, quelli prodotti dallo smantellamento di vecchi impianti, e gli elementi di combustibile esauriti..
I radionuclidi del’uranio e del torio normalmente presenti nei rifiuti non sono da considerarsi in tal senso materiale radioattivo.
La radioattività è un fenomeno fisico che deriva dall’instabilità di alcuni particolari atomi (i “mattoni della materia”) che compongono gli oggetti del nostro mondo e che ad un certo momento della loro vita subiscono un “processo di decadimento”.
Si trasformano, cioè, in un altro tipo di ATOMO emettendo una radiazione, di tipo particellare o elettromagnetica.
Il nuovo ATOMO può essere stabile e il processo di decadimento si chiude, oppure può essere ancora instabile e, quindi, si comporta come l’ATOMO di partenza (“padre”), dando luogo ad un nuovo processo di decadimento (in questo secondo caso si parlerà di “catena di decadimento”).
Procedendo in questa maniera, alla fine tutti gli atomi instabili raggiungeranno, inevitabilmente, uno stato di stabilità e la materia che li contiene diminuirà progressivamente la sua radioattività, fino a raggiungere valori trascurabili.
La velocità di decadimento dipende dal tipo (e dall’eventuale miscela) di atomi di partenza ed il tempo necessario per raggiungere il livello di radioattività trascurabile è molto variabile (da pochi secondi a centinaia di migliaia di anni).
Durante il processo di decadimento detti atomi cambieranno le loro caratteristiche, la loro massa, si chiameranno in modo differente ed avranno un comportamento chimico e fisico diverso, ma ai nostri fini è importante capire gli effetti delle radiazioni emesse sull’uomo e, in generale, sugli esseri viventi e sull’ambiente.
Dette radiazioni sono definite con il termine di “radiazioni ionizzanti”, cioè sono in grado di produrre degli effetti di ionizzazione nella materia che attraversano.
La ionizzazione della materia, a sua volta, può evolvere in una modificazione della stessa e, nel caso degli essere viventi, trasformarsi in un danno biologico, che può essere trascurabile o molto serio, a seconda della “quantità” di radiazioni assorbite.
La radioattività può causare, quindi, danni sia all’ambiente sia alla salute degli organismi viventi a seconda della quantità, da qui la necessità di stabilire i livelli minimi, al di sotto dei quali non si riscontrano danni per l’uomo e l’ambiente.
I materiali che contengono radioattività al di sopra di tali livelli, che sono fissati attraverso la normativa tecnica e di legge, sono considerati radioattivi e se si tratta di un rifiuto sarà classificato come rifiuto radioattivo, quindi mantenuto sotto controllo dall’autorità a ciò preposta ed isolato dall’ambiente con opportuni ed efficaci sistemi.
Risulta, quindi, immediatamente evidente che l’accertamento del contento di radioattività di qualsiasi materiale radioattivo, in particolare dei rifiuti radioattivi, così come la misura di altri parametri che ne definiscono le caratteristiche, è di fondamentale importanza per stabilire il pericolo ad esso associato, le successive fasi di trattamento ed il suo destino finale.
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