«L’IDEA ERA RAPPRESENTARE L’AMAZZONIA IN MODO CHE LE PERSONE POTESSERO COMPRENDERE QUANTO SIA ESSENZIALE, QUANTO SIA FONDAMENTALE QUANTO ABBIA BISOGNO DI ESSERE PROTETTA». LE FOTOGRAFIE DI SEBASTIANO SALGADO IN MOSTRA AL MAXXI A ROMA, FINO AL 25 APRILE PROSSIMO.
Il MAXXI, Museo delle Arti del XXI Secolo ospita la mostra fotografica di Sebastiano Salgado, sull’Amazzonia. «In un periodo in si sta discutendo sui destini del mondo, della Terra, dei cambiamenti climatici questa mostra acquista un valore speciale», afferma Giovanna Melandri presidente della Fondazione MAXXI.
Sebastião Ribeiro Salgado Júnior è uno tra i più grandi fotografi, umanista, dei nostri tempi. Per il fotoreporter brasiliano che vive a Parigi, «l’idea era rappresentare l’Amazzonia in modo che le persone potessero comprendere quanto sia essenziale, quanto sia fondamentale quanto abbia bisogno di essere protetta».
L’Amazzonia è (era?) la più grande foresta pluviale del mondo. La deforestazione amazzonica è aumentata del 75,6 per cento, gli allarmi per gli incendi forestali sono cresciuti del 24 per cento. A causa degli incendi, le emissioni di gas serra sono aumentate del 9,5 per cento. Tra agosto 2020 e luglio 2021, sono stati distrutti 13.235 km2 di Amazzonia (fonte Greenpeace).
In Amazzonia vivono cento popoli indios isolati. Questi non hanno mai avuto contatti con la civiltà dei bianchi. Vogliono solo vivere in pace nelle terre dove i loro popoli sono nati e per questo, preferiscono stare lontano dai bianchi.
Sebastião Salgado ha vissuto per sei anni nell’Amazzonia brasiliana, dove ha ripreso in oltre duecento scatti la foresta, i fiumi, le montagne, gli Indios.
«Le tribù sono rappresentate esattamente così come sono – illustra Salgado nella video-presentazione della mostra fotografica -. Ho spiegato l’essenza del progetto a ciascuna delle tribù affinché capissero quale fosse il loro ruolo, la loro parte in questo progetto generale».
Le foto esposte al Museo delle Arti romano mostrano quell’Amazzonia ancora incontaminata. Nel reportage di Sebastião ci sono anche le foto della foresta amazzonica distrutta dagli incendi o dai bulldozer «ma queste foto non facevano parte dell’idea del progetto».
Ha curato l’esposizione al MAXXI e la stesura di un testo Lèila Wanick Salgado, compagna di vita del fotoreporter.
«La mostra, come ho scritto nel mio testo, è l’espressione di un’idea – spiega Lèila -. In questo caso: l’Amazzonia. Cos’è l’Amazzonia, gli esseri che la popolano, gli animali, le piante.Tutti questi alberi che sprigionano una enorme quantità di umidità, formando nuvole magnifiche e che forma fiumi volanti. Questi fiumi che poi ritornano sotto forma di pioggia».
Le foto sono esposte in maniera tale che attraversando i corridoi si ha l’impressione di camminare nella foresta.
«Ho voluto anche lasciare un po’ di penombra tutto intorno e illuminare solo le foto come se fossero illuminate dal sole. Così come i raggi di sole che attraversano la foresta», descrive la signora Salgado.
La politica del presidente brasiliano Jair Bolsonaro sta favorendo i crimini ambientali e gli atti di violenza verso i popoli indigeni e le comunità forestali tradizionali.
La mostra di Salgado e l’intento politico
La mostra di Salgado, quindi, assume anche un importante elemento politico.
«Ho messo gli esseri umani al centro della foresta – continua Léila -. Abbiamo intervistato capi indigeni che parlano della loro vita, delle loro difficoltà».
«Gli indigeni dell’Amazzonia sono in pericolo, come lo siamo tutti noi – afferma Roberto Koch, editore della rivista di fotografia Contrasto -. Noi siamo con loro e questa mostra significa soprattutto che noi siamo con loro perché loro sono con la natura. Quindi, siamo davvero molto grati al MAXXI e alla città di Roma e a Sebastiano Salgado, ovviamente, per poter presentare questa grande mostra al MAXXI».
La vetrina di Salgado comprende anche due proiezioni con sottofondo musicale, «una proiezione di paesaggi con la musica di Villa-Lobos e una proiezione di ritratti umani con una composizione di Strotter», evidenzia la curatrice.
In sala, il “rumore” della foresta e le note di Jean Michel Jarre accompagnano il visitatore durante il percorso.
Salgado nutre «una grande speranza in quello che abbiamo realizzato», e si augura che questo suo progetto «possa trasmettere tutto ciò che abbiamo voluto mostrare di questo spazio enorme, essenziale, vergine. Uno spazio che corrisponde, più o meno, a quattordici volte la superficie dell’Italia».
E ce lo auguriamo pure noi.