IL 25 NOVEMBRE SI CELEBRA LA “GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE”. NEL 2023, 51MILA DONNE SONO STATE UCCISE NEL MONDO, UNA OGNI DIECI MINUTI. L’INTERESSE DELLA CLASSE POLITICA A QUESTO FENOMENO È LIMITATO. INTRODURRE L’EDUCAZIONE SESSUALE E AFFETTIVA NELLE SCUOLE
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite nel 1999 con la risoluzione 54/134. La ricorrenza vuole sensibilizzare sulla violenza di genere, un fenomeno ancora poco affrontato e radicato nella società. L’ONU lancia la campagna #NoExcuse (nessuna scusa) per chiedere ai governanti di agire.
La violenza sulle donne priorità sociale
A livello globale, si stima che 736milioni di donne abbiano subito violenze sessuali o fisiche, pari a una donna su tre. Nel 2023, 51mila donne sono state uccise, una ogni dieci minuti.
In Italia, nei primi sei mesi del 2024, sono state registrate oltre 2.900 violenze sessuali, perlopiù contro donne. Nei centri D.i.Re – Donne In Rete Contro La Violenza, la Rete nazionale antiviolenza gestita da organizzazioni di donne, sono state accolte più di 23mila donne. Mentre il numero anti violenza e stalking della presidenza del Consiglio 1522 ha ricevuto oltre 32mila chiamate di richiesta di aiuto.
Da gennaio a oggi, nel nostro Paese si contano 100 femminicidi, di cui 84 in contesti familiari o affettivi. Ben 51 donne sono state uccise dal partner o dall’ex. Nella maggior parte dei casi, il colpevole era italiano e conosciuto dalla vittima.
Inoltre, secondo i dati del ministero dell’interno, forniti dalla Direzione centrale della Polizia criminale, nel 2024 ci sono stati 44 tentati femminicidi documentati. Tra le vittime che chiamano il 1522, molte denunciano stalking, violenze fisiche, psicologiche, economiche o atti persecutori. Tuttavia, il 75% delle vittime non sporge denuncia per paura.
Sul lavoro, le forme di violenza più comuni sono verbale, mobbing e abuso di potere. Più di 6 donne su 10 non denunciano per timore di perdere il posto, subendo conseguenze devastanti come ansia, stress, depressione, perdita di autostima e burnout.
La violenza sulle donne rimane una priorità sociale per il 94% delle persone intervistate, ma solo l’1,5% dei contenuti pubblicati sui profili social dei politici ne parla. L’attenzione politica si limita a date simboliche come il 25 novembre o l’8 marzo, senza affrontare il problema con la profondità necessaria.
La vicenda “Giulia Cecchettin”
Oggi, il ricordo dell’efferato omicidio di Giulia Cecchettin, giovane promessa dell’ingegneria biomedica, brutalmente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, rimane profondamente radicato nella nostra comunità. L’omicidio di Giulia ha provocato profonda indignazione e acceso un ampio dibattito sul femminicidio, accompagnato anche da qualche commento non proprio adeguato.
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara
«L’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qualche modo discendenti da immigrazione illegale». Questo il commento del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, affrontando un tema complesso come la violenza sulle donne e la sua evoluzione nella società contemporanea, in occasione della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin alla Camera dei deputati.
La sorella di Giulia, Elena Cecchetin
La replica della sorella di Giulia, Elena, postata su instagram: «se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e “per bene”, si ascoltasse, non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro Paese ogni anno».
Introdurre l’educazione sessuale e affettiva nella scuola
In questa giornata dedicata alla riflessione e all’azione, L’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica (AIED), ribadisce il suo impegno nella difesa dei diritti sessuali e riproduttivi, promuovendo un’educazione capace di generare cambiamento e progresso sociale. L’AIED rinnova con forza il suo appello al governo italiano, alle forze politiche e alla società civile, esortandoli a introdurre l’educazione sessuale e affettiva nei curricoli scolastici a partire dal prossimo anno accademico.
«Questo governo, così come tutti quelli precedenti da quarant’anni ad oggi, continua ad ignorare la richiesta degli adolescenti che chiedono una adeguata formazione sulla salute sessuale e riproduttiva nella scuola – riferisce in una nota il presidente AIED Mario Puiatti -. Noi insistiamo, insieme alla comunità scientifica, che questa formazione deve iniziare fin dalla scuola materna, perché è a questa età che si inizia a capire la diversità dei corpi, la tolleranza, il rispetto e le molteplici espressioni dell’amore e dell’affetto».
Italia distante dagli standard internazionali
Attualmente – è scritto in una nota – l’Italia resta distante dagli standard internazionali, come quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che definiscono l’educazione sessuale un diritto umano fondamentale e un elemento chiave per la salute e il benessere generale. L’assenza di una politica educativa uniforme su questi temi priva i giovani di informazioni essenziali, alimentando una cultura di incomprensione e stigma che spesso sfocia in discriminazione e violenza.
Il processo Turetta
Proprio questa mattina nel corso dell’udienza per il processo contro Filippo Turetta, il pm Andrea Petroni ha chiesto l’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. Turetta, che ha rapito e ucciso l’ex fidanzata l’11 novembre 2023, è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, crudeltà, efferatezza, di sequestro di persona, di occultamento di cadavere e di stalking.
Perché il 25 novembre
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La data ricorda le sorelle Mirabal, brutalmente assassinate il 25 novembre 1960 dalla polizia segreta del dittatore dominicano Rafael Trujillo. Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, soprannominate “Las Mariposas”, le farfalle, lottarono contro la dittatura fondando il movimento clandestino “14 giugno”. Questo gruppo, ispirato a una fallita insurrezione sostenuta da Fidel Castro, guadagnò consenso e mobilitò proteste senza precedenti nel Paese.
Il regime reagì incarcerando le sorelle e i loro mariti, ma rilasciò le donne temendo ulteriori proteste. Nonostante ciò, il 25 novembre 1960, gli agenti di Trujillo tesero loro un’imboscata: furono portate in un casolare, picchiate a morte e le loro morti inscenate come un incidente stradale.
Dopo la tragedia, Dedé, l’unica sorella sopravvissuta, mantenne viva la loro memoria. “Las Mariposas” divennero simboli di resistenza femminile. Il regime, ormai indebolito, crollò l’anno successivo con l’assassinio di Trujillo.
Fonti
Focus, ministero dell’Interno, Istat, AIED, Osservatorio Diritti