L’ITALIA STA ATTRAVERSANDO UNA CRISI IDRICA SEMPRE PIÙ PROFONDA, UN PROBLEMA ESACERBATO DAI CAMBIAMENTI CLIMATICI E DALLA GESTIONE INEFFICIENTE DELLE RISORSE. A EVIDENZIARLO, L’ASSOCIAZIONE ARTIGIANI E PICCOLE IMPRESE MESTRE-CGIA, SECONDO CUI IL BEL PAESE È LA NAZIONE PIÙ “IDROESIGENTE” D’EUROPA
Il ruolo del cambiamento climatico e la situazione in Sicilia
Il cambiamento climatico sta giocando un ruolo cruciale nell’acutizzarsi della crisi idrica nel nostro Paese, con fenomeni di siccità sempre più frequenti e intensi che riducono drasticamente le riserve d’acqua disponibili. Questo problema è particolarmente evidente in Sicilia, una delle regioni che sta soffrendo maggiormente.
Le precipitazioni sempre più scarse e irregolari, hanno messo in ginocchio l’agricoltura e reso difficile l’approvvigionamento idrico per la popolazione. La situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di infrastrutture efficienti, con oltre il 51% dell’acqua potabile che viene dispersa a causa di una rete di distribuzione obsoleta.
In molte località siciliane, l’erogazione da parte dei Comuni è limitata solo alle ore mattutine. Questo obbliga i residenti a un utilizzo estremamente parsimonioso delle risorse idriche, poiché esaurire le scorte potrebbe significare rimanere senza acqua fino al giorno successivo.
Il problema si acutizza durante l’estate, quando l’afflusso di turisti fa aumentare significativamente la popolazione e, di conseguenza, la domanda acqua. Questa scarsità non solo crea disagi alle persone ma mette anche in difficoltà le strutture ricettive, che faticano a garantire un servizio adeguato.
Tutti i numeri della crisi idrica
Con un fabbisogno annuale di circa 40miliardi di metri cubi d’acqua, l’Italia supera di gran lunga Spagna e Francia, che consumano rispettivamente poco più di 30miliardi e quasi 27miliardi di metri cubi all’anno.
Nel nostro Paese, i consumi idrici sono suddivisi in vari settori: l’agricoltura assorbe il 41% del fabbisogno idrico, pari a 16,4 miliardi di metri cubi; l’uso domestico rappresenta il 24%, (9,6 miliardi di metri cubi); l’industria consuma il 20%, ovvero 8 miliardi di metri cubi; e il restante 15% è destinato alla produzione di energia elettrica, che ammonta a 6 miliardi di metri cubi. Questi dati pongono l’Italia ai vertici dei consumi idrici in Europa, specialmente nei settori agricolo e industriale.
Un problema critico è rappresentato dalla dispersione dell’acqua potabile durante il processo di distribuzione (dalla fonte, come serbatoi o impianti di trattamento, fino ai consumatori finali), che varia notevolmente da regione a regione.
Le perdite sono più elevate nella Basilicata, con uno spargimento del 65,5%, seguita dall’Abruzzo con il 62,5%, il Molise con il 53,9%, la Sardegna con il 52,8% e la Sicilia con il 51,6%. Al contrario, le regioni più efficienti nella gestione dell’acqua includono la Lombardia con una dissipazione del 31,8%, la Valle d’Aosta con il 29,8% e l’Emilia-Romagna con il 29,7%.
Questo fenomeno comporta un significativo spreco di una risorsa preziosa, oltre a causare costi economici e ambientali.
Queste, possono verificarsi per diversi motivi. Le infrastrutture obsolete o mal mantenute sono una causa comune: tubi vecchi, valvole difettose e connessioni deteriorate possono causare perdite d’acqua.
Anche le fughe dovute a piccole crepe o perdite non visibili che continuano per lungo tempo prima di essere scoperte, contribuiscono alla perdita idrica.
Gli interventi umani, come manutenzioni non eseguite correttamente o danneggiamenti accidentali durante lavori di scavo, possono anch’essi portare a perdite rilevanti. Infine, i furti di acqua, attraverso connessioni illegali alla rete idrica, rappresentano un altro fattore di dispersione.
Impatti economici della crisi idrica
La crisi idrica ha un impatto profondo su vari settori economici. L’agricoltura, che richiede il maggiore fabbisogno idrico, è particolarmente vulnerabile.
La scarsità d’acqua compromette la qualità dei raccolti perché le piante, sotto stress idrico, crescono meno vigorosamente e producono frutti e semi di minore qualità. Inoltre, con meno acqua disponibile, le piante non riescono ad assorbire adeguatamente elementi nutritivi dal suolo.
Di conseguenza, sono meno nutrienti e più suscettibili a malattie. Questo porta a una produzione agricola ridotta sia in termini di quantità sia di qualità.
E ha ripercussioni dirette sui prezzi dei prodotti alimentari.
Anche il settore turistico è gravemente colpito dalla scarsità d’acqua. Hotel, ristoranti, B&B ad esempio, possono trovarsi costretti ad applicare restrizioni sull’uso delle piscine, dei giardini e delle aree benessere, che sono attrazioni chiave per i viaggiatori.
Stesso discorso per l’industria, come il tessile, l’estrazione mineraria, il petrolchimico, il farmaceutico, la gomma e le materie plastiche. L’acqua è fondamentale per questi settori, non solo per i processi produttivi ma anche per il raffreddamento e la pulizia. La scarsità di questa risorsa può portare a interruzioni nella produzione, aumentare i costi e ridurre la competitività.
Interventi e pianificazione
Per affrontare la crisi, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede investimenti significativi. Sono stati destinati 4,3miliardi di euro per nuove infrastrutture idriche, la riparazione e la digitalizzazione delle reti, il potenziamento del sistema irriguo e la depurazione delle acque reflue.
Inoltre, un ulteriore miliardo di euro è stato assegnato al ministero delle Infrastrutture nel maggio scorso per ridurre le perdite nelle reti di distribuzione.
La Cgia di Mestre sottolinea che è fondamentale utilizzare questi fondi in modo efficace e tempestivo. «Soldi che dobbiamo spendere bene e in fretta se vogliamo finalmente tappare tutte le falle che sono presenti nella nostra rete idrica», avvertono dall’associazione.
È chiaro che, senza un miglioramento nella gestione e nella manutenzione delle infrastrutture, le risorse disponibili potrebbero non bastare a risolvere il problema.
Prospettive e innovazioni
Una soluzione che l’Italia potrebbe considerare è l’uso di dissalatori, una tecnologia adottata con successo in Paesi come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Israele e Spagna.
Questi possono contribuire a diversificare le fonti di approvvigionamento idrico, tuttavia presentano sfide come l’alto consumo di energia elettrica, l’impatto ambientale e il problema dello smaltimento dei prodotti chimici utilizzati durante il processo.
Gli impianti di ultima generazione, però, hanno fatto progressi nel ridurre questi problemi e hanno dimostrato risultati positivi in alcune località italiane, come l’Isola del Giglio, Ustica e Ponza.
In sintesi, la crisi idrica in Italia è un problema complesso che richiede un approccio integrato, che combini investimenti infrastrutturali, tecnologie innovative e una gestione più efficiente delle risorse.
Senza interventi adeguati, il Paese rischia di affrontare gravi conseguenze economiche e ambientali che potrebbero compromettere la sostenibilità delle sue attività economiche e la qualità della vita dei suoi cittadini.
Fonti
Cgia di Mestre
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)
Rapporti regionali sulla gestione delle risorse idriche