IL CAMBIAMENTO CLIMATICO DI ORIGINE ANTROPICA HA CONTRIBUITO AD AUMENTARE IL LIVELLO MEDIO DEI NOSTRI MARI DI OLTRE 25 CENTIMETRI NEGLI ULTIMI 130 ANNI. MA COSA ACCADRÀ NEI PROSSIMI ANNI AL MEDITERRANEO? LO SPIEGA UNO STUDIO DELL’ENEA.
MED16 è un modello matematico evoluto in grado di riprodurre nel modo più fedele possibile l’evoluzione del livello del Mar Mediterraneo, dal passato al futuro.
Messo a punto dai ricercatori ENEA di modellistica climatica, si avrà ora a disposizione un database affidabile per seguire l’innalzamento del Mediterraneo.
Dal 1980, infatti, il Mare Nostrum è andato riscaldandosi più velocemente dell’oceano globale. Gli studiosi ritengono, quindi, che qui gli effetti dei cambiamenti climatici saranno amplificati, con grave rischio per le comunità costiere.
Il Mediterraneo e il rapporto IPPC del 2021
Il livello del Mar Mediterraneo varia da sito a sito ed è il risultato dei movimenti tettonici locali, di una complessa dinamica delle masse d’acqua anche su piccola scala e degli scambi con l’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra.
Anche la connessione col Mar Nero, punto di raccolta delle acque di molti tra i maggiori fiumi europei, influenza le caratteristiche del bacino, correlandole al ciclo idrologico di una vasta porzione dell’Europa continentale.
«L’ultimo rapporto IPCC del 2021 sottolinea che le proiezioni medie di innalzamento del livello del mare sulla Terra non sono abbastanza accurate per i bacini marginali, come il Mediterraneo, che richiedono lo sviluppo di modelli specifici. Ecco, il nostro studio finalmente colma questo gap scientifico».
Lo spiega Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio ENEA di Modellistica Climatica e Impatti e autore del nuovo studio Modelling present and future climate in the Mediterranean Sea: a focus on sea-level change.
Lo studio dell’ENEA nei dettagli
Il nuovo modello climatico ENEA ha un dettaglio spaziale mai raggiunto prima, infatti: «Gli attuali modelli globali rappresentano il Mediterraneo come un lago, isolato dall’Atlantico, e per questo non sono sufficienti a fornire stime realistiche sulle sue variazioni di livello. Ora invece, grazie a MED16, riusciamo a coprire l’intero sistema “Mediterraneo-Mar Nero”, e una piccola parte dell’Oceano Atlantico ad ovest dello Stretto di Gibilterra, con una risoluzione spaziale uniforme di 1/16°, che corrisponde a circa 7 km», sottolinea Sannino, che aggiunge: «Inoltre, abbiamo aumentato notevolmente il dettaglio in corrispondenza degli stretti, per rappresentare in modo affidabile la dinamica locale degli scambi d’acqua; parliamo, quindi, di circa 200 metri per lo Stretto di Gibilterra e di 550 metri per i Dardanelli e il Bosforo».
Cosa ci riserva il futuro?
Negli ultimi decenni, l’innalzamento del mare non è stato omogeneo nel Mediterraneo: dai dati del periodo 1993–2017, l’aumento osservato varia da un minimo di 1,95 mm/anno nello Ionio a un massimo di 3,73 mm/anno nell’Egeo.
Il Mediterraneo occidentale mostra un trend più regolare, indotto prevalentemente dal segnale proveniente dall’Atlantico. Il bacino orientale mostra un comportamento più complesso, con una marcata variabilità interna.
«Il futuro – continua Sannino – non ci riserva buone notizie. Se non riusciremo a invertire l’attuale crescita della temperatura globale, a fine secolo, tra ottant’anni, il livello del mare sarà più alto di circa 60 centimetri rispetto ad oggi. Si tratta di valori da non sottovalutare. Pochi centimetri di innalzamento determinano l’allagamento di parecchi chilometri quadrati delle nostre coste».
Al 2100 la temperatura del Mediterraneo continuerà a crescere
Secondo la proiezione ENEA al 2100, considerando lo scenario più pessimistico dell’IPCC (elevata emissione ed elevato valore della forzante radiativa, paria a 8.5 W/m2), la temperatura del Mar Mediterraneo continuerà a crescere.
A fronte di ciò, diminuirà la salinità superficiale nella parte occidentale del bacino, interessata dalla corrente atlantica. Difatti, oltre all’innalzamento del livello, il riscaldamento delle acque marine provocherà l’inibizione parziale della formazione delle acque profonde.
Esse, trasportando ossigeno verso gli strati profondi, permetteranno al mare di “respirare”, creando, quindi, le condizioni per la sopravvivenza degli habitat naturali.
«Con il modello MED16 – conclude Sannino – abbiamo simulato l’evoluzione passata della circolazione del Mediterraneo e quella futura fino al 2100. Il confronto con i dati osservati ha confermato la capacità del nostro nuovo modello di riprodurre correttamente le caratteristiche del bacino. Queste simulazioni costituiscono la base di riferimento per le proiezioni future non solo per il lungo arco temporale che coprono e per l’alta risoluzione spaziale, ma anche perché tengono conto esplicitamente delle maree e delle loro interazioni con la circolazione».