IN RISPOSTA ALLA CRISI AMBIENTALE E CLIMATICA, L’UNIONE EUROPEA HA ADOTTATO LA “NATURE RESTORATION LAW”, UNA LEGGE CHE MIRA A RIGENERARE ECOSISTEMI DEGRADATI. FORESTE, FIUMI, ZONE UMIDE E CITTÀ SONO AL CENTRO DI UN PROGETTO INTEGRATO PER PRESERVARE LA BIODIVERSITÀ E PROMUOVERE L’EQUILIBRIO TRA UOMO E NATURA
Il ripristino degli habitat e la “Nature Restoratrion Law”
La “Nature Restoration Law”, entrata in vigore il 18 agosto 2024, rappresenta una svolta nelle politiche ambientali dell’Unione Europea. L’adozione di questa legge avviene in un momento di estrema urgenza.
La crisi climatica e ambientale ha accelerato il declino della biodiversità, compromesso la resilienza degli ecosistemi e la loro capacità di fornire servizi essenziali. L’esaurimento delle risorse idriche, l’erosione del suolo, la frammentazione degli habitat e la perdita di specie vegetali e animali sono solo alcune delle manifestazioni di un fenomeno globale che minaccia il benessere umano e naturale.
Gli habitat degradati non solo mettono a rischio la sopravvivenza di numerose specie, ma indeboliscono anche la qualità della vita umana. Il che, evidenzia la necessità di un cambio di paradigma. L’intervento dell’Unione Europea, attraverso questa legislazione, punta a invertire la rotta, ponendo la biodiversità al centro delle sue politiche. Nello specifico, questa prospettiva si traduce in interventi che non solo mirano a ripristinare la natura, ma che intendono anche integrare la tutela ambientale con lo sviluppo sostenibile. Ma approfondiamo la questione.
Obiettivi del regolamento
Il regolamento europeo stabilisce traguardi rigorosi e ben precisi. La legge prevede, ad esempio, di concentrare gli sforzi su ambienti chiave come le zone umide, le foreste, le praterie, i corsi d’acqua e le aree urbane. Gli interventi si pongono come obiettivo di ripristinare almeno il 30% degli habitat degradati entro il 2030, con una progressiva estensione al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Inoltre, la normativa intende affrontare il drammatico declino delle popolazioni di impollinatori, elemento essenziale per l’agricoltura e per il mantenimento della biodiversità. Questo obiettivo include misure mirate per garantire la protezione e la diversità degli habitat indispensabili alla loro sopravvivenza.
Un altro aspetto prioritario riguarda le aree urbane, dove la pressione antropica (causata dall’azione dell’uomo) ha ridotto gli spazi verdi e compromesso la qualità dell’aria e delle condizioni di vita. La legge stabilisce l’obbligo di mantenere e ampliare la copertura arborea e gli spazi naturali all’interno delle città, migliorando la resilienza urbana agli effetti dei cambiamenti climatici. Parallelamente, viene dato grande rilievo alla connettività fluviale, allo scopo di eliminare le barriere artificiali che ostacolano il flusso dei corsi d’acqua e di recuperare almeno 25mila chilometri di fiumi a scorrimento libero entro il 2030. Ma non finisce qui.
Un approccio integrato
Il regolamento prevede che le pratiche agricole e forestali debbano evolversi in maniera sostanziale per garantire una piena armonia con gli equilibri naturali. Questo significa adottare tecniche che non solo minimizzano l’impatto sull’ambiente, ma che promuovono attivamente la rigenerazione degli ecosistemi. Ad esempio, l’agricoltura rigenerativa, basata su rotazioni colturali, il mantenimento della copertura vegetale e l’uso limitato di sostanze chimiche, può ripristinare la fertilità del suolo e favorire la biodiversità. Allo stesso modo, la gestione sostenibile delle foreste prevede interventi mirati a preservare la diversità delle specie arboree, migliorare la capacità di assorbimento del carbonio e proteggere gli habitat naturali degli animali selvatici. Questo approccio integrato non è solo una risposta alle pressioni ambientali, ma rappresenta anche un’opportunità per sviluppare nuove filiere produttive e incentivare pratiche economiche responsabili.
Il settore energetico, dal canto suo, gioca un ruolo cruciale in questa trasformazione. La promozione di tecnologie innovative e meno invasive, come le energie rinnovabili distribuite, l’uso di materiali ecocompatibili per le infrastrutture e la pianificazione territoriale attenta alla conservazione degli habitat, rappresentano passi fondamentali verso un modello di sviluppo sostenibile. La transizione energetica non è dunque solo una sfida tecnologica, ma un processo complesso che deve tenere conto dell’interconnessione tra ambiente, economia e società.
Sfide e opportunità
Gli Stati membri sono tenuti a presentare Piani Nazionali di Ripristino entro due anni dall’entrata in vigore del regolamento, definendo strategie concrete per raggiungere gli obiettivi prefissati. Tuttavia, la “Nature Restoration Law” ha incontrato l’opposizione di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, che ha espresso un voto contrario per motivi legati a preoccupazioni economiche e settoriali. Il governo italiano ha motivato la sua posizione sostenendo che gli obiettivi imposti dalla legge avrebbero potuto incidere negativamente su alcuni settori produttivi, in particolare l’agricoltura e la gestione forestale, ritenuti vulnerabili a regolamentazioni troppo stringenti. Inoltre, sono state sollevate critiche riguardo ai costi finanziari necessari per attuare le misure previste, giudicati troppo elevati rispetto alle risorse disponibili nel breve termine.
Nonostante queste riserve, la “Nature Restoration Law” rappresenta un’opportunità senza precedenti per promuovere la sostenibilità ambientale, aumentare la resilienza climatica e migliorare il benessere delle comunità.
Insomma, i benefici attesi superano di gran lunga le difficoltà. Ma passiamo ai benefici economici e sociali.
Implicazioni economiche e sociali
Secondo stime della Commissione Europea, ogni euro investito nel ripristino della natura può generare un ritorno economico compreso tra 8 e 38 euro. Questo, si manifesta attraverso una serie di servizi ecosistemici essenziali, tra cui la purificazione dell’acqua, la regolazione del clima, il miglioramento della qualità dell’aria e la mitigazione dei disastri naturali come inondazioni e siccità. Questi benefici si traducono in risparmi economici sostanziali per governi e comunità locali. Inoltre, riducono la necessità di interventi correttivi costosi.
Un altro aspetto di grande rilevanza riguarda la creazione di nuovi posti di lavoro nei settori legati alla conservazione e alla gestione sostenibile delle risorse naturali. Il ripristino degli ecosistemi può stimolare l’economia locale attraverso iniziative come la riforestazione, la rinaturalizzazione di aree urbane e la bonifica di terreni degradati. Questi progetti non solo generano occupazione diretta, ma favoriscono anche l’indotto, incentivando la nascita di piccole e medie imprese orientate alla sostenibilità.
Il ruolo dei cittadini e delle comunità locali
Un elemento centrale per il successo della “Nature Restoration Law” è infine il coinvolgimento dei cittadini e delle comunità locali. L’educazione ambientale e la sensibilizzazione sull’importanza della biodiversità rappresentano strumenti fondamentali per favorire una maggiore consapevolezza e responsabilità collettiva. Le comunità possono partecipare attivamente ai progetti di ripristino, fornendo contributi concreti e sviluppando un legame più profondo con il territorio. Inoltre, la cooperazione tra enti locali, organizzazioni non governative e settore privato può rafforzare l’efficacia delle iniziative, creando una rete di supporto capillare.