LA GHIANDAIA MARINA, UNO DEGLI UCCELLI PIÚ AFFASCINANTI DEL NOSTRO CONTINENTE, È TORNATA A COLORARE CON IL SUO INTENSO TURCHESE LE NOSTRE CAMPAGNE: IL RITORNO NON È CASUALE, MA FRUTTO DI UN IMPEGNO COSTANTE CHE PRENDE IL NOME DI “CAMPAGNE TURCHESI”, UN PROGETTO DI CONSERVAZIONE NATO PER PROTEGGERLA E PERMETTERLE LA NIDIFICAZIONE NEI NOSTRI PAESAGGI AGRICOLI. UN PROGETTO CHE SI ALLARGA, OGGI ALLA TERZA EDIZIONE
La ghiandaia marina: una specie da salvare
Dopo oltre settant’anni di assenza, la ghiandaia marina (nome scientifico Coracias garrulus) ha fatto ritorno nel Piemonte meridionale, ma resta una specie fragile. Nonostante i segnali positivi — il numero di coppie nidificanti è raddoppiato dal 2022 al 2024 — il rischio di perdere questo splendido uccello è ancora concreto.
Le campagne, un tempo ricche di alberi maturi e ruderi dove nidificare, sono sempre preda di coltivazioni intensive, impianti fotovoltaici e nuove costruzioni che cancellano habitat fondamentali e non permettono la nidificazione.
Il progetto “Campagne Turchesi”, ideato dall’ornitologo e documentarista Alessandro Ghiggi, si concentra sulla creazione e installazione di nidi artificiali, cassette e tronchi cavi che offrono rifugio non solo alle ghiandaie ma anche ad altre specie che dipendono da cavità naturali per riprodursi, come civette, upupe e assioli.
Il progetto “Campagne Turchesi” cresce e si espande
Siamo ora alla terza fase, Campagne Turchesi III, e il progetto continua a evolversi. Oltre alla ghiandaia marina, ora si tutela anche l’albanella minore, un rapace in pericolo, e sono state avviate collaborazioni con realtà italiane come l’associazione Pygargus e con i tecnici del Parco della Maremma.
È stata perfino installata una piattaforma nido per cicogne e falchi pescatori, in attesa che, un giorno, anche questi straordinari uccelli possano tornare a nidificare qui.
Centrale nel progetto è anche la divulgazione: giornate sul campo, serate pubbliche, attività con le scuole. L’obiettivo è sensibilizzare i cittadini sull’importanza della biodiversità agricola e su come ciascuno possa fare la propria parte, magari costruendo un nido o partecipando a una passeggiata naturalistica.
Minacce e sfide: la corsa contro il tempo
Le speculazioni agricole e fotovoltaiche minacciano seriamente la naturalità residua delle campagne piemontesi. La sparizione di alberi vecchi, siepi e prati stabili sta letteralmente cancellando il tessuto ecologico che consente a queste specie di sopravvivere. Persino le ghiandaie marine più longeve si ritrovano senza più l’albero in cui avevano nidificato per anni.
A ciò si aggiunge la cancellazione da parte della Commissione Europea dell’obbligo di mantenere il 4% a incolto per le aziende agricole imposta dalla PAC 2023-2027.

Una risposta concreta: nidi, conoscenza e comunità
In questo contesto critico, ogni nido artificiale diventa un’azione concreta di resistenza ecologica. La costruzione di cassette o tronchi-nido costa poco (tra i 15 e i 45 euro), ma può fare la differenza per una specie in difficoltà.
Gli organizzatori puntano a installare due nidi per ogni chilometro quadrato, e grazie alle donazioni dei cittadini, il progetto si sta già espandendo verso le province di Asti, Tortona e Torino.
Ogni donatore può partecipare a escursioni guidate, imparare a riconoscere le specie avifaunistiche locali e diventare parte attiva del progetto. Un modo concreto per riscoprire il proprio territorio e contribuire alla sua rinascita.
Perché proteggere la ghiandaia marina?
Proteggere la ghiandaia marina non significa solo salvare un uccello dai colori spettacolari. Significa preservare la biodiversità, difendere gli equilibri naturali, garantire la salute degli ecosistemi agricoli da cui dipende anche la nostra qualità della vita. La biodiversità non è un lusso, ma una necessità. E la ricomparsa di una specie scomparsa da decenni è un segnale di speranza, che va sostenuto con impegno e attenzione.
“Campagne Turchesi” è più di un progetto scientifico: è un gesto d’amore verso la terra, un invito a rallentare e osservare ciò che ci circonda. E soprattutto, è la prova che, con volontà e collaborazione, si può ancora fare qualcosa per invertire la rotta della crisi ambientale.