NEL SUO NUOVO LIBRO L’ATTIVISTA AFGANA ZARIFA GHAFARI TESTIMONIA IL SUO IMPEGNO PER COMBATTERE LA DISCRIMINAZIONE FEMMINILE NEL SUO PAESE
“Zarifa. La battaglia di una donna in un mondo di uomini”: è questo il titolo del nuovo libro di Zarifa Ghafari. Qui racconta la sua storia come attivista impegnata nella tutela dei diritti delle donne nel suo Paese, l’Afghanistan.
Tra le pagine del suo memoir delinea due aspetti di sé stessa. Da una parte c’è Zarifa, l’indomita attivista che continua a lottare per contrastare la corruzione e la discriminazione femminile.
Dall’altra, invece, c’è Krish, un nomignolo con cui la chiamava la sua famiglia, derivante dalla parola “Krishma” che significa “affetto”. Ed è proprio grazie a Krish che l’autrice riesce a trasmettere la sua parte più fragile e intima, colei che piange la perdita del padre, assassinato nel novembre del 2020.
«Da piccola avevo due personalità, una dolce e l’altra impetuosa – confessa Zarifa Ghafari -. Nel corso degli anni i due nomi sono stati lo strumento che ha permesso alla mia famiglia di accettare le mie scelte».
La presentazione del libro di Zarifa Ghafari
Giunta in Italia, girerà la penisola per presentare la sua opera: sarà a Venezia il 23 marzo, a Bassano del Grappa il 24, a Roma il 25 e arriverà a Napoli il 31 marzo.
In questi incontri, però, approfondirà anche un altro aspetto che il suo libro mette in luce. Il testo non è solo l’autobiografia di questa rimarchevole personalità ma è anche la testimonianza della vita in Afghanistan negli ultimi vent’anni, narrata da una prospettiva tutta femminile.
Le parole dell’autrice, però, donano qualcosa in più perché non sono semplicemente quelle di una donna, ma anche di una funzionaria del suo Paese che ha il sogno di cambiare finalmente il destino delle donne afghane.
Zarifa Ghafari e la difesa dei diritti delle donne
Ma chi è Zarifa Ghafari? Tutto è iniziato quando è diventata una dei pochi sindaci donna in Afghanistan. Eletta nel 2018, a soli 24 anni, a Maidan Shahr, nella provincia ultraconservatrice di Vardak, ha subito durante il suo incarico diversi attentati e persecuzioni da parte dei talebani, ma non solo.
Per avere il permesso di assumere la sua carica ha dovuto lottare per mesi contro le proteste dei cittadini. Ha iniziato a lavorare solo nel novembre 2019, quasi un anno dopo la sua elezione. E ben presto ha dovuto fare i conti con continue molestie, intimidazioni e manifestazioni fuori dal suo ufficio. Più volte ha subito trattamenti ingiusti. Per esempio quando si è ritrovata la porta del suo ufficio chiusa a chiave per impedirle di entrare oppure quando i suoi colleghi uscivano dalla stanza dove lei era presente.
«Più mi ignoravano, più mi rifiutavano, più vedevo come mi ridicolizzavano per il mio sesso, più diventavo forte – racconta Ghafari in un’intervista della CNN -. Era come dire: qualunque cosa io abbia nella mia testa, è uguale a ciò che avete voi».
Zarifa Ghafari e la lotta per l’emancipazione femminile
L’emancipazione femminile è quindi il pilastro portante dell’etica e del messaggio dell’attivismo di Zarifa Ghafari. Pur piegata dal dolore dopo l’assassinio del padre, ha continuato la sua lotta e la sua ricerca di giustizia. Ha così accettato un posto al ministero della Difesa di Kabul. Ed era lì quando purtroppo ha appreso del ritorno dei talebani in città, dopo il ritiro delle forze americane nell’agosto 2021.
Uomini armati si sono subito presentati in casa sua per cercarla e hanno picchiato brutalmente la sua guardia del corpo. Lasciare l’Afghanistan era l’unico modo per tenere al sicuro il resto della sua famiglia. Nascosta nel vano porta bagagli di un’auto è riuscita così a fuggire.
Ma il suo periodo di assenza dal Paese è stato breve. Già a febbraio 2022 torna in Afghanistan. Il suo impegno per la tutela dei diritti delle donne non si è mai fermato.
Ha ottenuto negli anni tanti riconoscimenti per le sue lodevoli azioni, come “U.S. Secretary of State’s International Women of Courage Award”.
È il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che conferisce ogni anno questo premio a donne di tutto il mondo che hanno dimostrato leadership, coraggio, intraprendenza e disponibilità al sacrificio per gli altri. Zarifa è attualmente a capo della fondazione umanitaria “Assistance and Promotion of Afghan Women”.
«Sono stata in grado di mostrare il potere e la capacità delle donne, di dimostrare che possiamo fare qualsiasi cosa – spiega Zarifa Ghafari -. Ho fatto vedere alla gente che non importa quante altre volte sarò attaccata, io sarò ancora qui perché penso che quello che sto facendo sia giusto»
Il ritorno dei talebani in Afghanistan
È il 2021 quando l’organizzazione militare dei talebani riprende il potere in Afghanistan. Nonostante le promesse iniziali, la loro politica è divenuta sempre più repressiva e lesiva dei diritti umani, causando milioni di sfollati. Secondo le Nazioni Unite, nel 2021 la popolazione afgana è divenuta la terza popolazione sfollata al mondo.
In particolare a essere vittima dei soprusi dei talebani sono le donne. Nei loro confronti sono state emanate norme che ne hanno limitato fortemente il diritto all’autodeterminazione, allo studio e al lavoro.
«I talebani non possono cancellarci, semplicemente non possono – afferma l’attivista Ghafari -. Non è come negli anni ’90 o prima ancora, devono accettare le donne. Non hanno altra scelta».
I diritti negati delle donne afgane
Per esempio a novembre 2022 i talebani hanno vietato alle donne afghane di entrare nei parchi pubblici, palestre, bagni pubblici e luna park della capitale, dopo che erano state già costrette a indossare l’hijab o il burqa durante le uscite in pubblico ed era già stato loro vietato di viaggiare senza un accompagnatore maschile.
A dicembre dello stesso anno è poi arrivato il divieto per le donne di lavorare per le organizzazioni non governative, che sono state costrette così a sospendere o a limitare le loro attività nel Paese.
Le operatrici, infatti, sono da sempre un elemento chiave dell’azione umanitaria, che consentono di aiutare anche le molte donne bisognose che, per motivi culturali, non possono interagire con operatori umanitari maschi. Vietando alle donne di lavorare per le ONG, i talebani impediscono a loro e ai bambini di ricevere servizi essenziali.
«L’Afghanistan non è un Paese per le donne – ha dichiarato la scrittrice, attivista ed educatrice afgana Homeira Qaderi alla BBC – ma piuttosto una gabbia per le donne».
Occorre tagliare i “ponti” con l’Afghanistan?
Ma la repressione dei talebani non è finita qui. Le ragazze sono state escluse dalle scuole secondarie e, dopo aver già stabilito restrizioni su come frequentare i corsi (in aule separate e con docenti solo femminili o anziani) e sulle materie che potevano studiare, è arrivato il bando anche dalle università, scatenando la condanna internazionale e la disperazione tra i giovani del Paese.
Infatti, nonostante Ghafari sostiene che sia comunque un errore «tagliare i ponti tra il popolo dell’Afghanistan e il resto mondo», il Segretario di Stato USA, Antony Blinken, non è della stessa opinione. «I talebani non possono aspettarsi di essere un membro legittimo della comunità internazionale fino a quando non rispetteranno i diritti di tutti in Afghanistan – ha dichiarato Antony Blinken -. Nessun Paese può prosperare quando metà della sua popolazione è ostacolata».