Vigili del Fuoco esposti a rischio amianto
Attraversare le fiamme per spegnere un incendio è un rischio che i Vigili del Fuoco valutano come parte del proprio lavoro. Tuttavia è diverso se si è esposti ad altri rischi per la salute, nel corso di interventi dovuti per compiere il proprio dovere.
Pensiamo al rischio in cui sono incorsi i pompieri durante un intervento in un edificio andato in fiamme e a causa dell’esposizione all’enorme quantità di fibre di asbesto che si liberano nell’aria per le alte temperature. Queste aumentano la friabilità del cancerogeno e la dispersione raggiunge valori di migliaia di fibre litro.
Una nube che avvolge tutto intorno, migliaia di fibre che, se inalate, si annidano negli organi interni del corpo umano. Poi aspettano latenti prima di esplodere in una patologia asbesto-correlata. Infatti l’asbesto può provocare l’insorgere di tumori, come conferma lo IARC nella sua monografia.
Anche gli interventi tra le macerie, contaminate da manufatti e tetti in eternit frantumati nelle aree terremotate; da quello in Irpinia nel 1980, per esempio, ai successivi, hanno costituito una fonte di rischio di esposizione all’asbesto per i Caschi rossi. Oppure in discariche abusive dove, con sempre maggiore frequenza, si accumulano prodotti in cemento-amianto rimossi senza alcuna precauzione e dispersi nell’ambiente senza cautele.
A questo bisogna aggiungere gli interventi per spegnere incendi a bordo di navi sulle quali si utilizzava l’asbesto per coibentare e isolare locali e motori.
L’asbesto, essendo un ottimo materiale per robustezza, flessibilità e coibentazione si usò anche per la produzione di materiali ignifughi utilizzati in passato per le stesse attrezzature di protezione individuale dei Vigili del Fuoco, come tute, guanti, calzari e coperte.
I rischi alla salute per esposizione a sostanze nocive
L’esposizione alle sostanze nocive ha, quindi, nel tempo, coinvolto migliaia di Vigili del Fuoco, a rischio di patologie asbesto-correlate, come mesotelioma alla pleura e al peritoneo, cancro al polmone, all’apparato digerente, esofago-stomaco-intestino.
A metà degli anni ’90 inizia lo smaltimento dei manufatti di asbesto, il cui uso in Italia è stato vietato solo nel 1992.
Consapevoli dei danni alla salute, delle malattie e dei decessi – solo 58 casi di mesotelioma accertati a livello nazionale, è scritto in una nota di Contramianto, ma il dato è sottostimato -, nel 1995 il Comando dei Vigili del Fuoco di Taranto commissiona lo smaltimento di una tonnellata di tute e coperte antincendio che contenevano l’elemento. Ma questo non è servito a considerare esposti i pompieri tarantini. “Una vera ingiustizia che riguarda indistintamente tutte le sedi e che Contramianto ritiene doveroso portare all’attenzione nazionale”, chiosa il presidente dell’associazione Luciano Carleo.
Sta di fatto, fa sapere l’organizzazione di volontariato jonica, che il ministero degli Interni ha riconosciuto esposti all’amianto i magazzinieri che distribuivano gli indumenti in causa. Ha escluso, invece, quanti sono stati impiegati nelle operazioni antincendio indossando e maneggiando direttamente tute, guanti, calzari e coperte manufatti con l’asbesto. In questo caso si sono aggiunte le successive esposizioni durante gli interventi di soccorso.
Pertanto, l’associazione tarantina ritiene “fondamentale riaprire la discussione in termini di tutela della salute e diritto previdenziale e risarcitorio per i Vigili del Fuoco”. Chiede quindi una “rivalutazione complessiva dell’esposizione dall’amianto del personale impiegato nel corso dei decenni”, tenuto conto dei casi già riconosciuti come causa di servizio, per i quali “andrebbero applicati i riconoscimenti previsti dalla normativa per le vittime del dovere”.