IL “RAPPORTO SUL RICICLO MECCANICO DELLE MATERIE PLASTICHE” MOSTRA UN QUADRO CHIARO DELLA SITUAZIONE ATTUALE IN ITALIA NEL SETTORE DEL RICICLAGGIO.
È stato presentato il primo “Rapporto sul riciclo meccanico delle materie plastiche“. Ha illustrato il panorama della filiera pre e post consumo, la distribuzione degli impianti e le principali criticità che ostacolano lo sviluppo del comparto nel raggiungimento degli obiettivi di economia circolare.
Infatti, l’Unione Europea mira a una riduzione effettiva del 50% della plastica entro il 2025, fino ad arrivare al 55% nel 2030. Proprio questi ambiziosi traguardi sono stati ricordati dal presidente di Assorimap, Walter Regis, l’Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche che ha promosso l’evento di presentazione del rapporto, realizzato da Plastic Consult.
Durante l’incontro sono intervenute anche personalità di spicco del settore del riciclo, rappresentanti delle istituzioni, esperti e imprese. In questo modo è stato possibile cogliere a 360° tutti gli aspetti che contribuiscono a realizzare un’efficace economia circolare.
I dati del rapporto sul riciclo delle plastiche
Nel dettaglio Paolo Arcelli di Plastic Consult ha illustrato come un flusso dell’economia circolare parta dalla produzione. Poi, dopo specifici scambi, il prodotto raggiunge il “fine vita”. A questo punto si ha la raccolta del rifiuto, la selezione e l’invio all’impianto di riciclo.
In Italia sono trecentocinquanta le aziende impiegate nel riciclo e nella raccolta. Tra queste duecento sono produttori di materia prima secondaria e settantacinque sono riciclatori meccanici solo post consumo. La loro distribuzione non è però uniforme su tutto il territorio nazionale. Infatti la loro presenza è soprattutto al Nord, in particolare al Nord Est e in Lombardia.
Secondo i dati raccolti, nel 2021 la produzione in uscita da impianti di riciclo è stata di ben 800mila tonnellate, con un aumento del 17% rispetto al 2020. Il fatturato complessivo con i riciclati è stato di 965 milioni.
Di questa produzione, il 50% è rappresentato dal polietilene, la più comune fra le materie plastiche. Tra le principali fonti da cui proviene il materiale da riciclare c’è la raccolta urbana, per il 69%. Poi contribuiscono anche il settore degli imballaggi per il 22%, l’agricoltura per il 4% e le altre filiere, per il restante 5%.
Fattori di crescita e minacce per lo sviluppo del riciclo
Le analisi hanno poi riportato i dati che riguardano gli altri tipi di plastiche, come il polietilene rigido e quello flessibile, il polipropilene e R-PET (Recycled PET), cioè il nuovo polimero ottenuto attraverso processi di recupero e riciclaggio del comune PET.
In ognuno di questi campi sono stati messi in evidenza i fattori di crescita e le minacce al loro sviluppo. In particolare, per R-Pet da post consumo, che ha raggiunto 190mila tonnellate nel 2021, i principali incentivi sono stati l’aumento della raccolta delle bottiglie, l’innovazione tecnologica e anche il ruolo svolto dal comparto beverage. Invece a minacciare un ulteriore riciclo di questo prodotto è l’ipotetica cancellazione della “plastic tax” in Italia.
Per gli altri materiali, a incentivare il loro recupero è essenzialmente l’aumento della domanda:
- nel settore dell’imballaggio secondario e terziario per il polietilene flessibile;
- nell’edilizia per il polietilene rigido;
- nell’industria dell’automobile per il polipropilene.
Al contrario, a contrastare l’aumento del riciclo di questi tipi di plastiche sono i costi maggiori dell’energia elettrica, necessaria al processo, e il calo dei prezzi dei polimeri vergini, oltre alla frequente presenza di contaminanti per il polipropilene.
Per il settore del recupero manca la plastica da riciclare
Tuttavia, nel complesso dell’indagine, il risultato che emerge è che, sebbene la filiera del riciclo sia pronta, manca l’input. Questo problema è ribadito anche da Paolo Glerean, consigliere di “Plastics Recyclers Europe”. È intervenuto durante il panel, svoltosi durante l’incontro e moderato da Luigi Palumbo di Ricicla Tv: “Riciclo meccanico: lo scenario nazionale ed europeo“.
«Va alimentata maggiormente l’industria del riciclo con materie prime e seconde di qualità idonea – dichiara, infatti, Glerean -. Abbiamo gli ingranaggi e devono ruotare in modo coordinato per giungere all’effettiva economia circolare e fare goal».
Eppure, in realtà, di rifiuti plastici ce ne sarebbero molti di più, come evidenzia Valeria Frittelloni, responsabile del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare dell’ISPRA. Infatti, se il riciclo urbano di plastica equivale a 1,6milioni di tonnellate, gli scarti plastici ancora presenti nel rifiuto urbano indifferenziato sono 2milioni di tonnellate, cioè il 16%.
Ma affrontare lo smaltimento delle plastiche è il punto fondamentale dell’economia circolare, come ribadisce Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. «Bisogna concentrarci sul rendere più circolare l’uso delle materie plastiche – sostiene -. Perciò il riciclo delle plastiche deve estendersi a tutti i settori».
Come migliorare e incentivare il settore del recupero?
Inoltre Ronchi sottolinea come, tra gli elevati costi del riciclo, incida in modo determinante anche la “coda del riciclo”, cioè lo scarto. Questo è mediamente del 35-40% e rappresenta solo un costo. Tuttavia le imprese, invece di affidarla ad altri, dovrebbero iniziare a mettere in atto un suo recupero chimico o sotto forma di energia. Questo processo è indispensabile per chiudere il ciclo e rendere compiuta la strategia di economia circolare messa in atto.
Ma questo non basta. Non va, infatti, dimenticata la questione fiscale. «Un prodotto riciclato ha un vantaggio energetico e ambientale – sostiene Ronchi -. Perciò va promosso a livello fiscale». Dello stesso parere è anche Fritelloni, secondo la quale «deve risultare conveniente per il produttore utilizzare tutto il materiale».
Infine anche Stefano Fabris, direttore delle Divisioni Stireniche di Versalis, conferma che «la fiscalità è il motore». Fabris si è fatto testimone durante l’evento di come anche l’industria petrolchimica abbia iniziato a riflettere sui propri prodotti, pensando già in fase di ideazione al successivo rifiuto e al suo riciclo. In questo modo, attraverso il progetto del riciclo meccanico di Versalis Revive, distinto per ogni tipologia specifica di plastica, si è giunti alla trasformazione di un packaging alimentare, che deve rispettare specifiche normative, in un ulteriore packaging o in un suo impiego come materiale isolante nel settore edile.
«È cambiato il mercato, è cambiato il linguaggio – conclude Stefano Fabris -. Tutto è servito a creare questo nuovo tipo di linguaggio, in particolare il supporto legislativo».
Riciclo delle plastiche: il ruolo della politica
Con queste parole si mette in evidenza l’importanza di un ulteriore “pezzo del puzzle” che contribuisce a mettere in atto l’economia circolare: la voce politica.
Infatti, come ha sostenuto all’inizio dell’incontro il sottosegretario al ministero della Transizione Energetica, l’onorevole Vannia Gava, il governo dovrà accompagnare questa riconversione, sia nella fase autorizzativa sia attraverso la cooperazione con le imprese, per raggiungere insieme i nuovi obiettivi di sviluppo.
«Dobbiamo lavorare insieme per portare avanti l’economia circolare e lo sviluppo sostenibile – ha aggiunto il sottosegretario, nel suo intervento registrato in precedenza -. Utilizziamo la capacità del nostro Paese di grande trasformatore per questo».
La stessa strategia per la plastica, approvata dall’Unione Europea, mira a trasformare il modo in cui i prodotti vengono progettati, utilizzati e riciclati nei diversi Stati. L’obiettivo è stato infatti quello di proteggere l’ambiente e, allo stesso tempo, gettare le basi per una nuova economia della plastica, in cui la produzione rispetti pienamente le esigenze di riutilizzo, riparazione e riciclaggio e dove vengano sviluppati materiali più sostenibili.
Proprio su questo tema e sul supporto dato dalla politica al raggiungimento di tali finalità si è concentrato il secondo panel di discussione, “Le opportunità normative per lo sviluppo del settore“, moderato da Jacopo Giliberto, giornalista di “Il Sole 24 Ore”.
«La buona politica deve ascoltare le idee provenienti dall’industria dell’economia circolare», sostiene l’onorevole Silvia Fregolent, rappresentante di Italia Viva e appartenente alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati. Della stessa opinione anche la senatrice Emma Pavanelli, appartenente alla Commissione Ambiente del Senato del Movimento 5 Stelle, secondo cui la politica dovrà supportare le imprese nel fare nuovi investimenti in tale ambito.
Contrasti tra le diverse correnti politiche
Infine l’onorevole Erica Mazzetti di Forza Italia, appartenente anche lei alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, mette l’accento sull’importanza di utilizzare gli incentivi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per aumentare il numero degli impianti, soprattutto nel Centro e nel Sud Italia.
Inoltre sostiene come il problema dei rifiuti debba essere affrontato insieme a quello dell’energia. Ma proprio su questo argomento le opinioni tra gli esponenti politici presenti si sono scontrate. Infatti l’onorevole Mazzetti crede che i termovalorizzatori siano una delle componenti da sfruttare per portare a termine la ciclicità di un prodotto. Attraverso di essi è possibile bruciare il rifiuto residuo che non può essere riciclato e produrre energia. «Siamo un Paese che ha poche risorse, ma siamo trasformatori – sostiene Mazzetti -. Perciò dobbiamo trasformare la materia in luce ed energia».
Tuttavia, mentre l’onorevole Fregolent condivide questa stessa idea, la Pavanelli è assolutamente contraria. La senatrice vorrebbe andare verso il massimo recupero possibile delle risorse e sviluppare il settore di riciclo dal punto di vista strategico.
«La crisi ambientale è reale. È qui oggi – conclude Pavanelli -. E non la stiamo affrontando abbastanza».