Processo sul poligono militare di Quirra, in Sardegna
I comandanti, con l’accusa di “omissione dolosa aggravata contro infortuni e disastri”, saranno assolti?
Siamo alle fasi finali del processo contro i veleni del poligono di Quirra, in Sardegna, che dura da sette anni. Il Procuratore Biagio Mazzeo ha chiesto la condanna di otto degli ex comandanti della base. Gestivano il poligono di Perdasdefogu e il distaccamento di Capo San Lorenzo Sardegna.
Accusati di non aver provveduto a recintare la zona in cui si svolgevano le esercitazioni militari della NATO e di non aver dotato i militari di servizio ai poligoni di dispositivi di protezione.
Questo, ha portato enormi conseguenze non solo per coloro che lavoravano all’interno della base militare, ma anche per coloro che vi accedevano o vivevano nel territorio circostante.

A causa delle esercitazioni militari che si svolgevano all’interno delle aree suddette, resti di missili e materiali inquinanti hanno contaminato le acque e l’ambiente. Pastori, militari e bambini si sono ammalati.
Tumori, leucemie e patologie neurologiche hanno colpito in modo insolito tutti coloro che vivevano e lavoravano nelle zone adiacenti. Infatti, la cosiddetta Sindrome di Quirra ha colpito addirittura gli animali: nacquero agnelli deformi, con un solo occhio o con due teste, persino senza.
Ma qual è il motivo di tutto questo?
Questo perché sono presenti metalli pesanti, scorie radioattive di proiettili all’ uranio impoverito. Agenti inquinanti hanno contaminato le acque e, di conseguenza, l’erba di cui si nutrivano gli animali. Il tutto per sperimentazioni militari.
Il Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Salto di Quirra (PISQ) è stato costituito nel 1956. Comprende il Poligono a terra di Perdasdefogu base militare e il distaccamento di Capo San Lorenzo con il Poligono “a mare”. Si estende nella zona tra Cagliari e Nuoro. Svolge attività addestrative di unità militari nazionali ed estere.
All’interno si svolgono prove sperimentali di missili e bersagli, nuovi sistemi d’arma e il collaudo degli stessi. Alcune aree sono date in affitto ad aziende private (Piaggio, ex Finmeccanica, Leonardo, Alenia, Selex, Aermacchi, Vitrociset, Galileo Avionica, eccetera – fonte Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07735 del 2017)
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, «quando si sottoscrisse il piano Marshall, l’Italia si impegnò, tra le altre cose, nel dare agli americani una sede di addestramento e di basi americane in Sardegna e sul Mediterraneo». Sono tre i poligoni militari maggiori in Sardegna: poligono interforze Salto di Quirra, quello di Capo Teulada e quello di Capo Frasca. Solo questi tre rappresentano il 60 % del demanio militare italiano.
L’inizio delle indagini sui poligoni militari
Nel 2011 in seguito all’inchiesta partita a causa delle denunce delle madri dei figli di militari che avevano svolto servizio nelle basi NATO in Sardegna e dei numerosi soggetti che hanno riscontrato patologie tumorali, si sequestrarono alcune discariche (sia in mare sia a terra) contenenti materiale bellico.
Il primo ad indagare fu l’allora procuratore Domenico Fiordalisi. In seguito agli accertamenti effettuati dalla Dott.ssa Antonietta Gatti, scoprì ciò che già sospettava da tempo. La concentrazione di metalli pesanti era tale da superare tutti i valori soglia della normativa vigente. Gatti analizzò i tessuti di soldati e cittadini della zona e gli organi interni degli animali malformati.
«Nel cervello e nei linfonodi di un agnello nato deforme si riscontrarono nanoparticelle metalliche che hanno avuto origine, probabilmente, dalle esplosioni. Dal materiale documentario in possesso della Procura di Lanusei, risulta altresì che lo smaltimento – illecito – di rifiuti militari è stato camuffato con prove tecniche e sperimentazione di esplosivi».
Dagli atti risulta che si produssero 350mila esemplari del missile Milan. Tra questi oltre 100 sono stati utilizzati nel Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra (P.I.S.Q.)dal 1986 al 2000. In seguito, tale armamento è stato ritirato per la sua tossicità (fonte Senato).
Il processo sui “Veleni di Quirra”

A novembre 2014 parte il processo sui “Veleni di Quirra”. Il Procuratore Biagio Mazzeo ha chiesto quattro anni di reclusione per i comandanti del poligono centrale e tre per i due comandanti dell’area addestrativa militare che si affaccia sul mare. L’accusa: “omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri”.
La Procura contesta loro di non aver interdetto le aree militari dove si svolgevano brillamenti e lanci di missili e di non aver dotato il personale di dispositivi di protezione durante le attività.
L’avvocato Angela Serra chiede 4milioni di euro in rappresentanza della Regione, ai comandanti imputati per il disastro ambientale provocato dal poligono a causa del quale il territorio ha subito danni economici e di immagine.
L’avvocato Gianfranco Solai, che assiste l’associazione ambientalista Gettiamo le Basi e le famiglie vittime di tumori causati dai veleni del poligono, chiede, per i suoi assistiti, 1milione di euro. Altri 300mila euro sono stati chiesti da Danilo Floris, l’avvocato che rappresenta il comune di Ussai.
L’avvocato della Difesa Andrea Chelo, ad aprile, afferma che: «Il disastro ambientale nel poligono è insussistente, data la perizia ordinata dal GUP che ha prodotto la relazione del super esperto Mariano Mariani che ha escluso il disastro ambientale. Ma ci sono anche numerosi accertamenti scientifici che lo sostengono, non ultima la Conferenza di servizi chiusa nel 2015. Questo significa che a Quirra non vi è inquinamento».
Le dichiarazioni del PM
La pensa diversamente il Procuratore Mazzeo. Ha affermato durante il processo che «il disastro ambientale è stato reiterato nel tempo con immissioni nell’atmosfera di grandi quantità di sostanze tossiche. Queste poi si sono depositate sul terreno, sulle falde acquifere e sui fondali marini.

Gli otto comandanti non solo hanno omesso le cautele quando erano in servizio ma non sono intervenuti con i successori affinché si prendessero provvedimenti. Per questo motivo – ha sottolineato il PM – la prescrizione dovrebbe decorrere dal momento in cui è cessato il pericolo, ovvero dal 2011».
Il magistrato ha fatto un excursus a partire dalle prime battute delle indagini nel 2011, coordinate dall’ora PM Domenico Fiordalisi. Ha proseguito poi con le testimonianze, le perizie e le consulenze rese nel dibattimento che per il magistrato “hanno dimostrato l’omissione di cautele e il disastro provocato”.
«Negli anni che vanno dal 2006 al 2010, almeno una dozzina tra militari e pastori delle aree non interdette del poligono, si sono ammalati di linfomi e tumori rari e diversi sono morti – ha proseguito Mazzeo -. Che nel poligono non ci fossero le cautele, ci è stato raccontato dall’ufficiale Assetta Binda, incaricato di coordinare l’attività di brillamento di bombe obsolete. Che avveniva senza protezione, ci è stato confermato dal professor Camboni consulente incaricato da Fiordalisi. Ha dimostrato la presenza di sostanze radioattive nel territorio, come il torio e altri metalli pesanti».
Sul processo incombe il pericolo della prescrizione, cioè l’estinzione del reato una volta decorso il tempo massimo stabilito dalla legge (Art 157 Codice Penale).