ONU: milioni di persone in fuga da catastrofi naturali
L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati protegge e assiste dal 1950 le persone costrette ad abbandonare la propria casa. I motivi possono essere diversi e, negli anni, si sono avvicendati l’un l’altro, mostrando quanto sia ampio il ventaglio delle difficoltà che si possono incontrare.
Guerre, carestie, persecuzioni. Nessun rifugiato ha una storia facile alle spalle. Il dramma che l’UNHCR si trova ora a denunciare, però, non consente indifferenza, perché riguarda tutti da vicino.
C’è correlazione tra migrazioni ed emergenza climatica
Mentre la COP26 entra nella sua ultima settimana, l’UNHCR lancia un appello sulla base della correlazione tra migrazioni forzate ed emergenza climatica. L’UNHCR lavora in 130 Paesi del mondo, tra cui alcuni dove la vita è scandita da conflitti interni e povertà. Alluvioni, desertificazioni, siccità. Le catastrofi legate ai cambiamenti climatici sottraggono mezzi di sussistenza e alimentano conflitti più o meno sopiti.
In Mozambico, ad esempio, il conflitto con il gruppo terroristico Ahlus Sunna wal Jamaa si accompagna alla devastazione prodotta dai cicloni che stanno attaccando il Paese. La catastrofe ambientale aggrava condizioni di vita rese già difficili dalle ostilità, che da inizio anno ha costretto più di 730mila persone a fuggire.
Nel Sahel, le conseguenze della crescita delle temperature, molto più rapida rispetto al resto del pianeta, intensificano le problematicità dietro tensioni etniche e povertà.
«Le migrazioni forzate rientrano tra le più devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici sugli esseri umani e mostrano le profonde disuguaglianze esistenti nel mondo». Queste le parole di Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Non tutti infatti rischiano di essere svegliati nella notte per mettersi in salvo da una situazione di alto pericolo. Non per questo però ci si deve voltare dall’altra parte né si può farlo. Perché non c’è una parte verso la quale voltarsi: le conseguenze del cambiamento climatico coinvolgono tutti. Compresi coloro che pensano «tanto non sta succedendo a me».
L’UNHCR si sta già adoperando. Ora tocca ai leader mondiali
Il Consigliere Speciale dell’UNHCR sull’azione per il clima, Andrew Harper, che ha rappresentato l’UNHCR a Glasgow dal 7 al 9 novembre, è stato chiaro e diretto. «Non possiamo più permetterci altre conferenze sul clima e altri impegni disattesi. Le persone in fuga e le comunità che le accolgono hanno bisogno di aiuto ora». L’UNHCR lavora da molto per supportare la mitigazione del cambiamento climatico. In Bangladesh si è adoperato per piantare alberi al fine di contrastare la desertificazione. In Camerun ha avviato un progetto per ridurre le emissioni di gas serra realizzando con i rifugiati dalla Nigeria il Grande Muro Verde. Si tratta di una barriera di alberi e vegetazione lunga 8mila km tra l’Africa occidentale e quella orientale.
Ora UNHCR chiede ai leader mondiali riuniti a Glasgow di impegnarsi a loro volta, sforzandosi per contenere gli effetti delle sempre peggiori condizioni climatiche. Onorando gli Accordi di Parigi, riducendo le emissioni entro il 2050 e assicurando supporto in termini tecnologici ed economici per contrastare le migrazioni. La decisione di stanziare 20miliardi di dollari per aiutare i Paesi in via di sviluppo è un primo passo, ma serve un’azione mirata. Secondo uno studio OXFAM, l’1% della popolazione del mondo, la più ricca, nel 2030 inquinerà 30 volte più di quanto sostenibile. La risonanza nelle zone più povere sarà insostenibile, senza dotare queste di strumenti per affrontarla. In questo drammatico effetto farfalla, chiunque è coinvolto.