AL PROCESSO MARINA BIS, LA CORTE DI CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA DELL’AMMIRAGLIO DI DONNA E DELLA MARINA MILITARE PER IL DECESSO DI UN MARINAIO ESPOSTO ALL’AMIANTO. DETERMINANTE IL RICONOSCIMENTO DEL NESSO CAUSALE IN SOGGETTO FUMATORE
La Corte di Cassazione, IV sezione penale, ha rigettato il ricorso dell’ammiraglio Agostino Di Donna e del responsabile civile ministero della Difesa, imputati per il decesso del marinaio Giovanni De Martino. Il militare è deceduto a giugno 2006 per tumore al polmone causato dall’esposizione all’amianto negli ambienti lavoro. Principale determinante della sentenza definitiva è il riconoscimento del nesso causale fra l’esposizione alle polveri di amianto e l’insorgenza del carcinoma polmonare in soggetto fumatore.
La condanna definitiva in sede penale conferma, così, l’impianto accusatorio della Corte di Appello di Venezia.
Così il dispositivo: “Rigetta il ricorso di Di Donna Agostino e del responsabile civile Ministero della Difesa limitatamente alle statuizioni concernenti il decesso di De Martino e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti civili Dolci Maria Grazia, De Martino Cristina e De Martino Daniela i cui danni in € 4.800,00 oltre accessori come legge, in favore di Afeva; in € 3.000,00, oltre accessori, in favore di Medicina Democratica, Ass.ne Italiana Esposti Amianto AIEA e AFEA di Mario Barbieri: in € 4.800,00, in favore di Federazione Nazionale UGL in €3.000,00”.
Confermato l’impianto accusatorio dell’avv. Ezio Bonanni
«È un risultato molto importante – dichiara Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale della famiglia della vittima – perché è confermato l’impianto accusatorio della sentenza relativo all’uso dell’amianto senza prevenzione e protezione. È un punto fermo che permette di dare speranza di giustizia a tutti coloro che nelle Forze Armate sono stati esposti all’amianto, si sono ammalati, o sono deceduti».
L’imputato Agostino Di Donna
L’ammiraglio Agostino Di Donna, è stato direttore generale Marispesan dal 01.01.1983 al 31.12.1987 e del Difesan dal 01.01.1988 al 31.12.1990. L’alto ufficiale di Marina era accusato – come gli altri suoi parigrado imputati – di aver omesso “di rendere edotto il personale appartenente alla Marina Militare (sia imbarcato che in servizio a terra) dei rischi per la salute insiti negli ambienti di vita e di lavoro a causa della presenza di amianto tanto all’interno delle navi militari che degli altri ambienti frequentati dagli stessi per ragioni di servizio, oltreché di informarli dei rischi ulteriori prodotti dalle lavorazioni cui erano adibiti, dalle polveri che respiravano e dallo stesso uso di dotazioni di bordo contenenti amianto (ad es. guanti, tute e coperte ignifughe)”.
Una pietra miliare, questa sentenza
È la prima volta che un alto ufficiale della Marina Militare, e la stessa Forza Armata come responsabile civile, siano stati condannati per omicidio colposo – per mezzo del killer amianto – con sentenza definitiva in Cassazione.
Una sentenza che la suprema corte ha, comunque, deliberato nonostante l’annullamento delle seguenti statuizioni:
- Annulla la sentenza impugnata per i decessi di Barbera, Battistini, Caserta e Sorgente con rinvio alla Corte di Appello di Venezia cui demanda le spese del giudizio di legittimità.
- Annulla senza rinvio agli effetti penali in relazione al decesso di Renzoni perché il reato è estinto per prescrizione.
- Annulla agli effetti civili relativamente ai decessi di Grasso, Costantino, Pertosa e Renzoni con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia cui demanda anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Nel corso di questo procedimento penale, che va avanti da anni, molti degli imputati, avanti negli anni, sono deceduti. Per altri è giunta la prescrizione.
Ricordiamo che sono ancora in corso le indagini relative al procedimento Marina III: nel 2018, infatti, in questo processo vi erano già confluite 1100 posizioni di vittime di amianto.