LA PELLICOLA, PROPOSTA AGLI OSCAR COME MIGLIOR FILM STRANIERO, INTRAPRENDE UN VIAGGIO EMOTIVO ALLA RICERCA DELL’AMORE DI UN PADRE, TRA I PAESAGGI SCONFINATI DELLA MONGOLIA
L’amicizia, il rapporto paterno e la libertà degli spazi sconfinati della terra lontana della Mongolia: questi sono alcuni dei punti di forza del film acclamato dal pubblico e dalla critica, “L’ultima luna di settembre”.
Il titolo ha origine dalla stessa cultura di questi luoghi, in cui l’espressione vuole indicare il ritorno in città prima dell’inverno. Ed è proprio con un ritorno che inizia la storia. Alla notizia della grave malattia che ha colpito l’anziano padre, Tulgaa, che ormai da anni vive in città, torna al villaggio natale, nella remota provincia del Hëntij, per assisterlo. Qui il protagonista deciderà di restare anche dopo la morte del padre. Vuole rispettare la sua ultima promessa: portare a termine il raccolto prima dell’ultima luna piena di settembre.
Mentre lavora nei campi, Tulgaa incontra un bambino di dieci anni, Tuntuulei, che vive con i nonni. I due, con il passare del tempo, guariranno dalle rispettive ferite emotive, dando vita a un legame di stima e affetto, unico e indissolubile, che cambierà per sempre le loro vite. Il protagonista acquisirà così la consapevolezza di poter dare al bambino tutto l’amore paterno che a lui è invece mancato.
«La fine del mio film è l’effettivo inizio del viaggio di Tulgaa e Tuntuulei verso il resto della loro vita – afferma il regista Amarsaikhan Baljinnyam-. Il legame tra i due rimane molto forte».
La libertà ritrovata nella natura sconfinata della Mongolia
In un’atmosfera malinconica, il regista, che interpreta anche il ruolo del protagonista, accompagna lo spettatore in una terra raramente rappresentata sul grande schermo, la Mongolia, ricca di umanità, tradizioni e cultura.
«Quando indosso il mio “cappello da attore”, cerco di interpretare un personaggio che mi metta alla prova quando esprimo il suo stato d’animo emotivo – continua Baljinnyam -. Il ruolo di Tulgaa è esattamente quello che stavo cercando. È tranquillo ma burrascoso e rumoroso. Porta dentro di sé molti conflitti da superare. È un adulto che, come un bambino, vuole essere amato. È un personaggio complesso e ricco. Ecco perché ho voluto interpretare questo ruolo».
Grazie alla magia dei suoi paesaggi, il pubblico è invitato a lasciarsi trasportare tra l’erba che pian piano si ingiallisce sulle colline, a rompere con la frenesia della modernità e il caos della società contemporanea per tornare a “respirare”, a riappropriarci degli spazi emotivi e a godere appieno della poesia di una storia umana che ci conduce alle nostre radici, dove il tempo non sembra esistere.
«Nella cultura contemporanea, la nostra energia e il flusso di pensieri sono completamente occupati da cose e compiti inutili. E dobbiamo scegliere di trovare il tempo per le importanti domande interiori a cui è necessario rispondere – spiega -. Attraverso “L’ultima luna di settembre”, lo spettatore può godersi la solitudine nell’esotica natura mongola con i nostri eroi. Questi, a loro volta, stanno iniziando un viaggio alla ricerca di quelle risposte per superare le loro paure, alla ricerca di empatia e amore incondizionato attraverso modi inaspettati».
La storia, la cultura e lo stile di vita della Mongolia
“L’ultima luna di settembre” è il film d’esordio alla regia di Amarsaikhan Baljinnyam. Si è distinto sulla scena internazionale con il ruolo di Ariq Boke nella serie Netflix “Marco Polo”.
«Essendo nato e cresciuto in Mongolia, ho sempre ammirato la sua ricca storia, la cultura e lo stile di vita nomade, unico del mio Paese, che sta diventando sempre più raro nel mondo – spiega il regista -. Come artista, ho osservato l’influenza e l’impatto di questo stile di vita sugli stati emotivi delle persone in età diverse, su come pensiamo, come reagiamo o interagiamo. “L’ultima luna di settembre” è l’esempio perfetto per me, per esprimere il cuore e la mentalità del popolo mongolo attraverso le sfide quotidiane della società moderna. Volevo che il mio film d’esordio presentasse al mondo il popolo mongolo in modo autentico, come individuo o come Nazione».
Così, nel momento in cui il cinema mongolo si è distaccato dalla propaganda, Baljinnyam ha deciso di dar il via a un nuovo linguaggio nell’industria cinematografica locale. Ha quindi esordito con questa pellicola tratta dal romanzo breve “Tuntuulei” di T. Bum-Erden.
«Quasi dieci anni fa, ho condiviso con lui l’idea di realizzare un film sulla relazione tra padre e figlio. Mi ha suggerito di leggere il suo romanzo breve “Tuntuulei” – continua Amarsaikhan Baljinnyam -. È così che mi sono innamorato per la prima volta della storia. La storia di Tuntuulei è rimasta nel mio cuore da allora. Per questo ho scelto di scrivere la sceneggiatura da solo. Mi sento l’unico artigiano che può raccontare la storia traducendo esattamente la mia visione».
Il successo internazionale di “L’ultima luna di settembre”
Distribuito da Officine UBU, la stessa casa produttrici di opere di rilievo come Utama – Le terre dimenticate, il film ha collezionato diversi riconoscimenti in occasione di importanti eventi internazionali:
- Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina;
- Vancouver International Film Festival;
- Lonely Planet UlisseFest;
- Beijing International Film Festival;
- Seattle International Film Festival;
- Jeonju International Film Festival;
- 21° Pune International Film Festival;
- Los Angeles Asian World Film Festival.
Inoltre ha ottenuto il premio come Miglior film per il pubblico nel MiWorld Young Film Festival. Invece al Fribourg International Film Festival il premio Miglior Attore è stato assegnato a Tenuum-Erdene Garamkhand, che interpreta il piccolo Tuntuulei. Non stupisce quindi che per l’edizione di quest’anno degli Oscar è stato scelto proprio questo film per rappresentare la Mongolia per la categoria Miglior film di lingua straniera.
«“L’ultima luna di settembre” è stata la mia lettera d’amore al patrimonio culturale mongolo – conclude -. Adesso sto lavorando al mio secondo lavoro da regista, “Mongol”, un film drammatico ed epico, dedicato alla nostra storia e che mira a ricordare alle persone, in particolare ai giovani, quali sono le nostre radici e la nostra identità come Nazione e come individui. Perché la magia del cinema è quella di unire le persone».