L’UOMO, CON LE SUE AZIONI, HA PROBABILMENTE SEGNATO IL DESTINO DI BEN 1.500 SPECIE DI UCCELLI, UN NUMERO RADDOPPIATO RISPETTO ALLE PREVISIONI PASSATE. UNA INFELICE TENDENZA CHE POTREBBE PORTARE ALL’ESTINZIONE IL 12% DELLE VARIETÀ
Uccelli: il corvo dimenticato
Il Corvo hawaiano, noto come ‘alalā (Corvus hawaiiensis), una volta signore delle terre vulcaniche delle Hawaii, ora lotta per la sopravvivenza.
L’ultimo esemplare è morto in natura nel 2002 e, per tali motivi è stato inserito nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.
Responsabile del suo destino è l’uomo che, con le sue “ondate migratorie” ha condotto questa maestosa creatura sull’orlo della scomparsa.
Oggi, questo nobile animale vive soltanto all’interno dei confini restrittivi dei programmi di riproduzione in cattività, coordinati dagli scienziati dello zoo di San Diego (California).
Ma non è l’unico volatile in pericolo. Uno studio pubblicato su Nature Communications svela una verità inquietante: una specie di uccelli su nove è scomparsa nel corso degli ultimi 126.000 anni e, come abbiamo accennato, l’uomo è il protagonista della loro triste sorte.
Il tasso di estinzione degli uccelli, getta una luce spettrale sul futuro di molti uccelli, ma ancor più inquietante è il fatto che più della metà di queste specie estinte non hanno mai varcato la soglia dei documenti, svanendo nell’oscurità senza lasciare traccia.
Un richiamo dal passato
La lotta degli uccelli, tra la vita e la scomparsa, porta con sé le cicatrici dei secoli di interazioni umane, ma adesso, l’eco delle estinzioni passate, è alla portata di tutti.
Jamie Wood, ecologo terrestre dell’Università di Adelaide in Australia, evidenzia una verità che fa rabbrividire «la cosa che fa riflettere è che questa stima potrebbe effettivamente essere conservativa», suggerendo che la realtà potrebbe essere ancor più crudele di quanto ci si possa aspettare. Quali azioni distruttive abbiamo perpetrato nei confronti della Natura?
Il disboscamento crudele, la caccia smodata, l’ingresso insidioso di specie straniere, hanno sicuramente inciso il sigillo dell’estinzione sul destino degli uccelli e di molti altri abitanti del regno animale. Sono state le isole, vulnerabili per via della loro morfologia, ad accogliere il peso più opprimente del nostro impatto: il 90% delle estinzioni di uccelli conosciute ha fatto la sua tragica comparsa in questi santuari naturali.
Ma poiché gli uccelli hanno ossa leggere e cave, i loro resti tendono a non essere conservati bene come i fossili. Per tali motivi, la maggior parte delle analisi sulle estinzioni degli uccelli sono basate esclusivamente su prove osservative scritte, iniziate solo negli ultimi cinque secoli.
Va da sé, che abbiamo perso traccia di tutte quelle specie che si sono estinte in passato.
La nostra sfida è dunque quella di decifrare il passato per plasmare un futuro dove gli uccelli possano librarsi nei cieli senza temere il peso delle nostre azioni.
Isole al vaglio degli studi: difficile ricostruire il destino degli uccelli
Rob Cooke, modellista ecologico del Centro britannico per l’ecologia e l’idrologia di Wallingford, insieme ai suoi colleghi, ha costruito un modello di estinzione degli uccelli e stime di estinzioni non ancora scoperte in 1.488 isole.
I ricercatori hanno combinato diversi fattori tra cui il clima, l’isolamento geografico, le estinzioni documentate e i resti fossili.
Risultato? Dalle profondità del tardo Pleistocene (che risale a circa 126.000-12.000 anni fa) circa 1.300-1.500 specie di uccelli, un imponente 12% del totale globale, si sono estinte.
Una cifra che fa rabbrividire, una ferita aperta nel cuore della biodiversità, dietro cui, ahimè, si staglia l’ombra inquietante delle attività umane.
Ma c’è di più. Come abbiamo detto, il 55% di queste specie scomparse, non avrebbe lasciato alcuna traccia nelle pagine dei documenti o nei segni fossili. È come se fossero state cancellate dalla storia stessa, lasciando solo un vuoto doloroso nel tessuto della memoria.
«Gli esseri umani hanno avuto un impatto molto più ampio sulla diversità degli uccelli di quanto si pensasse in precedenza» tuona Cooke. «È un allarme che squarcia il velo dell’ignoranza, richiamando la nostra responsabilità nel proteggere e preservare ciò che resta della meravigliosa diversità di ali che abbellisce i nostri cieli».
Ma è il Pacifico a portare il peso più opprimente.
Il Pacifico: regno di morte per molti uccelli
Nella zona compresa tra le Hawaii, le Isole Marchesi e la Nuova Zelanda, la storia umana ha segnato il destino della biodiversità. Dal tardo Pleistocene si sono verificate tre grandi ondate di estinzione.
La più drammatica si è verificata poco più di 700 anni fa, quando gli esseri umani, arrivati per la prima volta sulle isole del Pacifico orientale, accelerarono il fenomeno.
A segnare la sentenza di morte per molte specie, come il corvo dal beccolargo (Corvus impluviatus), l’ingresso di roditori e animali domestici.
Folmer Bokma, biologo evoluzionista dell’Università di Karlstad in Svezia, lancia dunque un appello urgente «sta a noi decidere se ulteriori specie di uccelli si estingueranno o meno».
A noi il compito di monitorare sui delicati equilibri, per il bene del Pianeta.