Una tradizione vichinga come alibi per l’uccisione di circa 1500 mammiferi marini. Una strage senza senso che ha sconvolto il mondo ma è legale per il governo scandinavo.
La caccia alle balene e ai delfini è una tradizione ormai consolidata nelle Isole Faroe (un territorio autonomo della Danimarca).
Conosciuta come Grind (o Grindadrap in faroese), la caccia ai mammiferi marini, si pratica ormai da centinaia di anni.
Un rituale antico
Nella tradizione vichinga, uccidere un globicefalo rappresentava il rito di passaggio dalla pubertà all’era adulta, ma anche una facile occasione di procacciarsi cibo.
Dapprima si raccoglieva il sangue degli animali sacrificati in ciotole e ramoscelli.
Questi ultimi si usavano per spruzzare il sangue su altari, pareti e partecipanti al culto. Una volta cotta, i presenti mangiavano la carne, mentre il sacerdote pagano, la benediceva insieme alle coppe.
Purtroppo, lo scorso 12 settembre questo atroce “divertimento” (ha ben poco a che fare con l’antico rituale) ha provocato la morte di più di 1.400 mammiferi.
Abbiamo infatti assistito a una caccia record senza pari.
Bjarni Mikkelsen, biologo marino del luogo, ha dichiarato che non erano mai stati uccisi così tanti delfini in un giorno nelle Isole Faroe.
“Il record precedente era di 1.200 nel 1940. Le catture successive furono 900 nel 1879, 856 nel 1873 e 854 nel 1938”, ha precisato Mikkelsen.
La portata del massacro sulla spiaggia di Skalabotnur ha scioccato non solo i residenti, ma anche attivisti di ogni angolo del pianeta.
Cronaca di una morte annunciata
I cacciatori di mammiferi hanno condotto un branco di “delfini dalla faccia bianca” nel più grande fiordo del territorio del Nord Atlantico.
Trascinati con le barche, hanno dapprima portato gli animali in acque poco profonde sulla spiaggia di Skalabotnur a Eysturoy.
Qui, li hanno uccisi con i coltelli. Infine, hanno trascinato le carcasse a terra per distribuirle alle popolazioni locali.
Un filmato diffuso in rete, mostra i delfini che si dimenano nel tentativo di fuggire. Mentre le acque si tingono di sangue, centinaia di persone si accalcano sulla spiaggia, tra lo sgomento generale.
Caccia programmata o tragico errore?
In un’intervista alla BBC, il presidente della Faroese Whalers Association, Olavur Sjurdarberg, ha ammesso che le uccisioni sono state eccessive.
«È stato un grosso errore», ha detto Sjurdarberg, che non ha partecipato alla caccia.
«Quando è stato trovato il branco, i cacciatori hanno stimato che ci fossero solo 200 delfini. Solo quando è iniziato il processo di uccisione hanno scoperto la vera dimensione del gruppo», ha detto.
«Qualcuno avrebbe dovuto saperlo meglio», ha infine precisato, lasciando intendere che la le autorità locali avrebbero autorizzato il massacro.
Cosa che tra l’altro non viola alcuna legge vigente.
Anche la stampa locale faroese, di solito riluttante a pubblicare qualsiasi cosa contro la caccia, cita Hans Jacob Hermansen, ex presidente del Grind, il quale ha affermato che l’uccisione non era necessaria.
Cosa dice il governo sulla “Strage di delfini”
Quasi ad avallare la mattanza, il governo delle Isole Faroe afferma che ogni anno vengono catturati in media circa 600 globicefali (anche delfino pilota o balena pilota, è un cetaceo della famiglia Delphinidae).
Stando ai dati ufficiali, i “delfini dalla faccia bianca” vengono catturati in numero inferiore rispetto agli anni scorsi.
Nel 2020 sono stati uccisi 35 esemplari e nel 2019 “solo” dieci, spiegano fonti governative.
Nel difendere tale pratica, i sostenitori affermano che la caccia alle balene è un modo sostenibile di raccogliere cibo dalla natura e una parte importante della loro identità culturale.
Di parere diverso gli attivisti per i diritti degli animali, i quali ritengono che la mattanza sia crudele e non necessaria.
Strage di delfini: Legale ma impopolare
Come accennato, questo tipo di caccia è regolamentata nel luogo. È “legale ma non è popolare“, ha affermato Sjurdur Skaale, un deputato danese delle Isole Faroe.
Non ha scopo commerciale ed è organizzata a livello comunitario (spesso spontaneamente) quando qualcuno individua un branco dei mammiferi.
Inoltre, per partecipare, i cacciatori devono avere un certificato di formazione ufficiale che li abilita all’uccisione degli animali.
Come si svolge la caccia ai delfini?
La caccia si effettua mediante una lancia appositamente progettata.
L’arma viene utilizzata per tagliare il midollo spinale della balena o del delfino prima che venga tagliato il collo.
Usando questo metodo, dovrebbe volerci “meno di un secondo per uccidere una balena“, ha spiegato Skaale.
Pur non approvando l’episodio, ha tuttavia precisato che “dal punto di vista del benessere degli animali, è un buon modo per ucciderli, molto meglio che tenere in prigione mucche e maiali“.
Una voce fuori dal coro contro la strage di delfini
Contro le dichiarazioni del deputato si è levata l’accusa del gruppo della campagna “Sea Shepherd” (dagli anni ‘80 combatte tale pratica).
Gli attivisti hanno contestato l’affermazione di Skaale, sostenendo che «l’uccisione dei delfini e dei globicefali è raramente così veloce come fa credere il governo delle Isole Faroe».
Sea Shepherd ritiene che questa sia la più grande caccia singola di delfini o globicefali nella storia delle Isole Faroe (come già detto, la precedente più grande è stata di 1200 globicefali nel 1940), ed è forse la più grande caccia singola di cetacei mai registrata in tutto il mondo.
«Le cacce Grindadrap possono trasformarsi in massacri prolungati e spesso disorganizzati», hanno precisato dal gruppo.
«I globicefali e i delfini possono essere uccisi per lunghi periodi davanti ai loro simili mentre sono spiaggiati su sabbia, rocce o semplicemente lottando in acque poco profonde».
«È oltraggioso che una simile caccia abbia luogo nel 2021 in una comunità insulare europea molto ricca a soli 230 miglia dal Regno Unito senza la necessità o l’uso di una quantità così grande di carne contaminata», ha dichiarato Rob Read, COO di Sea Shepherd UK.
La parola ai sondaggi: la caccia piace?
I sondaggi suggeriscono che la maggior parte delle persone è contraria al massacro di massa dei delfini nelle Isole Faroe.
«Ieri abbiamo fatto un rapido sondaggio chiedendo se dovremmo continuare a uccidere questi delfini. Poco più del 50% ha detto di no e poco più del 30% ha detto di sì», ha svelato Trondur Olsen, giornalista dell’emittente pubblica faroese Kringvarp Foroya.
Di contro, un sondaggio separato ha suggerito che l’80% ha affermato di voler continuare con l’uccisione dei globicefali.
Leggi violate: la strage di delfini poteva essere evitata
Come accennato, la pratica della caccia ai cetacei nelle Isole Faroe è legale.
La gente del posto ha tuttavia segnalato agli attivisti di Sea Shepherd che l’incidente ha violato le leggi del Grind in tre modi:
1) La caccia non è stata condotta dal caposquadra Grind adeguatamente autorizzato. Anzi, nessuno lo avrebbe informato;
2) Molti dei cacciatori coinvolti non avevano una licenza, il che significa che non erano stati addestrati su come uccidere correttamente gli animali;
3) Molti dei delfini sono stati travolti da motoscafi, circostanza che li ha portati a una morte lenta e dolorosa.
«La mia ipotesi è che la maggior parte dei delfini sarà gettata nella spazzatura o in un buco nel terreno», ha detto uno dei presenti.
«I delfini sono rimasti sulla spiaggia contorcendosi troppo a lungo prima di essere uccisi».
Per tali violazioni, la gente del posto ha sporto denuncia alla polizia faroese.
Vivere in armonia con la natura
Ogni anno, Sea Shepherd incontra sempre più abitanti delle Isole Faroe che si oppongono al Grind.
Purtroppo, le loro testimonianze non possono essere rese note pubblicamente per paura di rappresaglie o ritorsioni.
«Considerando i tempi in cui ci troviamo, con una pandemia globale e il mondo che si ferma, è assolutamente spaventoso vedere un attacco alla natura di questa portata nelle Isole Faroe», ha affermato il capitano Alex Cornelissen, CEO di Sea Shepherd Global. «Se abbiamo imparato qualcosa da questa pandemia è che dobbiamo vivere in armonia con la natura invece di spazzarla via».
«Continueremo a sostenere i loro sforzi per porre fine al massacro in corso di globicefali e altri delfini».
Diciamo stop alla strage di delfini
Mattanze simili, anche di pochi esemplari, avvengono più volte l’anno e in ogni parte del mondo.
Purtroppo, denunciano i ricercatori, tali pratiche mettono a repentaglio la sopravvivenza della popolazione atlantica di globicefali.
Utile precisare che, per la loro ridotta capacità riproduttiva (partoriscono ogni 4-5 anni), questi splendidi esemplari potrebbero scomparire ben presto.
Che un tale olocausto avvenga in isole evolute come Faroe, dove non c’è alcun bisogno di uccidere cetacei per sopravvivere, è assurdo.
Conclusioni: Strage di delfini? No grazie
Concludiamo con un editoriale tratto dal sito wwf.it
“Negli ultimi 50 anni, secondo i dati del Living Planet Report, abbiamo assistito a un crack biologico, perdendo circa due terzi delle popolazioni di vertebrati a livello globale. Un vero e proprio tracollo che impone una rivoluzione culturale. Il genere umano non può continuare a immaginare il proprio rapporto con la natura che lo circonda e che gli permette di vivere, senza un limite. E, soprattutto, non può continuare a pensare a sé stesso come l’unico soggetto di diritti sul pianeta.
La crisi di biodiversità che accompagna il progresso dell’umanità impone un cambio di paradigma nel nostro modo di stare sulla Terra.
Dobbiamo cominciare a immaginare la biodiversità come un patrimonio comune. Un patrimonio che tutti abbiamo il dovere di rispettare e difendere. Un patrimonio che appartiene alla nostra esistenza e dal quale dipende il nostro benessere, la nostra salute, la nostra vita.
Ecco perché pratiche come quella del “Grind” non sono semplicemente tollerabili. Il mare di sangue che ha scosso le nostre coscienze non può restare confinato nella baia dell’indignazione ma deve incanalarsi in qualcosa di più, nella richiesta di porre fine, una volta per tutte, alla crudeltà gratuita che, sotto la maschera degli usi, fa strage di animali.
È necessario un intervento della comunità internazionale (ma sarebbe opportuno che anche l’Europa, terra dei diritti, in quest’occasione dicesse la sua) per riconoscere i diritti della biosfera.
Dalle foreste ai cetacei dalle specie in via di estinzione agli impollinatori è nostro dovere difendere la vita che ci circonda ed evitare che la nostra specie resti intrappolata nella gabbia della crudeltà che insieme al sangue ha violentato le acque della spiaggia di Skalabotnur”.