domenica, Settembre 24, 2023

Smaltimento illecito di rifiuti, più di 8mila reati l’anno

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SONO 8.473 I REATI IN TEMA DI SMALTIMENTO ILLECITO DI RIFIUTI COMMESSI OGNI ANNO IN ITALIA. LO DICE IL RAPPORTO ECOMAFIA 2022 DI LEGAMBIENTE. L’ULTIMA OPERAZIONE A TARANTO, CONDOTTA DALLA GUARDIA COSTIERA, HA PORTATO AD UN MAXI SEQUESTRO E OTTO INDAGATI

Il maxi sequestro eseguito a Taranto nei giorni scorsi è l’occasione per tornare a parlare di ecoreati ed ecomafia. Perché proprio i reati contro l’ambiente, in Italia, sono un settore ancora fin troppo fiorente. Il dato emerge con chiarezza, ancora una volta, dal Rapporto Ecomafie 2022 di Legambiente.

Nel 2021 sono stati quasi 30mila gli ecoreati (in media circa 84 al giorno), tra i quali possiamo distinguere i più commessi:

  • 9.490 reati (31% del totale) nel ciclo illegale del cemento;
  • 8.473 reati per smaltimento illecito di rifiuti;
  • 6.215 reati contro la fauna;
  • 5.385 reati contro il patrimonio boschivo (+27,2%), tra incendi colposi, dolosi e generici che hanno danneggiato oltre 159.000 ettari.

Sono stati invece 59.268 gli illeciti amministrativi contestati. “Una media di 162 al giorno, 6,7 ogni ora” – sottolinea l’associazione ambientalista. “Sommati ai reati ambientali, raccontano di un Paese dove vengono accertate ogni ora circa 10 violazioni di norme poste a tutela dell’ambiente (…). Gli ecomafiosi nel 2021 hanno fatturato 8,8 miliardi di euro“.

Smaltimento illecito di rifiuti, maxi sequestro a Taranto

Il 25 maggio scorso l’ultima maxi operazione. Ad eseguirla, la Guardia Costiera di Taranto a seguito di una complessa attività di indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce.

Si ritiene di avere smantellato una articolata catena ecocriminale dedita all’illecito smaltimento di rifiuti pericolosi operante nell’intera Provincia di Taranto“, si legge in una nota.

La Guardia Costiera, per mesi, ha monitorato le attività legate ai lavori di rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e di quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto.

L’ipotesi di reato è traffico illecito di rifiuti, portato avanti da una articolata organizzazione composta da tre società. Otto gli indagati.

La gestione abusiva sarebbe avvenuta nelle tre fasi di produzione, trasporto e smaltimento dei rifiuti: oltre 16mila tonnellate di terre e rocce da scavo; molti privi delle analisi di caratterizzazione e in parte costituiti da fanghi di dragaggio illecitamente qualificati terre e rocce da scavo”; più altri materiali misti di demolizione.

Il tutto conferito in un impianto a suo tempo autorizzato al solo recupero in procedura semplificata. I rifiuti, inoltre, secondo quanto ricostruito dalla Guardia Costiera, sarebbero stati “smaltiti mediante tombamento. Così trasformando il sito di stoccaggio per il recupero in un sito di smaltimento; e quindi in una verosimile discarica abusiva di oltre 40mila metri quadrati. Ciò al fine di conseguire un ingiusto profitto“.

Sequestri preventivi per oltre un milione e licenze sospese

Agli otto indagati sono stati sospesi i titoli abilitativi all’esercizio delle attività e si è proceduto, inoltre, al sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto di reato.

Tra saldi attivi di conti correnti bancari e/o postali, o in forma di sequestro per equivalente, l’ammontare complessivo del sequestro è di oltre un milione e 200mila Euro.

Sequestrati anche:

  • cinque motrici e relativi rimorchi di proprietà della società incaricata del trasporto dei rifiuti dal sito di produzione al luogo di illecito smaltimento;
  • una cava dismessa destinata a discarica abusiva di circa quattro ettari di terreno e con capacità di oltre 300mila metri cubi, “in cui risultano illecitamente tombati in un lungo arco temporale migliaia di tonnellate di rifiuti indiscriminati“. Si tratta della cava di tufo in località Canonico, nel comune di Massafra, la cui “autorizzazione a ricevere rifiuti come discarica era scaduta sin dal 2008 e non era mai stata rinnovata“.

Traffico di rifiuti provenienti dal SIN

Il dato ambientale è devastante. Si legge in una nota, infatti, che oltre all’ingiusto profitto economico, si registra un notevole danno ambientale. I rifiuti tombati infatti provenivano dal Sin (sito di interesse nazionale).

In particolare l’analisi delle condotte illecite poste in essere dalle società coinvolte, nonché la disamina dei flussi economici, della relativa documentazione fiscale e dei F.I.R, ha consentito di ipotizzare un significativo profitto economico consistito nell’effettivo ingiusto guadagno ottenuto dal mancato recupero di ingenti quantità di rifiuti protrattosi per mesi e nel loro tombamento mediante realizzazione di una discarica abusiva (…); a cui si aggiunge l’evidente compromissione e deterioramento ambientale conseguenti a tali condotte, atteso che i rifiuti in parola provengono da un’area SIN (sito di interesse nazionale), presentanti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti tabellari di legge stabiliti dal Testo Unico Ambientale“.

Da parte delle ditte coinvolte – ha inoltre sottolineato la Guardia Costiera – ci sarebbe stata “una precisa volontà di reiterazione temporale della condotta criminale (…); ciascuna di esse assicurava un segmento necessario della condotta illecita funzionale alla distruzione dei rifiuti in spregio alla normativa vigente, adoperandosi alla consumazione continuativa e sistematica dei gravi illeciti realizzati, recanti ingenti danni ambientali sotto forma di inquinamento del territorio, in un’area geografica già fortemente penalizzata sotto tale profilo“.

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