sabato, Febbraio 15, 2025

Seychelles, al Botanical Garden di Victoria sono nate diciassette baby tartarughe giganti

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AL BOTANICAL GARDEN DI VICTORIA, CAPITALE DELLE SEYCHELLES, SONO NATE DICIASSETTE TARTARUGHE GIGANTI. È LA PRIMA VOLTA IN 122 ANNI DI STORIA DEL GARDEN. IL PARCO NATURA VIVA DI BUSSOLENGO, IN COLLABORAZIONE CON LA SEYCHELLES PARKS AND GARDENS AUTHORITY, HA APPLICATO DICIASSETTE MICROCHIP SUGLI ANIMALI, CONTRO IL TRAFFICO ILLEGALE

A luglio 2022, la Seychelles Parks and Gardens Authority e il Parco Natura Viva di Bussolengo, avevano rinnovato il loro accordo di collaborazione, partito già nel 2017. Obiettivo, proteggere le tartarughe giganti e gli ultimi esemplari di pipistrelli presenti nell’arcipelago. A rinnovare l’accordo di cooperazione internazionale con il Parco, il ministro dell’Agricoltura e dell’Ambiente delle Seychelles, Flavien Joubert.

Inoltre, la principessa Theodora von Liechtenstein, fondatrice di Green Teen Team, ha contribuito al progetto, per proteggere le testuggini. Consegnando 5mila microchip agli enti delle Seychelles. E adesso, in occasione della nascita delle diciassette baby tartarughe, i veterinari italiani sono volati in loco per curarle, proteggerle e ripristinare l’ecosistema.

Le tartarughe giganti

Per la prima volta, in 122 anni di storia del Botanical Garden, quest’anno sono nati diciassette esemplari di tartaruga gigante. Si tratta della Aldabrachelys gigantea. Da Aldabra atollo delle Seychelles, da cui rendono il nome.

Tra i più grandi al mondo, questi rettili possono vivere oltre cento anni e raggiungere quasi 200 kg di peso. Considerati “vulnerabili” di estinzione, la loro presenza sul territorio va protetta. Anche perché, grazie alle loro abitudini alimentari, favoriscono la biodiversità e la coevoluzione di nuovi habitat.

Il tortoise turf

Per coevoluzione di un habitat, si intende lo sviluppo e la diffusione di determinate specie animali e vegetali, grazie alla dipendenza reciproca. Per cui, le une senza le altre non potrebbero esistere. Proprio come nel caso del tortoise turf con le Aldabra.

Si tratta, cioè, di particolari varietà di erbe e piante nane, di cui i giganti di terra si nutrono. E, senza la loro presenza sul territorio, quasi certamente si estinguerebbero.

La connessione dei rettili con la vegetazione, invece, protegge la biodiversità e favorisce lo sviluppo dell’ecosistema. A tal proposito, il noto zoologo tedesco Uwe Fritz, ha approfondito il tema nel suo ultimo studio.

Lo studio di Uwe Fritz

Lo scienziato, con un team di ricerca internazionale, ha sequenziato il DNA di fossili di oltre 1200 anni, prelevati nell’Oceano Indiano occidentale. I risultati hanno svelato che, fino al Medioevo, esistevano tre tipi di tartarughe giganti, imparentate tra loro. Non solo ad Aldabra e Seychelles, quindi, ma anche in Madagascar. Purtroppo però, già all’epoca, la presenza dell’uomo ne provocò l’estinzione.

Come, infatti, afferma Fritz, «il nostro studio…. esamina l’impatto storico degli esseri umani sulla biodiversità. Spesso pensiamo che gli esseri umani abbiano iniziato a spazzare via le specie solo di recente. Ma in realtà, hanno sfruttato le risorse alimentari locali e cambiato il loro ambiente molto presto». (fonte – Technology Networks).

La loro quasi totale scomparsa ha, poi, provocato uno sconvolgimento dell’equilibrio naturale.

I grandi ungulati

Le tartarughe giganti, in origine numerosissime, assunsero il ruolo di grandi ungulati della terraferma. I quali si nutrivano di alcune specie arboree, ora scomparse o minacciate di estinzione.

Infatti, aggiunge Fritz, «i semi degli alberi potevano germogliare solo dopo che i loro gusci duri erano stati parzialmente digeriti dalle tartarughe. Dalla loro scomparsa, gli alberelli non sono più riusciti a germogliare. Ciò dimostra che la perdita di una specie può innescare un fatale effetto domino nell’ecosistema».

Il Parco Natura Viva

Ai giorni nostri, però, come accennato, il problema può essere ovviato tutelando le Aldabra nel loro habitat.  Tutela offerta da operatori e veterinari del Parco Natura Viva, grazie alle conoscenze e all’esperienza acquisite, tramite la gestione di undici esemplari nel Parco stesso. E al supporto delle Università di Bologna e Milano.

Ma la collaborazione con le Seychelles, già dal 2017, è stata determinante. All’epoca, infatti, i ricercatori giunti sul posto, avevano applicato dei nano microchip sui primi cuccioli, nati nella nursery dell’isola di Curieuse.

Realizzando l’importantissimo risultato di azzerare il traffico illegale degli animali. Recentemente, i veterinari hanno effettuato la loro sesta spedizione al Botanical Garden, per “microchippare” le diciassette nuove nate. Che in seguito verranno trasferite a Curieuse, per ripopolare tutti gli ecosistemi dell’arcipelago.

Il direttore zoologico di Parco Natura Viva

Camillo Sandri, direttore zoologico del Parco veneto, ha affrontato la nuova missione con la psicobiologa Caterina Spiezio.

«È per noi un onore e un privilegio mettere a disposizione strumentazioni e risultati di ricerca – afferma Sandri –. Conseguiti in molti anni di studio e gestione, realizzati proprio grazie alla collaborazione con gli enti alle Seychelles». E sottolineando l’importanza di questa nuova operazione per le tartarughe: «I nano-microchip che abbiamo inserito nelle baby testuggini giganti – continua -, vanno dai 6 agli 8 millimetri di lunghezza. Sono brevettati appositamente per piccoli animali e durano moltissimi anni. E Le accompagneranno quando saranno pronte per tornare in natura. Permettendo a noi di monitorarle. Siamo sempre più convinti dell’importanza della conservazione ex situ ed ex situ. Come sancito dalla Convenzione sulla Conservazione della Biodiversità. Instaurando collaborazioni internazionali nelle aree dove vivono le specie a rischio di estinzione».

La pesata di una delle diciassette baby tartarughe giganti

I rischi per le testuggini

Purtroppo, però, la lotta al traffico illegale dei rettili giganti, non basta a tutelarli. Perché, come osserva Sandri, «quest’anno eravamo lì, in quella che sarebbe dovuta essere una piena stagione delle piogge. E abbiamo dovuto fare i conti con gli effetti che può provocare il cambiamento del clima».

La forte siccità degli ultimi tempi, infatti, lascia temere per la schiusa delle uova. Che potrebbero non mantenere il giusto grado di umidità per restare vitali. Tra dicembre e febbraio, stagione delle piogge, solitamente le femmine scavano buche nella sabbia, abbastanza profonde da deporre le uova. Così che i piccoli possano beneficiare di abbondante acqua.

E trovare, così, un ambiente circostante adeguatamente ammorbidito, per poter salire agevolmente in superficie. «Ma la pioggia ha scarseggiato – conclude Sandri –  e questo è un pessimo segnale per una specie già vulnerabile. Che ha cicli di vita lunghissimi e che non sarebbe in grado di far fronte ad una crisi così seria della natalità».

Numero verde ONA

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