DA OGGI A GIUDIZIO I VERTICI MILITARI SUL DANNO AMBIENTALE CAUSATO IN SARDEGNA NELLE AREE DEI POLIGONI INTERFORZE
Questa mattina la Camera di Consiglio del tribunale di Cagliari, presieduta dal Giudice Giuseppe Pintori, ha deciso che i Capi di Stato Maggiore in servizio nel periodo dal 2009 al 2015, devono essere processati per «disastro innominato».
Sono i generali Giuseppe Valotto, Claudio Graziano, Danilo Errico, Domenico Rossi e Sandro Santroni, ritenuti responsabili di «disastro ambientale». (ANSA)
Dai documenti sequestrati nel Poligono militare di Capo Teulada risulta che «i vertici del primo Reggimento Corazzato fossero a conoscenza della presenza di contaminazione radioattiva all’interno del Poligono».
Già nel 2012, il PM e il GIP, avevano avvalorato gli esami del CISAM della Marina Militare, il quale aveva rilevato la “presenza di contaminazione radioattiva di alcune aree utilizzate in passato come zone arrivo colpi dei missili Milan”.
Secondo la Procura, solo nell’aera di tiro di Capo Teulada nel suddetto periodo sono stati esplosi 11.785 missili anticarro Milan.
Questi, simili a quelli che si stanno inviando in Ucraina per fronteggiare l’armata rossa, sono dotati di una testata tracciante al Torio. Una sostanza radioattiva ritenuta molto più pericolosa dello stesso Uranio Impoverito.
Decisivi per la disposizione della corte sarda il Rapporto della IV commissione Parlamentare d’inchiesta presieduta dall’on Giampiero Scanu, consegnato nel 2018 e le denunce del generale Roberto Vannacci e del colonnello Fabio Filomeni.
La bonifica dei poligoni militari in Sardegna non è possibile ovvero conveniente
Gli ufficiali italiani a capo del presidio Nato in terra sarda hanno goduto negli anni di una tale immunità per la quale un pezzo di Sardegna è stato sottratto al Paese e, come descritto negli stessi atti interni del poligono militare: «con accesso permanentemente interdetto a persone e mezzi a causa della presenza di residui bellici mai fatti oggetto di bonifica, anzi, di cui, stando alla stesso Regolamento del Poligono, non è possibile, ovvero conveniente la bonifica».
Tra i generali, scrive il Giudice per le Indagini Preliminari Alessandra Tedde, c’era «il diffuso convincimento, tramandato in capo ai soggetti succedutisi nei ruoli comportanti governo e direzione del poligono, e alfine acriticamente accolto, che l’assenza di ogni bonifica non fosse contraria a legge anzi, che fosse una logica conseguenza dell’anzidetto reiterato uso della penisola o ancora che quell’area appartenesse all’Amministrazione della Difesa».
La IV Commissione Scanu riferì, all’epoca, che ci sarebbero voluti 540 anni perché Capo Teulada tornasse incontaminato.
Nella sua relazione il GIP descrive quell’area come «da sempre fatta bersaglio di tutti i sistemi di arma impiegati per le esercitazioni a fuoco da parte del personale delle Forze Armate italiane e delle Forze straniere alleate, (zona di arrivo: dei colpi di mortai e artiglierie, di missili filoguidati, di tiri navali contro costa, di bombardamento e mitragliamento aereo, per sganci di emergenza per gli aerei)».
Osservatorio Militare a disposizione di Autorità Giudiziaria
Il Centro studi per la tutela del personale delle Forze armate, Polizia e civili, più noto come Osservatorio Militare, riferisce il dott. Domenico Leggiero, è a completa disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Ed è pronto a mettere a disposizione degli inquirenti una propria documentazione in grado di dimostrare come venivano gestiti i poligoni prima dell’intervento stesso delle quattro Commissioni d’inchiesta parlamentari.
«La documentazione in possesso dell’Osservatorio – afferma Leggiero – dimostra che non vi era un controllo mirato delle sostanze e dei componenti del munizionamento utilizzato, delle ricadute sui territori limitrofi, delle esplosioni di “fornelli” in cui veniva riposto ogni tipo di materiale che, fatto esplodere, liberava nell’aria nuvole di metalli pesanti in grado di rendere la zona di Capo Teulada una delle zone a più alto indice di patologie tumorali a dispetto della salubrità della Sardegna e della longevità dei Sardi lontani da quei territori».