IL PIÙ GRANDE TRICERATOPO MAI STATO SCOPERTO È IL PROTAGONISTA DI UNA NUOVA MOSTRA IN FLORIDA. A REALIZZARE LA RICOSTRUZIONE DELL’ESEMPLARE DI DINOSAURO È UN’AZIENDA DI TRIESTE
Il dinosauro Big John, vincitore del Guinness World Records come il più grande triceratopo catalogato, diventa il protagonista della nuova mostra del Glazer Children Museum di Tampa Bay, in Florida (USA). Debutterà nel maggio del 2023.
Tutto è stato reso possibile da Siddhartha Pagidipati. Il filantropo di origine indiana ha acquistato l’esemplare di dinosauro a un’importante asta di settore a Parigi, per più di 6 milioni e mezzo di euro. Ha poi deciso di collaborare con il museo per permettere che tutti possano beneficiare di questa importante testimonianza storica.
«Sin da quando ero bambino sono sempre stato affascinato dai dinosauri che hanno popolato la Terra – ha dichiarato Siddhartha Pagidipati -. È una grande gioia per la nostra famiglia annunciare questo progetto. Ora tutti avranno la possibilità di vedere Big John di persona e di sperimentare com’era il suo mondo nel Tardo Cretaceo, 66 milioni di anni fa».
Come sarà la mostra sul dinosauro Big John?
L’allestimento della mostra prevede una parte interattiva e didattica, messa a punto proprio per il triceratopo. Inoltre saranno presenti dei tunnel trasparenti grazie ai quali i bambini potranno avere una visione completa dell’imponente dinosauro.
«In ben dieci giorni di lavoro tre tecnici paleontologici, con attenzione e cura, hanno riportato “in vita” Big John. Lo hanno fatto diventare nuovamente una star, come quando lo avevamo ammirato qui a Trieste – racconta Giorgia Bacchia dell’azienda triestina Zoic, specializzata nella ricostruzione di resti fossili – . Pensare che tanti altri bambini e non solo potranno ammirare e amare il nostro Big John non può che renderci fieri del lavoro fatto».
Infatti non è la prima volta che si mostra il triceratopo in pubblico. Già nel luglio del 2021 si espose il dinosauro nella piazza Unità di Trieste, accendendo la fantasia di tanti ragazzi. Tre dei disegni realizzati dai bambini durante questa occasione saranno mostrati persino durante la mostra.
La storia del più grande triceratopo
“Big John” è anche il titolo del documentario in lavorazione di Dorino Minigutti e Davide Ludovisi, che racconterà la storia di questa incredibile scoperta. Infatti capita di raro di riuscire a riunire così tanti componenti di uno stesso dinosauro, soprattutto di queste dimensioni.
I suoi resti sono stati ritrovati in un ranch del Sud Dakota (USA) e successivamente si inviarono ai laboratori della Zoic di Trieste all’inizio del 2021, per ricomporre accuratamente il dinosauro. E proprio grazie al lavoro scrupoloso, che ha unito paleontologia, artigianato e innovazioni tecniche, come il ricorso alla stampa 3D, si è riusciti a ricostruire interamente il triceratopo.
Lo scheletro, composto da ossa originali per il 60%, è lungo 7,15 metri dal muso alla punta della coda, con i fianchi che si alzano di 2,7 metri da terra. Il suo cranio è più grande di circa 5-10% degli oltre quaratasette crani di Triceratops horridus descritti finora dalla comunità scientifica. Questo, composto da ben il 75% di ossa originali, è largo 2 metri e lungo 2,62.
Presenta anche le lunghe corna caratteristiche della specie, due frontali di più di un metro e larghe alla base oltre 30 centimetri, e una più piccola nasale. Ciascuna di esse è in grado di sopportare una pressione di 16 tonnellate.
I segreti svelati dal dinosauro Big John
A rendere ancora più straordinario questo “dinosauro triestino” è che sul cranio si riscontra la prova di una ferita inferta dal corno di un suo simile durante un combattimento. Studi approfonditi sull’esemplare, condotti dalle università di Bologna e di Chieti, hanno però potuto chiarire che questa non sia stata in realtà la causa della morte del dinosauro.
Infatti, il fossile mostra evidenze di una ricrescita ossea, che indicano come la ferita si fosse leggermente rimarginata, ma abbia poi molto probabilmente dato il via a una infezione mortale.
Questa scoperta ha così permesso di far avanzare ulteriori ipotesi su alcuni aspetti poco conosciuti dei triceratopi, nonostante questa sia fra le specie di dinosauri più rinvenute e più popolari nell’immaginario collettivo.
Il fatto che Big John abbia sviluppato un’infezione proprio sul “frill”, il largo collare osseo tipico di questa specie, fa pensare che la zona fosse molto vascolarizzata. Perciò, più che avere una funzione difensiva, come si era ipotizzato, sembra che la sua funzione sia essenzialmente estetica. Si pensa che gli esemplari maschi la usassero per attirare le femmine della loro specie.
«La collaborazione tra il pubblico e il privato può portare a grandissimi risultati nel campo della paleontologia – continua Giorgia Bacchia -. La scienza è protagonista e la nostra struttura vuole che questo diventi uno dei tanti punti di forza e di lustro della nostra bellissima città».
La vendita di reperti fossili, un florido mercato
Il mercato dei reperti fossili in cui opera Zoic è uno dei mercati che in questi anni sta godendo della maggior fortuna. Infatti quello di Big John non è un caso isolato. Sono molti i resti di dinosauri battuti all’asta per cifre altissime. Per esempio, si vendette, nel 2000, un dinosauro Allosaurus a 1.3 milioni di euro da Sotheby’s Londra. Si è stabilito un primato assoluto per il mercato europeo.
Invece il record per il prezzo più alto mai pagato per i fossili di dinosauro si raggiunse nell’ottobre 2020. Uno scheletro di Tyrannosaurus Rex, alto 12 metri, lungo 4 e dotato di 188 ossa, ha raggiunto il prezzo di 31,8 milioni di dollari alla famosa casa d’aste Christie’s di New York.
Dove si trovano la maggior parte dei resti fossili?
Ma come funziona la vendita di reperti dal valore storico così importante e rari da trovare? A questo domanda ha risposto, in un’intervista al business magazine Forbes, Flavio Bacchia. Il geologo ha trasformato in professione la sua passione per il collezionismo di fossili, fondando appunto la Zoic.
Ha spiegato come l’azienda abbia un rapporto consolidato con tante realtà proprietarie di territori in cui si effettuano degli scavi, soprattutto negli Stati Uniti: Utah, Wyoming, Montana e South Dakota. Nel continente europea è invece l’Ucraina uno dei Paesi più ricchi di giacimenti di resti di animali preistorici. Tuttavia la guerra ha rallentato le operazioni in questo territorio.
Per quanto riguarda l’Italia, però, il discorso è ben diverso. «Nel nostro Paese ci sono interessanti reperti, ma ogni fossile è proprietà dello Stato. Non possono dunque essere trattati commercialmente – chiarisce Flavio Bacchia -. La nostra azienda ha però lavorato per il ministero creando il sito paleontologico del Villaggio del Pescatore, a Trieste. Proprio in questo sito sono emersi scheletri di dinosauri, soprannominati Antonio, Bruno e Zdravko».