IL CLIMA ITALIANO PRESENTA UN PARADOSSO SEMPRE PIÙ EVIDENTE: DA UN LATO, LA SICCITÀ METTE A DURA PROVA LE RISERVE IDRICHE E LE COLTURE AGRICOLE, DALL’ALTRO, IL RISCHIO DI FORTI PIOGGE E ALLUVIONI È IN COSTANTE AUMENTO
Rischio alluvioni: una minaccia per il nostro Paese
Lo scorso marzo 2024, Milano ha sperimentato un’intensa precipitazione, concentrata in un breve lasso di tempo, che ha portato ad allagamenti in alcune zone e il rischio esondazione del fiume Seveso, che ha raggiunto la soglia critica di 1,88 metri. Anche il fiume Lambro, sempre in Lombardia, ha raggiunto livelli critici.
Tra le zone più colpite, il quartiere Niguarda e la zona nei pressi del naviglio della Martesana, in cui sfocia il Seveso.
E non è la prima volta che si verificano questi eventi.
Milano ha già subito allagamenti per ben centodiciotto volte in meno di mezzo secolo a causa delle piogge incessanti.
La vasca di contenimento al centro delle polemiche
Per evitare l’allagamento dei quartieri, è stata attivata la vasca di contenimento di Bresso, al Parco Nord, che ha funzionato efficacemente deviando 120mila metri cubi d’acqua.
L’assessore alla Sicurezza Marco Granelli, sottolineando che la misura non è sufficiente ad arginare nuove sfide meteo, aveva invitato Regione e Aipo – Agenzia Interregionale per il fiume Po, a completare un progetto approvato nel 2015.
Questo prevede ulteriori misure di prevenzione come vasche di contenimento aggiuntive. Il progetto tuttavia ha suscitato un mix di reazioni contrastanti.
Dopo anni di lavoro, lo scorso autunno, circa 120mila metri cubi di acqua, che altrimenti avrebbero potuto causare danni e disagi nelle abitazioni e nelle strade circostanti, sono stati deviati nel bacino. Tuttavia, gruppi di cittadini si sono opposti ai lavori. Come mai?
Secondo i detrattori, le acque e i fanghi trasportati dalle piene potrebbero contenere sostanze inquinanti e nocive per la salute.
Rischio esondazione: strategie e sfide
La situazione del fiume Seveso non è un caso isolato, ma riflette una sfida diffusa in tutta Italia. Centinaia di corsi d’acqua in varie regioni richiedono una gestione attenta e costante. Ogni volta che si verificano precipitazioni più abbondanti del normale, il pericolo di esondazioni si estende su molti centri urbani.
L’alluvione nelle Marche del 15 settembre 2022, ha causato la tragica morte di 13 persone, oltre a ingenti danni agli edifici.
Quella del 2 novembre 2023 che ha colpito Prato, in Toscana, ha portato alla fuoriuscita degli argini dei fiumi, con il Bisenzio e tutti i suoi affluenti che hanno esondato in più punti. L’alluvione, descritta come una delle peggiori dalla metà degli anni ’60 (176 mm a Vaiano e 140 mm a Prato in sole sei ore), ha provocato la morte di un anziano a Bagnolo di Montemurlo.
Come non citare poi l’alluvione dell’Emilia-Romagna, avvenuta a maggio del 2023, definita la catastrofe naturale più costosa nella storia d’Italia (10 miliardi di euro) e uno dei tre peggiori eventi mondiali dell’anno, secondo lo studio del gigante assicurativo Swiss Re.
Cosa è cambiato rispetto al passato e cosa si dovrebbe evitare
Paragonando gli ultimi eventi a precedenti alluvioni storiche, come quella dell’Arno a Firenze nel 1966, possiamo notare sia somiglianze sia differenze. Le catastrofi hanno causato danni significativi alle infrastrutture e hanno lasciato un segno profondo nella memoria collettiva.
Tuttavia, le recenti calamità hanno evidenziato anche l’importanza di considerare il cambiamento climatico e la necessità di adottare misure di prevenzione e adattamento per affrontare eventi meteorologici estremi futuri. Ovviamente, anche l’urbanistica e la cementificazione dovrebbero rientrare nel calcolo delle considerazioni.
L’espansione urbana riduce infatti la capacità del suolo di assorbire l’acqua, aumentando il flusso superficiale verso i canali. Nel caso ad esempio del bacino idrografico del Seveso, l’urbanizzazione è aumentata drasticamente dal 1950 al 2000, passando dal 17% al 51%, compromettendo la capacità del territorio di mitigare le esondazioni.
Quanto al cemento utilizzato per l’urbanizzazione e la costruzione di infrastrutture, ha un certo impatto sulla gestione idrica. A causa dell’impermeabilizzazione del terreno, l’acqua piovana non può infiltrarsi, ma scorre direttamente nei fiumi o nei torrenti aumentando il rischio di esondazione di questi. Tale effetto è particolarmente evidente nelle aree costruite, dove il suolo non può più agire come una “spugna” naturale, compromettendo il bilancio idrico del territorio.
Gestione delle esondazioni: la costruzione delle casse di espansione
Le casse di espansione rappresentano una delle principali strategie per mitigare il rischio di esondazioni. Queste strutture, simili a quella di Bresso, funzionano come bacini di contenimento dove le acque del fiume vengono convogliate quando il livello dell’acqua raggiunge un livello critico.
Esistono due tipi principali di casse di espansione: le casse in linea e le casse laterali.
Le casse in linea sono posizionate direttamente all’interno del fiume. Sono realizzate attraverso la costruzione di una paratia che attraversa il corso del fiume, rallentando così la velocità del flusso d’acqua. Questa paratia presenta delle aperture controllate, chiamate “luci”, che consentono all’acqua in eccesso di defluire in modo controllato verso il bacino di espansione. In questo modo, la piena viene alleggerita e il rischio di tracimazione diminuisce.
Le casse laterali, invece, sono bacini artificiali posizionati a fianco del fiume. In caso di piena, l’acqua defluisce automaticamente verso questi bacini anziché tracimare e causare danni. I bacini laterali agiscono insomma come serbatoi temporanei per l’acqua in eccesso, permettendo al fiume di mantenere un flusso regolare e prevenendo allagamenti nelle aree circostanti. Ma si tratta di una soluzione efficace al 100%?
Occhio al “tempo di ritorno”
A dire il vero, le casse di espansione non possono garantire una protezione completa contro le esondazioni. La dimensione di queste strutture è determinata dal “tempo di ritorno“, cioè l’intervallo di tempo tra due piene con la stessa entità. Più lungo è il tempo di ritorno considerato, maggiore sarà il livello della piena e più grande dovrà essere la struttura di contenimento. In secondo luogo, la realizzazione di casse di espansione di dimensioni sufficienti è spesso costosa e solleva questioni ambientali e logistiche.
Sistemi di previsione e riduzione della vulnerabilità
Oltre alle opere strutturali, è fondamentale adottare sistemi di previsione per valutare in anticipo il rischio di alluvione e informare i residenti interessati. Questi sistemi, basati su modelli matematici avanzati, consentono di monitorare il livello di allerta e informare tempestivamente la popolazione. Il Sistema SOL (Seveso, Olona e Lambro) ad esempio, sviluppato dal Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale del Politecnico di Milano, fornisce previsioni giornaliere delle precipitazioni e indica il livello di allarme sulla mappa, consentendo interventi tempestivi e riducendo i danni causati dalle esondazioni.
Utile precisare che i modelli matematici non generano una singola previsione per un dato bacino idrografico, ma ipotizzano diverse condizioni iniziali e sviluppano vari scenari di distribuzione delle precipitazioni. Se un alto numero di scenari prevede un’esondazione, aumenta la probabilità che l’evento si verifichi effettivamente.
Un’ulteriore misura di prevenzione consiste nel misurare con precisione la quantità di pioggia generata dai temporali estivi. Per riuscirci, è tuttavia necessaria una rete estremamente densa di pluviometri, una soluzione difficilmente realizzabile e gestibile. In questo contesto, i radar meteorologici giocano un ruolo importante.
Nonostante non siano una tecnologia nuova, grazie all’evoluzione delle tecniche di analisi e interpretazione dei dati, i radar meteorologici sono diventati sempre più precisi nel rilevare e monitorare l’andamento dei fenomeni atmosferici. Di recente, la Lombardia ha implementato tre nuovi radar, integrandoli nella Rete radar meteorologica nazionale, che conta complessivamente ventisei sistemi attivi.
Questo ampliamento contribuirà a migliorare la capacità di monitorare e prevedere i temporali, incluse le bombe d’acqua improvvise, fornendo informazioni utili per la gestione dei rischi di esondazione e la protezione delle comunità.
Le bombe d’acqua: un rischio aggiuntivo
Quanto alle “bomba d’acqua”, o “cloudburst”, occorre sottolineare che sono in aumento a causa dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale. A confermarlo, uno studio condotto da Coldiretti sui dati dell’European Severe Weather Database (Eswd).
Dall’analisi è emersa una forte correlazione tra l’aumento delle temperature globali e l’incremento delle precipitazioni atmosferiche. Il riscaldamento globale causa infatti un aumento dell’evaporazione degli oceani, portando a una maggiore quantità di pioggia in determinate regioni del mondo.
In questo contesto, l’Europa ha adottato il Green Deal, un piano per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere così l’obiettivo “impatto ambientale zero” entro il 2050. L’Italia vi ha aderito con il suo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030, impegnandosi a promuovere la decarbonizzazione dell’economia e a sostenere un’economia verde.
Tuttavia, nonostante questi sforzi, è evidente che sono necessarie misure più drastiche per affrontare i cambiamenti climatici e mitigare i loro effetti devastanti sulle città e sull’ambiente.
Fonte
“L’idraulica del clima” di Riccardo Oldani