mercoledì, Novembre 29, 2023

RFI condannata: responsabile delle mancate misure protettive all’amianto

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IL TRIBUNALE DI ROMA HA CONDANNATO RETE FERROVIARIA ITALIANA (RFI) A RISARCIRE LA FAMIGLIA DI UN EX DIPENDENTE DECEDUTO PER UNA PATOLOGIA ASBESTO-CORRELATA

La sezione Lavoro del Tribunale di Roma ha condannato RFI Rete Ferroviaria Italiana a pagare un risarcimento di danni non patrimoniali alla famiglia di un ex dipendente.

Francesco Maria Cairo è morto a causa di un tumore generato dalla prolungata esposizione all’amianto. Alla moglie Rita Vaghi e al figlio Roberto va un indennizzo di 238.814 euro, oltre alle prestazioni del Fondo Vittime Amianto.

“Ferrovie dello Stato, pur essendo nelle condizioni di poter apprezzare la nocività dell’amianto ampiamente impiegato nei rotabili ferroviari – recita la sentenza -, non solo hanno omesso di assicurare il corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale pur disponibili ma, altresì, hanno pure consentito lo svolgimento di attività a rischio amianto in ambienti comuni interessando quindi anche lavoratori destinati ad attività diverse…”.

Cairo aveva lavorato dal 1969 al 2001, come capo tecnico negli stabilimenti di Torino e Milano di Ferrovie dello Stato.  Per trentadue anni sul posto di lavoro è stato sempre esposto alle fibre di amianto. Nel 2019 i medici gli hanno diagnosticato la patologia che lo ha condotto alla morte nel giro di tre anni.

Inail aveva riconosciuto la “malattia professionale”

Nel frattempo, però, già l’Inail, gli aveva riconosciuto la “malattia professionale”. Pertanto, il caso di Cairo è stato più semplice di tanti altri in questa “strage silenziosa”, commenta l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

Infatti, il Tribunale capitolino, nelle motivazioni della sentenza ormai definitiva pronunciata il 5 maggio scorso, condanna Rfi perché “responsabile” delle mancate misure protettive per il lavoratore e del mancato controllo del loro effettivo utilizzo.

“Ferrovie dello Stato, pur essendo nelle condizioni di poter apprezzare la nocività dell’amianto ampiamente impiegato nei rotabili ferroviari – scrive la giudice Alfonsina Bellini Ferrovie dello Stato non solo ha omesso di assicurare il corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale pur disponibili ma ha pure consentito lo svolgimento di attività a rischio amianto in ambienti comuni interessando quindi anche lavoratori destinati ad attività diverse…”.

In merito alla sentenza, però, Rfi tiene a precisare in una nota che “la vicenda oggetto della sentenza risale a periodi ben precedenti al 2001, anno in cui nasce Rfi. E da quel momento Rfi, quale gestore dell’infrastruttura, non ha mai svolto attività di coibentazione con l’amianto o scoibentazione di rotabili”.

Uso abnorme di amianto nelle ferrovie

Quello delle ferrovie è il settore dove l’esposizione a un terribile cancerogeno come l’asbesto ha fatto registrare più casi di mesotelioma: 696 fino al 2018, secondo gli ultimi dati forniti dall’Inail.

«Quando arriva la giustizia, quasi sempre è tardi perché nessuno potrà restituire un padre – ha commentato l’avvocato Bonanni, legale della famiglia -. Purtroppo le Ferrovie dello Stato hanno utilizzato l’amianto in modo abnorme nonostante si conoscessero già le sue capacità lesive per la salute umana. Solo in seguito alle numerose condanne hanno avviato un tardivo processo di bonifica. Ora però occorre risarcire i danni alle vittime e ai loro familiari ed è necessario che liberi il territorio dalla fibra killer per evitare così altri decessi».

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